Giorni dalla firma tra Italcementi ed i Comuni

NON HANNO FIRMATO I SINDACI DI : Paderno d'Adda e Solza . HANNO FIRMATO : Calusco d'Adda, Cornate d'Adda, Imbersago, Medolago, Parco Adda Nord, Robbiate, Verderio Inferiore, Verderio Superiore, Villa d'Adda, Dopo più di 1.000 giorni dalla firma ,il 4 Maggio 2012 non si hanno notizie sulla ferrovia . Solo ombre su questo accordo fantasma , polvere , puzza, inquinamento . http://calusco.blogspot.it/2012/05/comunicato-stampa-tavolo-italcementi.html

Countdown alla ferrovia

il tempo e' finito del collegamento ferroviario nessuna notizia ,Piu' di 1.000 giorni TRE ANNI e nulla di fatto, meditate .

Sunday, June 21, 2015

Sono emerse infatti preoccupazioni sia per la crescita, di circa 10 volte, dal 2008 al 2013 con l'introduzione dei Cdr, delle emissioni di metalli pesanti dallo stabilimento di Calusco, sia per la sicurezza e il tracciamento dei rifiuti da parte delle società di certificazione.

Robbiate: l’ing. Carrara sul progetto Italcementi. ''Un’opportunità da giocare a favore del territorio''

Robbiate"Un'opportunità che potrebbe non ripetersi più per migliorare sensibilmente la qualità dell'aria che respiriamo". Così l'ingegner Roberto Carrara, tecnico incaricato dai comuni di Imbersago, Robbiate, Paderno d'Adda, Verderio, Cornate d'Adda, Merate e Solza per seguire dal punto di vista tecnico le loro istanze, ha definito il "braccio di ferro" che si sta svolgendo sul tavolo della Valutazione di Impatto Ambientale presso la Provincia di Bergamo tra i comuni e Italcementi, interessata com'è noto ad aumentare il quantitativo massimo di rifiuti bruciati nel proprio stabilimento di Calusco d'Adda per produrre energia.
La sua opinione è stata illustrata, giovedì sera, presso la sala consiliare di Robbiate, in una conferenza pubblica voluta dagli enti interessati per informare i cittadini sulla vicenda.
Dopo una breve presentazione da parte del sindaco Daniele Villa, l'ingegner Carrara ha spiegato al numeroso pubblico il progetto di Italcementi, soffermandosi dettagliatamente su ciò che le amministrazioni del territorio possono fare per esigere il miglioramento delle condizioni ambientali dell'impianto di Caluschese.
L'ing. Roberto Carrara

"I Css (combustibili solidi secondari) sono materiali non diversamente utilizzabili e che hanno un potere calorifero interessante. Con il loro utilizzo per produrre l'energia necessaria alla preparazione del cemento, Italcementi ne trarrebbe un vantaggio economico notevole; vantaggio che però deve anche tradursi in un vantaggio ambientale", ha spiegato l'esperto. "L'impianto di Calusco è tecnologicamente avanzato ma l'azienda, se vuole essere sostenibile, deve investire i potenziali guadagni per coprire ciò che ancora manca: un abbattitore di ossidi di azoto con sistema catalico come quello presente nello stabilimento di Rezzato".

Proprio i comuni di Rezzato e Mazzano, nel bresciano, si rivolsero all'ingegner Carrara per seguire la Valutazione di Impatto Ambientale riguardante l'ampliamento, richiesto da Italcementi nel 2005 e realizzato solo cinque anni più tardi, del locale stabilimento.

