Giorni dalla firma tra Italcementi ed i Comuni

NON HANNO FIRMATO I SINDACI DI : Paderno d'Adda e Solza . HANNO FIRMATO : Calusco d'Adda, Cornate d'Adda, Imbersago, Medolago, Parco Adda Nord, Robbiate, Verderio Inferiore, Verderio Superiore, Villa d'Adda, Dopo più di 1.000 giorni dalla firma ,il 4 Maggio 2012 non si hanno notizie sulla ferrovia . Solo ombre su questo accordo fantasma , polvere , puzza, inquinamento . http://calusco.blogspot.it/2012/05/comunicato-stampa-tavolo-italcementi.html

Countdown alla ferrovia

il tempo e' finito del collegamento ferroviario nessuna notizia ,Piu' di 1.000 giorni TRE ANNI e nulla di fatto, meditate .

Monday, December 26, 2005

MAZZANO

MAZZANO
Potenziamento del cementificio: il silenzio del Comune



È in distribuzione, in questi giorni, ai cittadini di Mazzano, il primo notiziario della nuova Amministrazione comunale: considerato che il progetto di potenziamento del cementificio di Rezzato-Mazzano è l’argomento del giorno a Mazzano e nei Comuni limitrofi, logico aspettarsi alcune informazioni in proposito e, soprattutto, le intenzioni dell’Amministrazione comunale. Al contrario, l’opuscoletto del Comune tratta di varie tematiche, ma sull’ipotesi di ampliamento del cementificio non compare alcuna nota. Imbustato insieme allo stesso notiziario, ma non facente parte di quest’ultimo, troviamo un ciclostilato, a firma del solo sindaco, che in quattro pagine fitte fitte, non dice nulla di specifico circa le intenzioni del Comune (dopo sei mesi che il progetto è stato depositato e dopo un anno e mezzo che se ne parla). Si rimanda a una non meglio specificata volontà di continuare il confronto con l’Italcementi, ma non è chiaro su quali basi questo debba avvenire e una affermazione fatta dal primo cittadino suscita non poco sconcerto: «Noi non possiamo sfuggire alle nostre responsabilità. I Comuni limitrofi possono dire e scrivere di tutto, come pure il variegato mondo ambientalista, che io rispetto nella sua insostituibile funzione di coscienza critica del pianeta, ma la responsabilità politica della decisione è di questo Comune soprattutto, più ancora che di Rezzato». Di fronte a un tema di chiara valenza sovracomunale (considerate le dimensioni e gli impatti del cementificio, che l’azienda intende allargare e potenziare in maniera consistente), il sindaco di Mazzano chiude la porta a qualsiasi confronto con le altre realtà locali e rivendica alla sua sola Amministrazione la «responsabilità politica della decisione»: il mondo ambientalista e, soprattutto, gli altri Comuni, dicano quello che vogliono, ma Mazzano proseguirà per la propria strada, senza dire dove si voglia arrivare. Una simile presa di posizione risente, a mio parere, di una concezione miope della politica che, in un modo che sfiora l’arroganza, si chiude in una asfittica dimensione localistica che rifiuta di andare oltre i ristretti confini municipali e non vuole confrontarsi con gli altri Comuni, compreso quello di Rezzato, che divide con Mazzano il sito produttivo dell’Italcementi. A questo punto, è opportuno ricordare che Italcementi ha presentato due diverse opzioni progettuali: la prima prevede la realizzazione dei nuovi impianti all’interno dell’attuale sito industriale, mentre la seconda prevede che il nuovo e più potente impianto venga realizzato in un’area esterna, attualmente agricola e posta a sud del Naviglio. Nella prima ipotesi, il ruolo dei Comuni di Rezzato e Mazzano si inserisce all’interno di una procedura autorizzativa regionale e solo l’azione concorde e univoca delle due Amministrazioni comunali può dare maggior peso alle istanze locali e raggiungere risultati utili per contenere l’impatto ambientale. Nella seconda ipotesi, al contrario, è necessaria una variante urbanistica che è di competenza e di assoluta discrezionalità del solo Comune di Mazzano: affermare, come ha fatto il nostro Sindaco, che «la responsabilità politica della decisione è di questo Comune soprattutto, più ancora che di Rezzato», sembra evidenziare la disponibilità di Mazzano per l’ampliamento del sito industriale del cementificio, senza intendere alcuna ragione da parte del Comune confinante. Se le cose andranno in questa direzione, è facile immaginare che Italcementi compenserà Mazzano con alcune modeste concessioni e si ritroverà con un’area industriale nuova e molto più estesa dell’attuale. Alla luce del fatto che il cementificio è destinato a durare ancora per alcuni decenni, questa soluzione consentirà, in un prossimo futuro, di potenziare ancor più la produzione (grazie al maggiore spazio a disposizione), con le ricadute ambientali che possiamo immaginare. In conclusione, è preoccupante che l’Amministrazione comunale di Mazzano non dica quello che intende fare, che intenda affrontare il potenziamento del cementificio senza ascoltare le associazioni ambientali e gli altri comuni della zona e che tale posizione venga espressa dal solo sindaco, senza che il vice sindaco (con delega all’Ambiente ed esponente dei Democratici di Sinistra, che per la prima volta sono ad amministrare Mazzano), abbia espresso il suo orientamento. Se l’intenzione dell’Amministrazione comunale è quella di contenere gli impatti sull’ambiente, viste le dimensioni del cementificio, credo che le scelte di Mazzano dovrebbero essere concertate con gli altri Comuni della zona, a cominciare da quello di Rezzato. La storia insegna che l’unione fa la forza: che Mazzano intenda affrontare da solo la questione, senza dire cosa intende ottenere (o concedere) all’Italcementi suscita non poche perplessità.
UN CITTADINO DI MAZZANO

