MEMORIA SUL CEMENTIFICIO INCENERITORE DI Calusco d'Adda la Pianura Padana resta la zona peggiore d'Europa insieme all'area più industrializzata della Polonia (classifica cui gli inceneritori forniscono un contributo determinante).
Giorni dalla firma tra Italcementi ed i Comuni
NON HANNO FIRMATO I SINDACI DI :
Paderno d'Adda e Solza
.
HANNO FIRMATO :
Calusco d'Adda,
Cornate d'Adda,
Imbersago,
Medolago,
Parco Adda Nord,
Robbiate,
Verderio Inferiore,
Verderio Superiore,
Villa d'Adda,
Dopo più di 1.000 giorni dalla firma ,il 4 Maggio 2012 non si hanno notizie sulla ferrovia .
Solo ombre su questo accordo fantasma , polvere , puzza, inquinamento .
http://calusco.blogspot.it/2012/05/comunicato-stampa-tavolo-italcementi.html
Countdown alla ferrovia
il tempo e' finito del collegamento ferroviario nessuna notizia ,Piu' di 1.000 giorni TRE ANNI e nulla di fatto, meditate .
Monday, August 31, 2015
OGGETTO: VIA 17BG – Italcementi - Osservazioni in merito alle integrazioni rese dall’azienda Italcementi alla Provincia di Bergamo in data 09-07-2015.
Alla cortese attenzione di:
ASL Bergamo
ASL Lecco
ARPA Bergamo
ARPA Lecco
ARPA Lombardia
Provincia di Bergamo
Regione Lombardia
Sindaci dei comuni dell’Isola bergamasca
Sindaci dei comuni della sponda Adda
lecchese
Sindaci dei comuni della sponda Adda
Monza Brianza
OGGETTO: VIA 17BG – Italcementi - Osservazioni in merito alle integrazioni rese dall’azienda Italcementi alla Provincia di Bergamo in data 09-07-2015.
Egregi Signori,
abbiamo avuto modo di fare una prima valutazione delle integrazioni fornite da Italcementi in merito alla V.I.A. depositata in
Provincia di Bergamo il 15-10-2014, elaborate dall’azienda a seguito delle successive richieste di Enti, Comuni, Comitati e gruppi
di cittadini.
Ci permettiamo di rilevare, in premessa, che dette integrazioni sembrano non tenere conto di quanto richiesto ad Italcementi
dalle stesse ASL di BG e LC (informazione da noi appresa durante l’incontro con le ASL di BG e LC del 17 giugno u.s.),
relativamente alla necessità di supportare il documento integrativo con una indagine epidemiologica.
La scelta sino ad ora agita da Italcementi di non considerare l’indagine epidemiologica (e ciò a prescindere dal metodo utilizzato
per svolgere tale indagine: protocollo Crosignani, come abbiamo più volte suggerito, o altro con identica efficacia) espone, a
nostro avviso, il documento Integrativo redatto a grave insufficienza documentale e conseguente carenza di oggettività
scientifica. Riteniamo che l’indagine epidemiologica sia l’unica capace di palesare gli effetti dell’impatto cumulativo degli
inquinanti sul territorio dell’Isola Bergamasca e delle zone confinanti appartenenti alla Provincia di Lecco e a quella di Monza e
Brianza.
Sottolineiamo infatti che nelle integrazioni fornite da Italcementi non viene data una adeguata risposta alle osservazioni
avanzate, sia dai comitati che dai comuni, in merito a “ gli impatti cumulativi delle emissioni”.
Il territorio su cui insiste lo stabilimento Italcementi di Calusco d’Adda è già sottoposto a un forte stress ambientale, grazie alla
presenza, nel raggio di poche decine di chilometri di altri 4 impianti di incenerimento rifiuti, al traffico veicolare e al tessuto
industriale. Ciò che noi, come cittadini, desideriamo verificare è quale sia l’attuale stato di salute della popolazione residente,
in modo da valutare, sulla base di una semplice evidenza logica, se il territorio può o non può subire uno stress aggiuntivo.
