Paderno: l'aula esprime preoccupazione per Italcementi. "Si chiedono garanzie"
Nel corso del consiglio comunale di martedì, e per rispondere all’interrogazione presentata dalla minoranza di “Paderno Cambia”, il sindaco Renzo Rotta ha fatto il punto della situazione in merito alla richiesta di Italcementi alla Provincia di Bergamo di poter utilizzare un maggior quantitativo di rifiuti come combustile.
“Il progetto dell’azienda è stato redatto da un pool di esperti ed è molto approfondito – ha spiegato il Sindaco - quello che in particolare ha lasciato perplessi i sindaci che hanno partecipato alla conferenza dei servizi indetta dalla Provincia di Bergamo è stata però la mancanza di trasparenza da parte dell’azienda. A differenza di 10 anni fa, quando Italcementi iniziò a recuperare combustibile bruciando i primi rifiuti Cdr, in questa occasione i comuni vicini allo stabilimento non sono stati nemmeno informati”.
“I comuni di Paderno, Verderio, Imbersago e Robbiate sono riusciti a fare richiesta di partecipare alla conferenza dei servizi per lo studio di impatto ambientale nell’ultimo giorno disponibile, e in quella sede abbiamo individuato diversi punti sensibili da sottoporre a Italcementi: conoscere il tracciamento e la filiera dei Css che verranno bruciati, la possibilità che l’Arpa faccia controlli a sorpresa sia in fasi diurne che notturne e la richiesta di uno studio che tenga conto delle emissioni cumulative in base al livello già presente sul territorio”, ha continuato il Sindaco.
I Css sono rifiuti riciclati in modo non conforme e che diventano combustibili bruciabili nei cementifici a temperature superiori ai 1400 gradi. Il Ministero dell’Ambiente ritiene questa temperatura sufficiente per bruciare ogni residuo e a far cadere all’interno del clinker i composti organici (inclusa la diossina) per il cemento.
“Ci sono 125 tipologie di Css che rispondono al Codice Europeo sui Rifiuti – ha spiegato ancora Renzo Rotta - Italcementi ne vorrebbe bruciare 8, ma a nostro parere emergerebbe già qualche problema sui fanghi essiccati di tipo industriale in quanto possono contenere metalli pesanti e componenti non idonei alla bruciatura. Non vorremmo scoprire tra vent’anni che un prodotto è inquinante, per questo è fondamentale essere sicuri di tutti i passaggi nella filiera di provenienza dei rifiuti e che vengano controllati sia per quanto riguarda la loro qualità che la loro quantità in ogni momento del processo di combustione e di sostituzione del combustibile”.
“Come altri enti, abbiamo poi rilevato la mancanza di uno studio da parte di Italcementi sulle linee guida per la componente della salute pubblica e richiesto di coinvolgere l’Asl di Lecco per controlli sanitari e indagini epidemiologiche nel nostro territorio”.
“Italcementi – ha concluso il sindaco Rotta prima di fare uno strappo al regolamento del consiglio comunale offrendo l’opportunità, vista l’importanza del tema, di aprire un dibattito in aula – ha fatto richiesta di bruciare 110 mila tonnellate annue di Css per riuscire a stare sul mercato. I Css non solo costano meno rispetto all’utilizzo di coke petrolifero che andrebbero a ridurre sensibilmente, ma l’azienda riceverebbe anche dei finanziamenti pubblici per il loro smaltimento. Chiediamo che una parte del denaro risparmiato venga utilizzato per misure di sicurezza ambientale e per la tutela della salute pubblica: la messa in opera di un abbattitore di Ossido di Azoto (i cui valori sono già molto vicini alla soglia limite), il posizionamento di alcune centraline di monitoraggio dei valori atmosferici nella nostra zona e l’adesione al protocollo Emas che certifica gli strumenti utilizzati nei processi produttivi da parte dei privati”.