Saturday, December 24, 2005

Cava del Monte Giglio: accordo raggiunto

Cava del Monte Giglio: accordo raggiunto
tra Italcementi e tre Comuni dell'Isola

Dopo due anni e mezzo di trattative tra l’Italcementi e i Comuni di Calusco d’Adda, Carvico e Villa d’Adda è finalmente arrivato – con la soddisfazione di tutte le parti - l’accordo per l’escavazione e il recupero ambientale della cava di Monte Giglio nei prossimi 10 anni. Tanto tempo c’è voluto – sottolinea il sindaco di Calusco, Rinaldo Colleoni – per i complessi problemi connessi alla sfruttamento della cava.

Gli aspetti nuovi della convenzione si possono così riassumere nei seguenti punti: definizione del perimetro di escavazione, salvataggio delle creste delle colline situate a nord, interventi di recupero ambientale da attuare al termine di ogni quinquennio, fine dell’escavazione nei luoghi già recuperati sotto l’aspetto ambientale. Positivi i commenti anche da parte del Gruppo Italcementi, secondo il quale l’accordo ha una sua particolare importanza in quanto tiene conto del rispetto dell’ambiente e della presenza degli abitanti.

In sostanza, l’Italcementi aveva avanzato una serie di richieste: proseguire l’attività di cava al Monte Giglio per settanta anni, allargare il perimetro di escavazione con l’abbassamento di ben quindici metri dei crinali che davano su Villa d’Adda e Carvico, facendo sparire quel poco che rimaneva di collina, ed estrarre materiale per 25 milioni di metri cubi. Richieste che avevano suscitato non poca preoccupazione tra i sindaci e gli abitanti della zona. Tanto più che, in un primo momento, la Regione aveva avallato le richieste della cementeria, per poi fare marcia indietro.

Più nel dettaglio, la nuova convenzione avrà la durata di dieci anni (2005 – 2015) come il periodo di escavazione; la produzione sarà di 300 mila metri cubi l’anno per un totale di tre milioni nel prossimo decennio; il perimetro non potrà espandersi a nord-est, oltre i crinali salvaguardati di Carvico e di Villa d’Adda, mentre Calusco manterrà l’attuale fascia di salvaguardia e la collinetta artificiale verso Vanzone; l’escavazione di materiale avverrà solo in profondità portando la cava a quota 240 metri sul livello del mare.

L’altro aspetto fondamentale dell’accordo riguarda – come detto – il recupero ambientale che interesserà sia l’area esterna che interna della cava. Per questo aspetto, dovrebbe essere pronto entro sei mesi un progetto esecutivo in base al quale verranno allestiti sentieri, e sarà costruita una pista ciclopedonale, che dall’ingresso della cava di via Della Fontana in località Montello costeggerà via Martiri della Libertà per risalire lungo tutto il viale dei Pioppi. Sarà un percorso attrezzato con punti di sosta in un ambiente naturalistico di pubblica fruibilità. Inoltre, verranno realizzate due torri, quasi a sostituire quella abbattuta nel 1958, come punti panoramici sulla cava e sulla valle dell’Adda sottostante.