Le più recenti esperienze ci lasciano presupporre che le condizioni di salute della popolazione locale, esposta già da anni alle
emissioni dell'impianto e alle altre pressioni esistenti nel territorio, non sia delle migliori (vedere il recentissimo studio
epidemiologico condotto da ARPA Vercelli: http://www.arpa.piemonte.it/news/concluso-lo-studio-epidemiologico-arpa-
sullinceneritore-di-vercelli - e sappiamo benissimo che un cementificio ha limiti emissivi dalle 3 alle 7 volte più alti rispetto a un
inceneritore, quindi l’inquinamento consentito è superiore).
Aria Pulita Centro
Adda
L’indagine epidemiologica è l'unica che, integrando l’approccio tossicologico, realisticamente evidenzia lo stato di inquinamento.
Premesso questo, riportiamo qui a seguire alcune osservazioni sul documento con le integrazioni dell’azienda redatto da Golder
Associated (GA):
1. Incremento delle emissioni di metalli pesanti e valutazione delle polveri.
Benché le previsioni elaborate nelle integrazioni intendano fornire un quadro rassicurante e al di sotto dei limiti di
legge, non si può non ritenere preoccupante il dato reale delle emissioni registrate nel corso della fase di
sperimentazione condotta tra il 2008 e il 2013 con una prima parziale sostituzione del combustibile con i CSS. Nel
volume 2 dello Studio d'Impatto Ambientale (pag.70 tab.8) sono evidenti gli incrementi significativi (da 2,6 a 18,2
microgrammi/metrocubo Normale) dei metalli pesanti, alcuni di essi sono inquinanti cancerogeni la cui pericolosità
biologica non è data in funzione della concentrazione ma della probabilità che quindi si attiva anche per concentrazioni
molto basse. Per questa ragione questi inquinanti sono e restano particolarmente pericolosi a prescindere dai limiti di
legge che rappresentano una “accettazione” del rischio. Dato che una valutazione d'impatto ambientale non consiste in
una mera verifica del rispetto dei limiti ma in una valutazione della capacità di carico (Dlgs 152/2006) di un determinato
territorio e della relativa popolazione, si chiede di non sottovalutare l'impatto di un incremento significativo di sostanze
cancerogene.
Inoltre si nota come siano differenti per queste sostanze, gli esiti delle sperimentazioni condotte dal Politecnico di
Milano rispetto al dato reale registrato a Calusco d'Adda per cui, l'eterogeneità intrinseca dei CSS può dare per gli stessi
CER, esiti di emissioni diverse. Questo aspetto pone dei dubbi sull'attendibilità delle previsioni. Il dato certo resta quindi
la misura delle emissioni quando ormai gli inquinanti sono già in circolo.
2. Ricadute al suolo degli inquinanti.
Il limite di riferimento indicato nelle integrazioni di Italcementi come valore massimo di concentrazione di determinati
inquinanti nel terreno è la Colonna A della tabella relativa ai limiti per le contaminazioni dei suoli nelle aree ad uso
residenziale presente nel D.Lgs 152/2006. Facciamo presente che l'area di ricaduta delle emissioni interessa non solo
aree residenziali ma anche agricole, foraggere per cui i limiti sono a maggior ragione più restrittivi (D.Lgs 99/1992 All.1)
per quanto riguarda il contenuto di alcuni metalli nel suolo. Inoltre, la stessa normativa richiede di valutare la capacità
ossido/riducente del suolo prima di incrementare il contenuto di CrVI in modo che sia verificata la sua conversione in
CrIII non tossico.