"Sarebbe deprecabile che due impianti della stessa azienda a meno di 50km di distanza avessero tecnologie differenti: tecnologie che permettono di dimezzare la media emissiva degli ossidi di azoto", ha aggiunto l'ingegnere. "Per quanto riguarda i metalli pesanti bisogna dire che con il suo progetto Italcementi andrebbe ad introdurre nel processo produttivo materiali diversi dal petcoke, l'ultimo scarto nella lavorazione del petrolio, che ora utilizza. Nel bruciare questo combustibile si creano metalli pesanti come vanadio e nichel, entrambi cancerogeni. Per cui la richiesta che presentiamo all'azienda è quella di usare combustibili di migliore qualità rispetto al Petcoke. La recente legislazione ci viene in aiuto perché ha elaborato una norma che ha lo scopo di definire la concentrazione massima di metalli che possono avere i Css, detti in questo caso Css combustibile, per essere usati liberamente nei cementifici; la normativa impone che ci sia un controllo di qualità che coinvolge il fornitore e il produttore, e se riuscissimo ad imporre a Italcementi l'utilizzo di Css combustibile avremmo la garanzia che non ci sarebbe un peggioramento delle emissioni".

"L'azienda ha fornito una lista molto lunga di Css che vorrebbe utilizzare - ha continuato Roberto Carrara - tocca a noi insistere affinché la Provincia di Bergamo decida solo per i Css combustibile. Questo materiale, trattato, costa di più e non ci sono molti produttori. Bisogna però farli sorgere, creare un circolo economico virtuoso sul territorio che consentirebbe anche di vincolare Italcementi a rifornirsi di prodotti di qualità certificata e a filiera corta. Ora, ad esempio, non sappiamo da dove venga il Cdr (combustibile derivato da rifiuti) che Italcementi smaltisce e utilizza".

"Per queste ragioni - ha concluso l'esperto - penso che il progetto di Italcementi, buono nel complesso, sia un'importante opportunità se gestita con attenzione dai comuni coinvolti al tavolo territoriale. Servirà però unità di intenti tra le amministrazioni e che si mettano in ordine le priorità, perché Italcementi avrà un budget di spesa per le compensazioni ambientali ed è fondamentale che sia a disposizione per la qualità dell'aria di tutto il territorio".

È stato il sindaco di Paderno Renzo Rotta, scelto come portavoce dei comuni coinvolti al tavolo territoriale, a rispondere a quest'ultima osservazione: "Vedo complicato riallacciare i rapporti con i comuni della sponda bergamasca ed in particolare con Calusco d'Adda. Questo perché hanno un serio problema sul piano territoriale dei rifiuti. Inoltre c'è la questione spinosa dello scalo ferroviario non realizzato dall'azienda dopo gli accordi del 2012 che, se portato a termine, chiuderebbe la porta ad altre eventuali compensazioni richieste esclusivamente dal Comune di Calusco".

Tanti, a questo punto della serata, gli interventi e le domande dal pubblico a cui l'ingegner Carrara ha cercato di dare risposta. Risposte per la verità non sempre condivise, specialmente dai membri delle associazioni ambientaliste presenti in sala.

Sono emerse infatti preoccupazioni sia per la crescita, di circa 10 volte, dal 2008 al 2013 con l'introduzione dei Cdr, delle emissioni di metalli pesanti dallo stabilimento di Calusco, sia per la sicurezza e il tracciamento dei rifiuti da parte delle società di certificazione. 

In particolare, il comitato "La Nostra Aria" di Solza ha sottolineato come si parli poco di un'indagine epidemiologica che faccia emergere i problemi sanitari di un territorio come quello dell'Adda sottoposto già ad un forte inquinamento: "La Lombardia brucia più della metà dei rifiuti prodotti in Italia, e oltretutto alcuni materiali sarebbero perfettamente riciclabili tramite compostaggio anaerobico", hanno spiegato.

Altri interventi hanno fatto invece notare come la salute non abbia costo, un aspetto particolarmente sentito anche per il fatto che l'Asl di Bergamo nei mesi scorsi sembra abbia rigettato in blocco la valutazione dei rischi ambientali presentata da Italcementi per l'omissione di uno studio sugli effetti sanitari. "Questo fa capire la filosofia dell'azienda!", è stato uno dei commenti tra il pubblico.