(23/12/2005)

Comitati ambientali e domande a Italcementi


Comitati ambientali e domande a Italcementi


Ho letto con interesse l’articolo sul Giornale del 18 dicembre scorso che dà conto dell’assemblea organizzata dal Coordinamento dei Comitati ambientali di zona e che si è svolta a Rezzato alla presenza di un folto pubblico. Ero tra i relatori dell’assemblea, insieme a don Fabio Corazzina, del Coordinamento nazionale di Pax Christi, il dr. Celestino Panizza, medico del lavoro bresciano e il dr. Mirco Osellame, chimico ambientale di chiara fama. L’Italcementi, pur presente con alcuni suoi rappresentanti, ha ritenuto di non dover (poter?) replicare alle precise contestazioni tecniche sollevate. Ora, l’articolo cita un documento dell’azienda, documento che nessuno ha mai visto e che vorrei poter conoscere integralmente, in cui testualmente si accusano i relatori di «demagogia, di aver dato informazioni senza alcun fondamento tecnico e scientifico». Addirittura si dice che «i cittadini non meritano di essere fuorviati in questo modo». Credo che i relatori meriterebbero delle scuse. Dispiace dover assistere a questo comportamento da parte di Italcementi: mi sembra mancanza di rispetto verso pareri tecnici indipendenti con conclusioni diverse da quelle sostenute dall’azienda. Dispiace soprattutto per i cittadini di Rezzato, di Mazzano e dei paesi limitrofi che da quarant’anni si trovano a dover convivere con una fabbrica inquinante situata a ridosso di due centri storici ed all’interno di un bacino di almeno 60.000 abitanti e che ora si mobilitano contro quello che noi ambientalisti definiremmo un eco-mostro. Signor direttore, i cittadini sono allarmati perché si progetta un camino alto circa 150 metri (!), così alto come non se ne sono mai visti da quelle parti, perché le malattie respiratorie, e non solo, già oggi sono molto più diffuse lì che altrove, leggono che Italcementi vuole costruire un forno speciale in grado di bruciare rifiuti di ogni genere, un inceneritore dunque, ascoltano che la loro montagna scomparirà al ritmo di 2.000.000 di metri cubi all’ anno (una fetta lunga 200 metri, larga 100 metri ed alta altrettanto…), sanno che le loro case, i loro campi perderanno inesorabilmente di valore, sentono dire tutto questo e vorrebbero sentirsi dire che tutto questo non è vero. Ma Italcementi non smentisce, non si confronta, sembra solo voler andare avanti con i propri progetti. Peccato. MONICA FRASSONI

Bruxelles



Tuesday, December 20, 2005

IL PARERE DI UN DIPENDENTE DELL’AZIENDA DI REZZATO-MAZZANO

IL PARERE DI UN DIPENDENTE DELL’AZIENDA DI REZZATO-MAZZANO
Italcementi: forno nuovo inquina meno di due vecchi



Sono un dipendente della ditta Italcementi di Rezzato-Mazzano da 25 anni. Vorrei esprimere il mio parere sulla protesta dei cittadini dei paesi vicini alla Cementeria, contrari alla costruzione di un forno di nuova concezione con contemporanea fermata di due forni in funzione da più di 40 anni. L’Italcementi, per quello che ho visto, è sempre stata un’azienda seria e rispettosa delle regole imposte dalle leggi in materia di inquinamento. Poiché per produrre cemento i forni devono bruciare combustibile solido o liquido continuativamente, è ovvio e inevitabile inquinare l’atmosfera, come d’altronde inquiniamo anche noi che usiamo l’automobile o le altre fabbriche. Sarà opportuno, quindi, adottare tutti i ritrovati tecnologici che consentano di inquinare il meno possibile. Logicamente un forno di nuova concezione consentirà di inquinare molto meno e avere una resa maggiore rispetto a 2 forni obsoleti di 40 anni fa, per lo stesso motivo per cui una automobile moderna consuma molto meno ed inquina molto meno rispetto ad una di 40 anni fa. Ciò non toglie che sia indispensabile una discussione ed un confronto approfondito tra l’Italcementi, i Comuni interessati, i comitati di cittadini, i sindacati (responsabili della tutela del posto di lavoro di circa 200 persone che lavorano in fabbrica, più i lavoratori dell’indotto) per trovare insieme il modo per inquinare sempre meno. Secondo me, potrebbero esserci soluzioni: 1) l’Italcementi, dopo aver ottenuto le autorizzazioni provinciali e regionali, decide la costruzione del forno; 2) l’Italcementi e le parti suddette trovano un accordo per attivare al meglio il progetto. 3) l’Italcementi non fa nessuna miglioria agli impianti e tutto rimane come è; 4) l’Italcementi chiude qui in Italia e investe all’estero (dove molto probabilmente inquinerà molto di più perché in molti Stati non ci sono leggi antinquinamento), come peraltro hanno fatto molti altri imprenditori italiani. L’unica soluzione percorribile per il bene di tutti, mi sembra che sia la seconda. Alla fine, l’inquinamento è un grosso problema per tutto il mondo. Perciò tutti noi dobbiamo dare il nostro anche piccolo contributo usando la bicicletta al posto dell’automobile se appena ci è possibile. Ma se non si vuole produrre cemento, con cosa costruiremo le nostre case? Però noi cittadini possiamo sollecitare non solo l’Italcementi ma anche le altre istituzioni e i Governi soprattutto ad adottare tecnologie ed impianti che riducano il più possibile l’inquinamento. LETTERA FIRMATA