Il limite scelto da Italcementi non è adeguato per il fatto che il contesto a cui viene applicato non riguarda un'area da
bonificare ma un'area nella quale vanno conservate le attuali funzioni naturali del suolo. Quindi il suolo non è un
comparto che può essere inquinato fino al limite delle bonifiche ma è il comparto che sostiene la vegetazione (siamo
nei pressi di un parco regionale) e l'agricoltura foraggera in particolare. Le sostanze emesse possono comportare nel
lungo periodo una trasformazione della chimica del suolo del territorio perché sono sostanze acidificanti che
intervengono su suoli di matrice calcarea, variandone il pH e modificando la disponibilità dei nutrienti alle radici con
l'aumento di sostanze tossiche per le stesse piante. L'impatto riguarda quindi una funzione fondamentale del suolo e
avrà effetti sulla componente vegetazionale e della microfauna con una riduzione della biodiversità a vantaggio delle
specie più resistenti e una maggiore circolazione di elementi tossici bioaccumulabili nella catena alimentare.
3. L’analisi dell’impatto sulla salute.
Nello svolgimento della Valutazione di Impatto sulla Salute (cap. 2.2 e Appendice B) si evidenzia come esso sia stato
condotto “considerando quanto riportato nei documenti “Linee Guida per la componente salute pubblica degli studi di
impatto ambientale” (Regione Lombardia Milano, dicembre 2013), “Proposta di Linee Guida per la Valutazione di
Impatto Sanitario (VIS)” (ARPA Piemonte, dicembre 2011) e “Linee Guida per la valutazione del rischio sanitario
determinato da fonti di inquinamento ambientale” (ARPA Veneto, giugno 2001)”.
Rileviamo che Italcementi non considera, tra le sue fonti, le più recenti “Linee Guida per la Valutazione Integrata di
Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) nelle procedure di autorizzazione ambientale (VAS, VIA, AIA)” elaborate dal
gruppo di lavoro Inter-Agenziale ISPRA/ARPA “Ambiente e Salute” e approvate in via definitiva dal Consiglio Federale il
22 aprile 2015. Tale documento, non a caso, rappresenta il più recente ed aggiornato riferimento sui temi in oggetto.
Al cap. 4.2 delle suddette, infatti, viene esplicitato che “All’interno di uno Studio di Impatto Ambientale, il capitolo
“Salute Pubblica”, relativo alla caratterizzazione dello stato di qualità dell’ambiente in relazione al benessere ed alla
salute della popolazione esposta, deve contenere fondamentalmente le seguenti sezioni:
1)la caratterizzazione ambientale;
2)la caratterizzazione socio-demografica e sanitaria della popolazione coinvolta;
3)la valutazione degli eventuali impatti”.
Nello specifico il punto 2) “deve riportare la caratterizzazione dello stato di salute al baseline della popolazione
presente nell’area che sarà dunque quella interessata dalla realizzazione dell’opera in progetto. L’obiettivo è quello di
stimare e valutare gli effetti delle eventuali ricadute dell’opera prima che essa sia realizzata. Tale sezione deve
fondamentalmente comprendere le seguenti informazioni: caratteristiche demografiche della popolazione coinvolta
(quantificazione e struttura per età e genere della popolazione residente; situazione occupazionale dei residenti nel/nei
Aria Pulita Centro
Adda
comune/i dell'area), caratteristiche dello stato di salute della popolazione coinvolta (morbosità e mortalità per causa,
incidenza tumorale)…”
Se confrontiamo il livello di dettaglio richiesto dalla Linee Guida con quanto descritto nel documento integrativo di
Italcementi, emerge che l'elaborazione prodotta è parziale e lontana dal rappresentare la realtà del contesto al quale
viene applicata. Sembra molto riduttivo, ad esempio, basare il tempo di esposizione a sole 8 ore quando le emissioni
sono attive sulle 24 ore e non può essere esclusa una quota significativa di residenti che vivono, lavorano, studiano
nella stessa area di ricaduta per ben più di 8 ore/giorno. Il dato sembra più riferibile ad un'esposizione in ambiente di
lavoro, ma non è questo il caso da simulare. Inoltre, per i soggetti più sensibili come i bambini, i risultati, a nostro
avviso, andrebbero rivisti secondo premesse più attinenti alla realtà. Come tasso di inalazione è stato preso il valore
0,7, che corrisponde ad uno stato di riposo. Sappiamo tutti che i bambini, a parte le 8 o 10 ore di sonno in cui si può
considerare uno stato di riposo, sono spesso in movimento per cui il tasso sale a 1,2 circa.