La parola è quindi passata al capogruppo di minoranza Matteo Crippa che ha fatto notare come Italcementi non abbia iniziato con il piede giusto non comunicando le loro intenzioni: “Anche se in modo legale Italcementi inquina, per cui deve fornire tutte le garanzie necessarie. Personalmente ritengo fondamentale uno studio sull’analisi del rischio, i dati che abbiamo sono quelli dell’impianto in funzionamento ma cosa accadrebbe se qualcosa dovesse andare storto o qualora il processo di produzione dovesse essere riavviato?” ha domandato il consigliere Crippa. “Lo stabilimento di Calusco d’Adda è stato progettato per fare cemento, ma se il business ora è quello di bruciare rifiuti e se diventerà preponderante saranno evidenziate le carenze dell’impianto”.
“Il Comune di Paderno viene da 10 anni di sedute burrascose con Italcementi in cui non abbiamo ottenuto nulla” ha aggiunto al dibattito l’assessore all’ambiente Valentino Casiraghi. “Non è facile partecipare al tavolo della discussione perché nessuno di noi ha le competenze per trattare i temi che Italcementi affida a professionisti e non è semplice trovare qualcuno che ci dia una mano dal punto di vista tecnico. In ogni caso non perderemo di vista nemmeno per un secondo il loro progetto industriale, a cominciare dall’impegno assunto dall’azienda nella realizzazione dello scalo ferroviario per il trasporto materiali che farebbe sparire circa 6600 camion all’anno dalla strada”.
L’assemblea si è poi conclusa con la richiesta del capogruppo di maggioranza, Gianpaolo Torchio, di riconoscere che l’amministrazione di Paderno si è mossa subito ed è riuscita ad allargare la partecipazione sulla questione.
“I comuni di Paderno, Verderio, Imbersago e Robbiate sono riusciti a fare richiesta di partecipare alla conferenza dei servizi per lo studio di impatto ambientale nell’ultimo giorno disponibile, e in quella sede abbiamo individuato diversi punti sensibili da sottoporre a Italcementi: conoscere il tracciamento e la filiera dei Css che verranno bruciati, la possibilità che l’Arpa faccia controlli a sorpresa sia in fasi diurne che notturne e la richiesta di uno studio che tenga conto delle emissioni cumulative in base al livello già presente sul territorio”, ha continuato il Sindaco.
“Ci sono 125 tipologie di Css che rispondono al Codice Europeo sui Rifiuti – ha spiegato ancora Renzo Rotta - Italcementi ne vorrebbe bruciare 8, ma a nostro parere emergerebbe già qualche problema sui fanghi essiccati di tipo industriale in quanto possono contenere metalli pesanti e componenti non idonei alla bruciatura. Non vorremmo scoprire tra vent’anni che un prodotto è inquinante, per questo è fondamentale essere sicuri di tutti i passaggi nella filiera di provenienza dei rifiuti e che vengano controllati sia per quanto riguarda la loro qualità che la loro quantità in ogni momento del processo di combustione e di sostituzione del combustibile”.
“Come altri enti, abbiamo poi rilevato la mancanza di uno studio da parte di Italcementi sulle linee guida per la componente della salute pubblica e richiesto di coinvolgere l’Asl di Lecco per controlli sanitari e indagini epidemiologiche nel nostro territorio”.
La parola è quindi passata al capogruppo di minoranza Matteo Crippa che ha fatto notare come Italcementi non abbia iniziato con il piede giusto non comunicando le loro intenzioni: “Anche se in modo legale Italcementi inquina, per cui deve fornire tutte le garanzie necessarie. Personalmente ritengo fondamentale uno studio sull’analisi del rischio, i dati che abbiamo sono quelli dell’impianto in funzionamento ma cosa accadrebbe se qualcosa dovesse andare storto o qualora il processo di produzione dovesse essere riavviato?” ha domandato il consigliere Crippa. “Lo stabilimento di Calusco d’Adda è stato progettato per fare cemento, ma se il business ora è quello di bruciare rifiuti e se diventerà preponderante saranno evidenziate le carenze dell’impianto”.
L’assemblea si è poi conclusa con la richiesta del capogruppo di maggioranza, Gianpaolo Torchio, di riconoscere che l’amministrazione di Paderno si è mossa subito ed è riuscita ad allargare la partecipazione sulla questione.
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