Rezzato: nuovo no all’ampliamento dell’Italcementi

Rezzato: nuovo no all’ampliamento dell’Italcementi



L’AZIENDA: «DISPONIBILI AL CONFRONTO SU BASI TECNICHE, NON SULLA DEMAGOGIA»

REZZATO - La battaglia verbale tra il Coordinamento dei Comitati ambientali zonali (raggruppanti varie associazioni ambientaliste e no e che già hanno raccolto più di tremila firme) e l’Italcementi, si arricchisce di un nuovo capitolo. Ennesimo appuntamento, l’altra sera, per ribadire il no all’ampliamento richiesto dalla cementeria. Il tutto nel corso di una partecipata assemblea tenutasi nella sala civica rezzatese. Dopo i saluti del sindaco di Rezzato, Enrico Danesi, che ha sinteticamente confermato il parere delle due Amministrazioni sull’incompletezza delle informazioni presentate dall’azienda, è toccato a Raffaele Forgione, portavoce dell’Osservatorio ambientale mazzanese dire che non si vuole l’ampliamento (e dunque la produzione) della cementeria, né all’interno dell’attuale perimetro, né all’esterno. Si auspicano, invece, migliori tecnologie sull’esistente, la messa in sicurezza per cittadini e lavoratori, la riduzione del pesante carico veicolare e sollecitando un monitoraggio ambientale costante. È seguito il discorso di don Fabio Corazzina, del Coordinamento nazionale Pax Christi, improntato tra la filosofia (o, come ha detto, in favola trattando un articolo elogiante le scelte dell’azienda) e la realtà, il quale ha concluso dicendo che, tutelando la terra, si tutela l’uomo. Poi gli interventi si sono fatti tecnici. Il dott. Mirco Osellame, chimico ambientale ed esperto di impiantistica industriale, ha contestato i dati forniti dal progetto di valutazione dell’impatto ambientale della Regione e lo studio di impatto ambientale commissionato dall’azienda al Politecnico di Milano. Oltre cinquecento pagine con lacune ed omissioni. Contestate. Alcune: come è possibile pensare di incrementare la produzione giornaliera di cemento dell’ottanta per cento (da 2.300 a 4.000 tonnellate) e prevedere solo il 27 per cento di aumento del traffico veicolare; non si parla dello studio del suolo interessato dalla caduta delle polveri; quindi il problema dell’utilizzare rifiuti pericolosi come il «pet coke». «Non si vuole fare terrorismo - ha concluso Mirco Osellame -: tutti i cementifici utilizzano scarti per la produzione di energia, eliminarli comporta un guadagno, mentre i combustibili costano. Per cui sarebbe meglio che l’Italcementi migliorasse l’impianto attuale per recuperare credibilità». Il dott. Celestino Panizza, medico del lavoro, ha affermato che la situazione è estremamente critica e non si può tollerare un maggiore inquinamento. Già 150 volte la centralina rezzatese ha superato i limiti consentiti per cui bisogna battersi per un maggiore diritto alla salute e dunque no all’ampliamento. Oltre a ciò, ha elencato dati preoccupanti su un maggior numero di decessi, infarti, ictus ecc. Dal canto suo l’on. Monica Frassoni, presidente del gruppo Verdi al Parlamento europeo, ha ribadito che gli studi fatti dalle imprese in queste circostanze (e, dunque, non solo l’Italcementi) sono spesso lacunosi e non obiettivi. «È la solita tattica - ha affermato - si cerca di convincere tenendo all’oscuro la popolazione. Qui non ci sono vantaggi occupazionali, per cui questa mobilitazione deve essere utilizzata per migliorare l’attuale impianto. Sosterrò questa battaglia anche a livello europeo». L’Italcementi, presente con alcuni rappresentanti, ha invece fornito un documento nel quale si afferma: «Ci dispiace che gli esperti convocati dai comitati abbiano riportato diverse notizie e dato informazioni senza alcun fondamento tecnico e scientifico. I cittadini non meritano di essere fuorviati in questo modo. Abbiamo ripetuto più volte di essere disponibili al dialogo ma su elementi certi e non con un approccio demagogico. Ribadiamo il nostro invito sia ai Comitati sia ad altre espressioni del territorio ad un confronto sereno e senza preclusioni di sorta. Anche noi abbiamo a cuore la tutela dell’ambiente e la qualità della vita e il progetto presentato va proprio in questa direzione con una forte riduzione delle emissioni». Considerazione finale: da una parte si contesta, dall’altra si contesta il contestato. Dove sta la verità? Maurizio Casali