Le Linee Guida sopra citate segnalano la necessità di elaborare una baseline prima della realizzazione dell'opera che
non può essere fatta quindi attraverso l'integrazione successiva di risultati di più modelli di stima matematica.
L'elaborazione di Italcementi parte da una simulazione meteoclimatica delle ricadute degli inquinanti al suolo i cui
risultati, che sono comunque una stima, vengono utilizzati come dato per stimare la distribuzione dell'inquinante nei
comparti ambientali e il nuovo risultato viene nuovamente usato per alimentare un ulteriore calcolo per determinare la
concentrazione che arriva ad accumulare l'adulto o il bambino con determinate condizioni molto limitative. Per quanto
possano essere accurati i modelli e i dati, il risultato non sarà mai affidabile e realistico quanto una valutazione
epidemiologica che comprende l'impatto cumulativo e lo stato di salute effettivo della popolazione esposta. Senza tale
riferimento, ogni futura valutazione non potrà mai avere un termine di paragone certo.
In mancanza di questa analisi potremmo tranquillamente appoggiarci ad un precedente quasi identico al caso in esame:
l’impianto Italcementi di Mazzano Rezzato (BS). La valutazione dell’impatto sulla salute di questo impianto ha portato
ad una evidenza di danno sanitario grazie ad un’analisi epidemiologica (metodo Crosignani).
Considerando tali evidenze, ci chiediamo per quale motivo nella valutazione dei rischi non sia stato preso in esame il
precedente caso di Mazzano Rezzato sopra citato.
Cosa ci fa pensare che a Calusco d’Adda la situazione dovrebbe essere diversa?
In base a queste prime considerazioni risulta già chiaro che le integrazioni presentate da Italcementi sono state basate su criteri
di valutazione insufficienti.
Ci pregiamo inoltre di presentare in allegato le osservazioni sulle integrazioni al SIA Italcementi Calusco d’Adda elaborate dal
Dott. Agostino Di Ciaula, Coordinatore Scientifico ISDE Italia, che sta collaborando con noi cittadini per una valutazione
medico/scientifica della documentazione presentata.
Per le suddette ragioni ribadiamo la nostra convinzione circa la necessità di valutare la situazione sanitaria con un valido studio
epidemiologico.
Restiamo in attesa di ricevere indicazioni sull’esito delle Vostre valutazioni, certi che saranno eseguite con l’occhio critico di chi
conosce la materia per professione.
Cordiali saluti.
Comitato La Nostra Aria, Rete Rifiuti Zero Lombardia, Comitato Aria Pulita Centro Adda
06 agosto 2015
Per contatti e informazioni: comitatolna@gmail.com – rifiutizeromerate@gmail.com – ariapulitacentroadda@gmail.com
http://comitatolna.blogspot.it/
Osservazioni alla “Valutazione di Impatto sulla salute pubblica” (appendice B) allegata alle integrazioni SIA per la cementeria di Calusco d’Adda.
Osservazioni alla “Valutazione di Impatto sulla salute pubblica” (appendice B) allegata
alle integrazioni SIA per la cementeria di Calusco d’Adda.
Autore: Agostino Di Ciaula, ISDE Italia
- Lo “scenario 1” (scenario attuale) considera i dati di emissione al 2012 e lo “scenario 2”
(“scenario atteso futuro”) considera “inoltre una serie di sorgenti ad oggi non realizzate
(E163-E165)”. La differenza tra lo “scenario attuale” e lo “scenario futuro atteso”, sulla quale
si basa la VIS, consiste dunque unicamente nella considerazione supplementare, nello
“scenario futuro atteso”, del ruolo delle “sorgenti ad oggi non realizzate (E163-E165)”,
ignorando completamente le considerevoli differenze nei bilanci di massa dovuti alla
combustione di 30.000 ton/anno (scenario attuale) o 110.000 ton/anno di rifiuti (scenario
futuro), come se le emissioni attuali e future fossero indipendenti dalla qualità (considerando
anche la diversificazione dei codici CER) e dalla quantità di rifiuti in ingresso all’impianto .