"La strada da seguire è quella di regolare il più possibile una materia che nella situazione attuale è ancora nebulosa. È più conveniente che rifiuti come i fanghi reflui siano smaltiti come Css anziché impiegati nei campi per l'agricoltura, così come sarebbe un bene che gli inceneritori pubblici lavorassero sempre meno", ha dato la sua opinione Roberto Carrara. "Il sistema dei controlli c'è e viene applicato perché l'azienda è monitorata periodicamente dall'Arpa. L'obiettivo deve essere una battaglia sulla sostenibilità ambientale perché su questo aspetto vi sia un miglioramento dell'impianto di Calusco e dell'aria che respiriamo".

Nelle prossime settimane Italcementi dovrebbe integrare il proprio progetto come richiesto dalla conferenza per la Valutazione di Impatto Ambientale, dando poi altri 90 giorni di tempo alla Provincia di Bergamo per pronunciarsi a riguardo.

Matteo Fratangeli

La spinosa e annosa questione dell’Italcementi di Calusco

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La spinosa e annosa questione 
dell’Italcementi di Calusco

Si è svolta giovedì 11 giugno, presso la sala consiliare del Comune di Paderno d’Adda, un’importante assemblea pubblica sulla questione Italcementi di Calusco. Il tema è assai spinoso e il comune di Paderno è da anni uno dei più attivi della bergamasca nel tentativo di sviluppare un discorso costruttivo con la grossa multinazionale del cemento. L’assemblea è stata promossa dal Movimento per la Decrescita Felice e ha visto la partecipazione di figure istituzionali come il sindaco Renzo Rotta, l’assessore all’ambiente Valentino Casiraghi e alcuni esperti in campo ingegneristico e medico, nonché – naturalmente – i membri del comitato.
Tanti anni di dibattito e pochi risultati. Dopo un preambolo del presidente del comitato Gianluca Redaelli, è l’assessore Casiraghi a prendere la parola. Viene fatto un sunto del percorso che il comune di Paderno ha tentato di portare avanti insieme agli altri enti coinvolti nella questione Italcementi. Dal 2008, quando la multinazionale del cemento ha richiesto di utilizzare CDR (combustibile derivato da rifiuti) nella combustione, i vari enti si sono trovati, coordinati da Agenda 21 dell’Isola, a discutere di buoni propositi e cercare di stilare dei documenti programmatici. Ma l’assessore afferma sconsolato che alla fine «si è giunti nel 2012 ad un accordo in cui Italcementi offriva 15mila euro ad ogni comune per la costruzione delle casette dell’acqua. Solo i comuni di Paderno d’Adda e Solza si sono rifiutati di firmare il documento». Insomma, tanti tavoli di lavoro ma pochissimi risultati per tutelare la salute dei cittadini. La beffa è doppia: il documento del 2012 prevedeva la rimessa in funzione dello scalo ferroviario presso il cementificio, ma ad oggi questo progetto è ancora tutto nelle ipotesi. Avrebbe quanto meno garantito una diminuzione del traffico dei camion nella zona.


Un incremento monstreNel 2013 il decreto Clini ha permesso ai cementifici di bruciare il CSS (combustibile solido secondario: plastiche, gomme, fanghi) classificandolo non più come rifiuti (CDR) ma di fatto come combustibile. Italcementi aveva già sostituito l’uso del pet coke (residui del petrolio) con quello del CDR per il 20 percento, ma nell’autunno 2014 si è aperta una prospettiva davvero preoccupante. Il cementificio di Calusco ha infatti richiesto di aumentare la combustione da 30mila tonnellate annue fino alla cifra enorme di 110mila. Per capire la portata di questi numeri, basti sapere che l’inceneritore di Valmadrera brucia tutti gli RSU (rifiuti solidi urbani) della provincia di Lecco, per un totale di 90mila tonnellate all’anno. Calusco brucerebbe ancora più rifiuti.
Gli enti si muovono. Il comune di Paderno, da sempre attentissimo alla questione, si è mosso immediatamente alla notizia. Dopo alcune risposte negative, ad esempio da parte del comune di Calusco che preferisce stare da solo, Paderno ha partecipato ad un incontro organizzato dalla presidenza della provincia di Bergamo, in cui sono intervenuti vari comuni e comitati. Si è quindi richiesto a Italcementi di stilare un documento integrativo che risponda ai diversi interrogativi degli enti, che poco dopo hanno incontrato anche le ASL di Lecco e Bergamo. La risposta è attesa entro la data del 9 luglio. Tra le richieste: la realizzazione del raccordo ferroviario, la spiegazione della filiera dei CSS, la limitazione delle emissioni di fumi, il miglioramento delle tecniche di abbattimento delle sostanze emesse. E ancora: attivare un documento della regione per la tutela della salute pubblica, aderire ad un protocollo EMAS.