Monday, December 12, 2005

Forti esplosioni vicino a Londrain fiamme deposito di carburante

Paura nell'area di Hemel Hempstead, vicino all'aeroporto di Luton
Incendio di vaste proporzioni. Danni alle case e vetri in frantumi
Forti esplosioni vicino a Londra
in fiamme deposito di carburante
Il primo bilancio parla di trentasei feriti, di cui quattro gravi
Esclusa l'ipotesi dell'attentato: "Si è trattato di un incidente"

Forti esplosioni vicino a Londrain fiamme deposito di carburante

Il fumo si leva dal deposito

LONDRA - Tre forti esplosioni si sono verificate, questa mattina, in un deposito di carburante alle porte di Londra: secondo le autorità britanniche si è trattato di un incidente, anche se le cause non sono state ancora individuate. Quel che è certo, invece, è che le deflagrazioni hanno provocato - secondo un primo bilancio, fornito da fonti di polizia - trentasei feriti, di cui quattro gravi.

Le esplosioni sono state talmente forti da essere avvertite anche a sessanta chilometri di distanza dal deposito - localizzato vicino a Heml Hempstead, nell'Hertfordshire, 32 chilometri a nord di Londra e a 16 dall'aeroporto di Luton. La prima è avvenuta alle 6,03 ora locale, le 7,03 in Italia, al deposito Buncefield. Altre due, riferisconi testimoni, si sono verificate alle 6,26 e alle 6,27. Immediati i soccorsi, con una settantina di vigili del fuoco impegnati nelle operazioni di spegnimento delle fiamme: impresa non facile, visto che le esplosioni hanno coinvolto venti cisterne, ognuna delle quali contiene circa 1,5 milioni di litri di carburante.

L'area nei pressi del deposito è stata completamente evacuata, mentre i residenti nelle zone circostanti sono stati invitati a restare in casa, con finestre e porte sbarrate a causa del fumo. Alcune abitazioni sono state danneggiate: l'intensità delle esplosioni ha fatto crepare i muri e ha mandato in frantumi i vetri di porte e finestre.

Il deposito di Buncefield, che rifornisce gli aeroporti di Luton e Heathrow, è il principale terminale della distribuzione della regione, controllato dalla Total e parzialmente di proprietà della Texaco, utilizzato dalla Bp, da Shell e dalla British Pipeline. Jontahan Barr, che lavorava in un edificio adiacente al deposito, ha raccontato alla Bbc di come l'esplosione lo abbia "sbalzato a terra dalla sedia". L'uomo è stato medicato per alcune ferite e contusioni.

Quanto alle cause, le autorità sono certe che si sia trattato di un incidente. In un primo momento si era parlato di un aereo che si era schiantato sul deposito. Notizia che poi si è rivelata infondata.

(11 dicembre 2005)

Sunday, December 11, 2005

Rifondazione: «La Regione neghi l’autorizzazione»

Rifondazione: «La Regione neghi l’autorizzazione»
VICENDA ITALCEMENTI: IL CONSIGLIERE SQUASSINA HA SCRITTO ALLA GIUNTA REGIONALE