- Lo “scenario massimo autorizzato” prende in considerazione le portate e le concentrazioni
massime di ogni inquinante ad oggi autorizzate”, considerando la media di sole tre
campagne di misurazione di poche ore delle emissioni a camino per anno (anni 2008-2013),
che dovrebbero essere rappresentative di quelle derivanti dalla piena operatività
dell’impianto. Indipendentemente dalle considerazioni espresse al punto precedente, i
campionamenti sui quali è costruita tutta l’analisi non possono fornire un quadro attendibile
della situazione emissiva reale dell’impianto, rappresentando ottimisticamente meno del 2%
delle ore di operatività effettiva dell’impianto nel periodo esaminato. L’ampia deviazione
standard dalle medie delle sole tre misurazioni eseguite per ogni inquinante e precedenti
evidenze [1] dimostrano come tale modalità possa sottostimare fortemente le emissioni reali.
- L’analisi si basa sull’utilizzo di massimo 30.000 ton/anno di combustibili derivati da rifiuti,
considerando un flusso di massa costante e l’aumento futuro attribuibile alle nuove sorgenti
emissive (E163-E165) ma NON prende in adeguata considerazione le variazioni di bilancio
di massa e, soprattutto, le emissioni in valore assoluto di ogni inquinante che si avranno in
seguito sia all’utilizzo delle 110.000 ton/anno di combustibili derivati da rifiuti che alla
diversificazione dei codici CER utilizzabili (non solo CSS ma anche rifiuti con CER 190812 e
190814: fanghi derivanti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, fanghi
prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali, entrambi ad elevato contenuto di
metalli pesanti e composti organici clorurati).
Le emissioni future appaiono dunque sottostimate per quanto riguarda il bilancio di massa di
tutti gli inquinanti persistenti (considerando non le concentrazioni attese ma le emissioni
totali degli inquinanti persistenti da esprimere, secondo i casi, in Kg/anno, ton/anno, g/anno)
e le specifiche emissioni dei singoli metalli pesanti, che hanno differenti percentuali di
trasferimento da combustibile a emissioni convogliate [2, 3].
- L’analisi condotta IGNORA COMPLETAMENTE le emissioni di PCB e la formazione di
particolato secondario a valle dei camini dell’impianto e i loro effetti sanitari. Questo è da
considerarsi un limite inaccettabile dello studio, in quanto entrambi questi inquinanti sono
associati alle emissioni dei cementifici e sono responsabili di un importante effetto
addizionale sulle patologie neoplastiche e non-neoplastiche a carico delle popolazioni esposte.
- Manca il calcolo del baseline population frequency riferito ai comuni esposti (effetti sanitari
assumendo un livello di inquinamento nullo) e il calcolo degli incrementi lineari degli effetti
sanitari in risposta ad incrementi unitari di inquinanti. Manca inoltre la stima dei casi
attribuibili in rapporto alle variazioni nelle concentrazioni annuali di inquinanti attribuibili al
cementificio in ogni comune collocato nell’area di ricaduta delle emissioni.
- Mancano le rappresentazioni di ricaduta di ogni singolo inquinante (mappe di
concentrazione media annuale), calcolate in base al modello di dispersione utilizzato e
comparando i due scenari (pre- e post-autorizzazione all’utilizzo di 110.000 ton/anno di
combustibile derivato da rifiuti) su adeguata scala. Non è inoltre specificato se,
nell’elaborazione delle mappe di ricaduta, sia stato utilizzato come codice tridimensionale di
simulazione un modello di tipo lagrangiano a particelle, particolarmente adatto a fornire una
ricostruzione accurata della distribuzione spaziale locale degli inquinanti primari.
