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L’impianto di smaltimento dei rifiuti diventa «green» e non brucia
Ideato da due tecnici italiani, si basa sul procedimento del cracking per via termomeccanica: scinde molecole complesse senza emissioni nocive nell’aria
Brevetto europeo
L’ingegner Pecci sta studiando da quindici anni il sistema, che è stato vagliato prima dall’università di Pisa e poi da quella di Bologna, e lo ha brevettato a livello europeo nell’ultima versione da pochi giorni. Un primo impianto pilota era stato realizzato dieci anni fa a Ferrara, cinque anni fa a Chiavenna è stato costruito un gruppo di taglia industriale. Poi era stato realizzato un prototipo, commissionato da un privato inglese. «Il cracking - spiega Pecci - permette di scindere le molecole complesse (polimeri) in idrocarburi attraverso la rottura dei legami molecolari delle catene dei polimeri, “liberando” gli atomi di carbonio presenti nei materiali di fabbricazione delle gomme e delle plastiche. In questo modo si riesce a ottenere la completa decomposizione di gomma e plastica senza alcuna emissione nell’atmosfera». I rifiuti che il cracking smaltisce sono gli pneumatici e gli scarti di gomma, le materie plastiche in genere, tra cui quelle derivate dai processi di distruzione delle automobili (in un anno la frazione plastica delle auto è di circa 2-3 milioni di tonnellate soltanto in Italia) ed elettrodomestici, computer e altre apparecchiature in tutte le loro parti tranne quelle metalliche.
Tanto attrito
Il cracking può smaltire senza danni per l’ambiente anche i rifiuti contaminati da idrocarburi, che sono classificati come pericolosi. Ma come funziona? La particolarità del sistema sta nel modo di operare la trasformazione: con l’energia meccanica (attrito), e non per termo-ossidazione (combustione). Tutto avviene a una temperatura più bassa che durante la combustione (inferiore ai 500 °C) in un ambiente totalmente privo di ossigeno. In queste condizioni non si ha la formazione di diossine né di prodotti ossidati o Co2 e tanto meno di particolato. I rifiuti da trattare sono macinati, nulla viene bruciato, All’uscita dal reattore del cracking, si ha un sistema di distillazione frazionata dal quale si ricavano gas Gpl, e idrocarburi liquidi. Unico prodotto solido è il carbone in polvere, che distillato in un successivo processo industriale dà come prodotto il nero fumo (“black”). Pecci, nel frattempo, ha trovato un altro compagno di viaggio, l’ingegner Gustavo Bruno Torlasco, che ha cominciato la carriera nella smaltimento rifiuti a Gorla Maggiore, in provincia di Varese, dove si trova una grande discarica. Due ingegneri poco esperti di managerialità che hanno deciso di unirsi a due imprenditori, Sandro Achilli e Alessandro Stragliati, con i quali hanno costituito la società Ecoproject Europe, di cui sono tutti soci al 25 per cento. «L’impianto – spiega Torlasco - lavora oltre 8.000 ore l’anno, salvo venti giorni all’anno per la manutenzione. Ma è anche conveniente economicamente? Secondo i progettisti, una linea dell’impianto è in grado di smaltire una tonnellata di rifiuti (a cui sono stati tolti vetro, ferro, alluminio che sono rivenduti e inerti) all’ora. Di questi, 300 kg sono trasformati in gas, utilizzato per generare l’energia elettrica che fa funzionare l’impianto e energia termica per altri usi civili e industriali, circa 450 kg sono trasformati in gasolio rivenduto indicativamente a 200 euro a tonnellata e gli altri 250 kg in carbone in polvere che viene sempre rivenduto per produrre nero fumo». La vita media dell’impianto è stimata in 15 anni e il pay-back di un impianto da 24.000 t/anno si ha in circa 4,5 anni, secondo i calcoli dell’ingegner Torlasco.
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