Il consigliere regionale Squassina



REZZATO - Rifondazione comunista ribadisce il suo no al progetto di ampliamento dell’Italcementi di Rezzato. Nei giorni scorsi il consigliere regionale Osvaldo Squassina ha presentato un’interrogazione alla Giunta regionale in cui chiede che essa sospenda «ogni parere positivo ed ogni autorizzazione all’ampliamento dell’impianto». La posizione di Rifondazione e il documento di Squassina, che è anche segretario provinciale del partito, sono stati presentati ieri durante una conferenza stampa. «L'Italcementi - ha detto Squassina - ha presentato istanza agli uffici della Regione per il pronunciamento di compatibilità ambientale al suo progetto di ampliamento. La valutazione relativa all'impatto ambientale prevede che il proponente del progetto descriva, con la massima chiarezza e precisione, tutti gli aspetti del piano al fine di costruire un giudizio serio rispetto all'impatto ambientale. L’Italcementi invece - ha sostenuto Rifondazione - ha predisposto, in alternativa fra loro, due tipi di ampliamento. La prima: ampliamento all'esterno dell'attuale area verso il Comune di Mazzano, che ricade su una zona agricola e tutelata da vincoli del piano regolatore, dal PTCP della Provincia, dalla legge regionale di Governo del territorio e da tutta una serie di disposizioni e restrizioni emanate dalla stessa Regione. La seconda: ampliamento all'interno dell'attuale struttura». Secondo Rifondazione comunista, le due soluzioni, per la loro dimensione, «hanno un impatto pesante e negativo sull'ambiente nel loro insieme». Nel piano aziendale è prevista una crescita della produzione che passa dalle attuali 2.300 tonnellate giorno alle previste 4.000. «I dati di settore però - ha insistito Squassina - indicano una crescita del fabbisogno attorno al 10%. Perché chiedere di raddoppiare in via teorica la produzione? Si vuole, forse, una volta istallati i nuovi impianti avere la possibilità di usare i forni del cementificio per incenerire i rifiuti?». L'ambiente nella zona «è già negativo e compromesso». Domani, venerdì 9, nella sala comunale del Municipio di Prevalle, si svolgerà un'assemblea in cui Rifondazione esporrà la sua posizione sul progetto.

L’azienda: «Disponibili al confronto»

L’azienda: «Disponibili al confronto»



REZZATO

All’incontro era presente una rappresentanza dell’Italcementi. Il dott. Francesco Gardi, responsabile ambientale per l’Italia, ha invitato al confronto tutti coloro che fossero interessati alle tematiche ambientali: Amministrazioni comunali, comitati civici, ecologisti, cittadini: «Non dobbiamo proseguire su binari diversi». Ha affermato che l’impianto è sempre monitorato ed emette inquinamento già inferiore a quanto previsto dalle nuove normative e che, con il nuovo progetto, si abbasserà di un ulteriore 22%. Non vi saranno più «scarti» in quanto il nuovo forno «digerirà tutto», perciò si registrerà un calo nella circolazione dei mezzi destinati allo smaltimento. Di contro aumenterà il flusso in entrata ed uscita dei camion, da 25mila a 27mila l’anno, i quali, però, utilizzano già la bretella posta a fianco dell’azienda (e da questa finanziata) per immettersi in Tangenziale. Ma è su quel «digerirà tutto» che si è riacceso un dibattito ormai in chiusura. Gigi Zubani, portavoce del Gasp, ha paventato la possibilità che in futuro l’Italcementi possa trasformarsi in un co-inceneritore (sempre producendo cemento). Una prima risposta è giunta da un rappresentante sindacale dell’azienda, il quale ha sostenuto che ciò non corrisponde al vero, promettendo di garantire la massima sorveglianza nell’impianto rezzato-mazzanese. Di contro, però, il responsabile ambientale dell’azienda non lo ha escluso: «A Rezzato già si utilizzano per scaldare i forni biomasse (farine e grassi animali, come ci era stato richiesto dai tempi di mucca pazza) e tale ipotesi non è da escludere. Domanda è già stata avanzata» ha concluso il dott. Gardi. (m. c.)

L’Italcementi: l’azienda vorrebbe aumentare la produzione

REZZATO Affollata assemblea pubblica promossa dalle forze politiche locali per discutere il progetto presentato dal gruppo
«No alla crescita dell’Italcementi»
Chiesto il rinnovo degli impianti per diminuire i disagi