- Mancano le mappe del rischio cancerogeno totale life-time riferito alle concentrazioni
modellizzate (media annuale) e il calcolo della proporzione di popolazione esposta a diversi
livelli di rischio in termini assoluti e percentuali, anche considerando aree sub-urbane.
- Si afferma che “Per quanto dallo stress test emergano dei superamenti delle soglie di
accettabilità del rischio per la salute umana per la singola componente arsenico
limitatamente agli scenari espositivi industriale, residenziale e agricolo, la concentrazione di
arsenico ipotizzata come input nello scenario estremo è di gran lunga superiore sia a quella
massima misurata a camino nel quinquennio 2008-2013, che al valore medio della
concentrazione misurata nello stesso quinquennio e nel 2012, anno di riferimento per lo
scenario attuale.”
Tali risultati sembrano eccessivamente sminuiti dagli Autori, i quali affermano che sono
“frutto di uno scenario altamente distante dallo storico dei dati misurati in regime produttivo”
e che “si può ragionevolmente ritenere che il quadro espositivo emerso nella relazione estesa
non pregiudichi la salute umana nei regimi produttivi reali”.
Anche a voler ignorare la questione della probabile inadeguatezza dei campionamenti sui
quali è stata costruita l’analisi (vedi sopra), tali affermazioni non considerano che lo “storico
dei dati misurati in regime produttivo” è riferibile ad una situazione completamente diversa
(utilizzo di CSS in quantità inferiore o pari a 30.000 ton/anno) da quella che si verificherebbe
ad autorizzazione ottenuta, quando l’impianto utilizzerà 110.000 ton/anno di combustibili
derivati da rifiuti, diversificando inoltre i codici CER utilizzabili.
Evidenze scientifiche disponibili in letteratura internazionale dimostrano infatti una precisa
cinetica di emissione di specifici metalli pesanti (compreso arsenico), che dipende, tra gli altri
fattori, dalla quantità assoluta dei metalli pesanti in ingresso [2, 3]. D’altra parte, questa è la
motivazione principale per la quale il decreto “end of waste” (n.22 del 14 febbraio 2013)
prevede per il “CSS combustibile” un contenuto di metalli pesanti notevolmente più restrittivo
rispetto ad altre tipologie di CSS (vedi seguito).
- I risultati dell’analisi VIS, pur considerando i limiti descritti, confermano dunque la
presenza di possibili rischi sanitari oncologici e non-neoplastici dovuti alle emissioni di
metalli pesanti (in particolare arsenico, classificato come “cancerogeno certo” dalla
IARC). Tali rischi (in realtà non legati al solo arsenico ma a tutti i metalli pesanti emessi) sono
stati in precedenza descritti in dettaglio nel documento sui potenziali rischi sanitari del
progetto del proponente, al quale si rimanda.
È importante sottolineare ancora una volta la verosimile possibilità che i rischi rappresentati
nello studio VIA siano stati fortemente sottostimati.
A titolo di esempio si consideri il solo arsenico, per il quale sono stati previsti dagli Autori
possibili superamenti delle soglia di accettabilità del rischio.
La tabella 1 del decreto “end of waste” consente la presenza, nel “CSS-combustibile”, di
quantità di arsenico sino a 5mg/Kg s.s. Dunque, nel caso di un quantitativo pari a 110.000
ton/anno di combustibile derivato da rifiuti, rispettando i parametri di specificazione di tale
tabella e utilizzando “CSS-combustibile”, ci sarebbe in ingresso un quantitativo di arsenico
pari a 550 Kg/anno. Considerato il fattore di trasferimento medio di arsenico dal combustibile
alternativo alle emissioni (0.02% secondo Genon et al [2]), utilizzando “CSS-combustibile” si
può calcolare un’emissione media di arsenico pari a circa 110.000 mg/anno.