[L'esplosione del 20 febbraio 2015]
ALBERTO MARIANI -ESPLOSIONE ITALCEMENTI DI CALUSCO D'ADDA

Fumi nocivi, ma quanto? Non bastano i dati sulle emissioni, che evidenziano un progressivo aumento di certi elementi nocivi, per richiedere una diminuzione dell’attività di Italcementi. La questione è complessa: il cementificio rientra infatti nei parametri di legge per quanto riguarda le polveri emesse in relazione ai metri cubi d’aria. Tuttavia, ci sono altri elementi che non sono stati adeguatamente soppesati. Un esempio su tutti, presentato giovedì sera: gli inceneritori non dovrebbero sorgere nei pressi di un centro abitato, ma Calusco è un comune assai popoloso. Da parte loro, si potrebbe sottolineare che questo inceneritore è di nuova tipologia e produce meno inquinanti rispetto ai vecchi modelli. L’affermazione non ha però delle controprove di fatto misurate sulla salute dei cittadini, dato che servono parecchi anni per valutare i danni clinici legati alla presenza di un inceneritore. Altri punti interrogativi riguardano i camini secondari (come vengono filtrati quei fumi?) e i transienti, quelle fasi in cui il cementificio non funziona a pieno regime e non raggiungendo certe temperature (oltre 1500°) non smaltisce come dovrebbe certe sostanze nocive come la diossina. Infine, non bisogna dimenticare che questo non è un inceneritore, cioè non produce cenere; i resti della combustione finiscono direttamente nel cemento che poi viene usato per costruire le nostre case. Si dice che ormai le sostanze siano inerti, ma alcuni studi mettono in dubbio tale affermazione.

[La giornata Porte Aperte, 6 giugno 2015]
Studi epidemiologici. È questa la parola chiave. Tra le varie richieste poste a Italcementi c’è anche uno studio di questo tipo, che viene svolto dall’ASL. Tale ricerca non guarda tanto a quali e quante sostanze vengono emesse da un camino, ma misura in modo puramente statistico alcune malattie e le conseguenti morti che si sono verificate nell’area intorno all’inceneritore. Si vanno a sondare i dati inerenti alle malattie respiratorie, agli infarti, agli ictus, agli aborti, alle malformazioni, ai problemi di tiroide, di diabete e ai tumori. Questi studi permettono di individuare l’aumento percentuale di queste malattie nelle aree a rischio rispetto alle statistiche medie. Si ottiene un rischio relativo che indica quindi quando possono far male, in termini effettivi, i fumi di un camino.
Scarsa coesione. Non si possono pronosticare gli esiti di questo delicato dibattito. Già ottenere uno studio epidemiologico è un primo passo importante. Solo così si potranno avanzare proposte più stringenti per diminuire le quantità di fumi emessi, per apportare migliorie al filtraggio delle polveri, e tanto altro. In tutto questo, la cosa che desta maggiore perplessità è la posizione di Calusco. Dopo aver accettato nel 2012 la famosa casetta dell’acqua, anche di fronte allo spaventoso aumento di CSS combusti la reazione è all’insegna di una strategia diversa da quella della provincia e degli altri enti (sarebbe bello capire bene quale sia). Questa differenziazione ha impedito lo sviluppo di una forte coesione tra i comuni interessati al problema. Pur essendo accomunati dalle finalità, i percorsi intrapresi sono differenti e distanti.

Sunday, June 14, 2015

Non fa la ferrovia quindi Italcementi come compensazione mettera i 2 miloni per il ponte?


Paderno, corsa contro il tempo per salvare la "tour Eiffel" sull'Adda

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