L’Italcementi: l’azienda vorrebbe aumentare la produzione



Maurizio Casali

REZZATO



Una maggiore produzione di cemento bianco e grigio per poter avere ridotte le emissioni nocive in atmosfera, per migliorare la qualità dell’aria e per diminuire l’impatto acustico. È la situazione che si troverebbero di fronte le popolazioni di Rezzato e Mazzano qualora la Regione approvasse il progetto di ammodernamento presentato della cementeria Italcementi. Subito ci sono state le proteste dei comitati e degli ambientalisti della zona, le lamentele dai Comuni limitrofi, le prese di posizione delle due Amministrazioni comunali interessate. Le quali, una volta ricevute le due ipotesi di ammodernamento, con tanto di Valutazione di Impatto Ambientale regionale che l’azienda ha fatto redigere al Politecnico di Milano, hanno commissionato uno studio per verificare quali fossero i futuri scenari. Il risultato proposto (ed accolto dai due Consigli comunali) prevede inizialmente un miglioramento dell’esistente e di quanto obsoleto, poi la partecipazione degli enti locali ridiscutere l’intero progetto. Come dire che la situazione di partenza è già negativa. Nell’attesa che al Pirellone decidano, si raccolgono firme per dire no all’ammodernamento dell’azienda ma, soprattutto, se ne discute. Così anche martedì sera, a Rezzato, nell’assemblea pubblica indetta da maggioranza (Rezzato Democratica) e minoranza (Liberinsieme e Lega Nord). Circa duecento i presenti, con l’assessore all’Ecologia Marco Apostoli ad illustrare quanto l’Italcementi vorrebbe fare ed i rappresentanti delle forze politiche a dire la loro. Per Enza Lonati di Rezzato Democratica, «il nostro territorio non è una risorsa da consumare per ottenere il massimo profitto. Quello che vogliamo è essere protagonisti e padroni delle nostre scelte, evitando che in casa nostra tali scelte ci vengano calate dall’alto, tanto più che il territorio di Rezzato non consente oggi altri margini di sfruttamento». Per cui propone un ammodernamento senza incrementare la produzione e invita le Amministrazioni comunali a proseguire nella linea di ragionevole fermezza riguardo alla proposta dell’Italcementi, coinvolgendo pure i Comuni limitrofi; quindi chiede alla cementeria di ripensare all’ipotesi di ampliamento della produzione, mentre invita Regione, Provincia e Asl ad impegnarsi per costruire un percorso d’intesa con le Amministrazioni coinvolte, considerandole interlocutori primari e capaci di orientamenti significativi riguardo alla salute e alla qualità della vita dei cittadini. Giovanni Ventura, capogruppo della Lega Nord, si chiede se i cittadini sono consapevoli di cosa voglia dire convivere con l’Italcementi. Dà alcuni dati: «Con il carbon fossile utilizzato in un giorno dalla cementeria si potrebbero riscaldare le abitazioni del centro storico di Virle per un intero inverno e con l’olio combustibile si potrebbero alimentare 100 auto per un anno sulla tratta Rezzato-Brescia e ritorno». Numeri che fanno riflettere, così come quelli della centralina di Virle, quasi sempre sopra la soglia. «Ed allora – prosegue Ventura – perché perdere un’occasione storica quale la possibilità, con l’ammodernamento dell’impianto, di dimezzare le emissioni di ossidi di azoto e polveri mantenendo nel contempo inalterata l’attuale produzione di 2.400 tonnellate giornaliere, anziché le richieste 4.000? Se passa il raddoppio della produzione e l’ampliamento non perde la Lega, ma perdiamo tutti noi». Da Cesare Archetti di Liberinsieme è arrivato l’invito a creare una sinergia con altre Amministrazioni limitrofe, «anche perché la parola decisiva spetta alla Regione, non ai Comuni, noi possiamo solo fornire un parere. Dobbiamo ragionare in termini di obiettività, non di sensazioni. Per cui prima dobbiamo rivedere il piano, poi ci muoveremo per un successivo confronto». Sono seguiti altri interventi del pubblico, si è sentita la voce dei rappresentanti di vari comitati civici e di semplici cittadini. Lamentele personali si sono unite ad una proposta: perché il «caldo» emesso dall’azienda nel «raffreddare» il cemento prodotto non può essere utilizzato per riscaldare le abitazioni di Rezzato e Mazzano? Magari nel prossimo progetto, qualora venga adottato, la cosa potrebbe essere discussa da tutte le parti interessate.