Nel progetto dei proponenti, i valori di specificazione del contenuto in metalli pesanti del CSS
che si intende utilizzare presso la cementeria di Calusco d’Adda SONO NOTEVOLMENTE
SUPERIORI (da 2 a 15 volte) rispetto a quelli del “CSS-combustibile” previsto dal decreto “end
of waste”:
Parametro
Cd 4 10 x 2.5
Ti 5 10 x 2
As 5 15 x 3
Co 18 100 x 5.5
Cr 100 500 x 5
Cu 500 2000 x 4
Mn 250 600 x 2.4
Ni 30 200 x 6.6
Pb 240 600 x 2.5
Sb 50 150 x 3
V 10 150 x 15
(valori espressi come valore massimo della mediana in mg/Kg s.s). I metalli pesanti indicati in
rosso sono classificati come “cancerogeni certi” dalla IARC (Agenzia Internazionale per la
Ricerca sul Cancro)
Dunque, nel caso dell’impianto di Calusco d’Adda, un quantitativo pari a 110.000 ton/anno di
CSS con le specifiche previste dal progetto alimenterebbe l’impianto inserendo nel ciclo
produttivo 1650 Kg/anno di arsenico. Considerato il fattore di trasferimento medio di
arsenico dal combustibile alternativo alle emissioni (0.02% secondo Genon et al [2]), si può
calcolare un’emissione media di arsenico pari a circa 330.000 mg/anno (0.33 Kg/anno).
Inoltre, poiché è stata richiesta anche autorizzazione alla diversificazione dei codici CER
utilizzabili nei processi di co-combustione, al calcolo si deve aggiungere l’arsenico contenuto
nei fanghi essiccati, che può essere in quantità oltre doppia rispetto al “CSS-combustibile”
(concessi in questo caso sino a 12 mg/Kg s.s.).
Le quantità finali di arsenico nelle emissioni (non espresse in concentrazioni medie ma
in valori assoluti, come dovrebbe essere in termini di risk assessment), sarebbero
dunque di assoluto rilievo in termini di rischio sanitario, a causa delle caratteristiche
chimico-biologiche dell’arsenico.
Recenti evidenze, inoltre, suggeriscono come il quantitativo di arsenico presente nelle
emissioni possa non essere costante e possa variare durante il ciclo produttivo, rendendo
possibili picchi emissivi superiori a quello calcolato o misurato in particolari condizioni [3].
Proprio in base a questa evidenza, gli Autori degli studi citati raccomandano prudenza
nell’impiego nei cementifici di combustibili da rifiuti contenenti metalli pesanti [2, 3],
suggerendo una limitazione del loro utilizzo [3].
I rischi riferiti all’arsenico sarebbero ancora più gravi nel caso di metalli pesanti con maggiori
fattori di trasferimento nelle emissioni (ad es. mercurio, fattore di trasferimento del 49%,
notevolmente superiore rispetto allo 0.02% dell’arsenico [2]).
- Nel calcolo del rischio sanitario dei lavoratori non è stata presa in adeguata considerazione
l’esposizione ai prodotti finali del cementificio (clinker/cemento), nei quali saranno inglobate
le ceneri derivanti dai processi di combustione di CSS/fanghi in quantità proporzione a quella
di combustibile alternativo utilizzato. Tali prodotti sono da considerarsi ad elevata tossicità
per il contenuto in metalli pesanti, IPA, composti organici clorurati ed altre sostanze con
potenziali effetti biologici negativi in seguito ad inalazione, ingestione, contatto cutaneo, da
sommarsi a quelli derivanti dalla sola esposizione outdoor considerata nella VIS.
1 De Frä R and Wevers M. Underestimation in dioxin emission inventories.
Organohalogen Compd 1998;36:17-20.
2 Genon G and Brizio E. Perspectives and limits for cement kilns as a destination for RDF.
Waste Manag. 2008;28:2375-85.
3 Cong J, Yan D, Li L, Cui J, Jiang X, Yu H et al. Volatilization of Heavy Metals (As, Pb, Cd)
during co-processing in cement kilns. Environmental Engineering Science 2015;32:425-
35.
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