Friday, December 09, 2005

Cemento, la burocrazia peggio di Kyoto - di Paolo Giovanelli -

LEGAMBIENTE@QUIPO.ITCemento, la burocrazia peggio di Kyoto - di Paolo Giovanelli -
Il rispetto del protocollo di Kyoto potrebbe costare all'Italia una riduzione del 13% della produzione di cemento, circa 5-6 milioni di tonnellate in meno all'anno. Il che potrebbe significare la chiusura di cinque impianti produttivi. E c'è di peggio: i cementieri hanno la possibilità di evitare le limitazioni di Kyoto utilizzando combustibili «verdi» che non devono rientrare nelle quote, ma ne sono impediti dalla burocrazia: le richieste di permesso di Italcementi si sono arenate negli uffici lombardi.
Così l'Aitec, l'Associazione dei produttori di categoria aderente alla Confindustria, ha deciso di ricorrere al Tar contro le quote di Co2, le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla produzione di cemento, concesse all'Italia dalla Commissione europea, chiedendone la sospensiva. E questo dopo aver presentato a settembre un ricorso alla Corte di giustizia Ue contro un provvedimento «discriminante per l'Italia» ha affermato il presidente dell'Aitec, Giacomo Marazzi.
L'Aitec ha contestato anche il calcolo delle emissioni dell'industria del cemento nel 2000,
in base al quale è stato stimato il «fabbisogno» di Co2 per il triennio 2005-2007, per di più con una previsione di crescita di produzione inferiore a quella che si è poi realizzata. L'industria del cemento emette grandi quantità di Co2: per produrre i 100 milioni di tonnellate di «clinker» (un intermedio da cui si ricava il cemento) previste per il triennio, si emettono 89 milioni di tonnellate di Co2. Ma al settore ne sono state assegnate solo 77,5. Quelle mancanti significherebbero il blocco della produzione per evitare emissioni eccedenti.
Né, afferma Marazzi, è possibile pensare all'«acquisto» di quote, previsto da Kyoto, perché farebbe lievitare troppo il prezzo di un prodotto povero come il cemento: lo stesso Marazzi ha calcolato in 130 lire al chilo (10 centesimi sono oltre 190 lire) il prezzo del cemento.
In questo quadro la soluzione ci sarebbe, e andrebbe a favore di tutti: utilizzare come combustibile i rifiuti, che sono considerati combustibile «verde» e che non rientrano quindi nel protocollo di Kyoto. «Se io brucio un pezzo di legno nel mio camino non ho problemi - ha detto al Giornale Fabrizio Donegà,
vicedirettore generale di Italcementi - ma se lo utilizzo nei miei impianti devo chiedere il permesso. È dal gennaio 2004 che abbiamo chiesto di utilizzare rifiuti trattati, assolutamente sicuri, nel nostro stabilimento più moderno, quello di Calusco (in provincia di Bergamo, ndr), ma stiamo ancora aspettando i permessi di Comune, Provincia e Regione». Così in Italia viene utilizzato solo il 16% di rifiuti come combustibile, in Francia il 40%, in Germania il 100 per cento.

Friday, December 02, 2005

RICORSO TAR CONTRO VINCOLI TRATTATO KYOTO

EDILIZIA/ CEMENTIERI: RICORSO TAR CONTRO VINCOLI TRATTATO KYOTO
Produttori italiani cemento contro quote CO2 imposte da governo

30-11-2005 16:25
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Milano, 30 nov. (Apcom) - L'industria italiana del cemento contesta le quote di emissione di anidride carbonica per le imprese italiane contenute nel piano nazionale che il ministero dell'Ambiente ha elaborato in attuazione della direttiva sull'adesione dell'Ue al protocollo di Kyoto e prepara un ricorso al Tar. "Dopo il ricorso di settembre alla Corte di giustizia europea, abbiamo deciso di impugnare dinnanzi al Tar un provvedimento che avrà gravi ripercussioni sul nostro settore e su tutto il comparto delle costruzioni" spiega Giacomo Marazzi, amministratore delegato di Cementi Rossi e presidente di Aitec, l'associazione dei produttori di cemento legata a Confindustria.

"Non contestiamo Kyoto, un nostro contributo nella riduzione delle emissioni è fuori discussione, ma le quote assegnate al settore sono addirittura inferiori ai fabbisogni dell'anno 2000, quando la produzione di cemento era di circa il 15% più bassa rispetto a oggi. Colpa di un errore di calcolo che le autorità continuano a compiere. Inoltre si è assistito a una palese discriminazione dell'industria cementiera nei confronti di altri settori industriali e dei principali competitor europei. Le aziende cementiere stanno seriamente valutando anche di chiedere al governo il risarcimento dei danni subiti" dichiara Marazzi.

I cementieri denunciano il rischio che le imprese puntino alla delocalizzazione. "Per anni l'Italia è stata esportatrice di cemento, ma ora la nostra produzione, una volta esaurite le quote di emissione che ci sono state assegnate, non sarebbe più competitiva rispetto a quella di aree coma la Turchia, la Croazia o i Paesi del Nord Africa" ha aggiunto Fabrizio Donegà, vicedirettore generale di Italcementi. Alle aziende rimarrebbe la possibilità di acquistare ulteriori quote sul nascente mercato delle emissione, ma per i cementieri "il limitato valore unitario del prodotto" lo impedirebbe rendendo più ragionevole lo stop alla produzione.

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