Giorni dalla firma tra Italcementi ed i Comuni

NON HANNO FIRMATO I SINDACI DI : Paderno d'Adda e Solza . HANNO FIRMATO : Calusco d'Adda, Cornate d'Adda, Imbersago, Medolago, Parco Adda Nord, Robbiate, Verderio Inferiore, Verderio Superiore, Villa d'Adda, Dopo più di 1.000 giorni dalla firma ,il 4 Maggio 2012 non si hanno notizie sulla ferrovia . Solo ombre su questo accordo fantasma , polvere , puzza, inquinamento . http://calusco.blogspot.it/2012/05/comunicato-stampa-tavolo-italcementi.html

Countdown alla ferrovia

il tempo e' finito del collegamento ferroviario nessuna notizia ,Piu' di 1.000 giorni TRE ANNI e nulla di fatto, meditate .

Monday, October 20, 2003

L'ECO DI BERGAMO 19 10 03

«Gronda Est? Meglio rispolverare la Pedegronda ferroviaria»

LEVATE Centro civico gremito per l'assemblea pubblica organizzata dal centrosinistra levatese, su iniziativa dell'assessore all'urbanistica, Paolo Longaretti (moderatore Beniamino Nava). C'erano cittadini non solo di Levate, sindaci e assessori di numerosi Comuni, consiglieri regionali, un assessore e un consigliere provinciale. Molti gli interventi, tutti preoccupati e interessati al mega-progetto della Gronda Est ferroviaria, la futura Seregno-Bergamo. La nuova tratta convoglierà il traffico di treni merci (180 al giorno da e per la Svizzera), verso due direzioni, a est e sud dell'Italia, attraversando il territorio di Levate a nord – con un impatto ambientale che, secondo la denuncia dei contrari al progetto, sarà notevole – immettendosi poi sulla linea ferroviaria Bergamo-Treviglio.
L'assessore provinciale alla viabilità, Felice Sonzogni, ha dovuto rispondere agli attacchi provenienti da più parti, e in special modo dai sindaci intervenuti, taluni in modo molto combattivo. Due le novità emerse al termine di questa concitata assemblea. In primo luogo la proposta formulata dai due consiglieri regionali Giuseppe Benigni (Ds) ed Ezio Locatelli (Rifondazione comunista), e da Daniela Carminati, consigliere provinciale della Margherita, che hanno bocciato l'attuale progetto di Gronda Est, riproponendo invece la Pedegronda ferroviaria da Carnate a Bergamo, dove esiste già un sedime ferroviario, con la costruzione poi di un nuovo ponte sull'Adda a sud dell'attuale storico ponte di Paderno. Si verrebbe così a creare – secondo la proposta del centrosinistra – un asse merci-passeggeri ad alto potenziale, da Novara a Rovato, che passando da Bergamo sfrutterebbe gli scali intermodali di Terno D'Isola e Montello. Questo progetto – sostiene il centrosinistra – costerebbe molto meno della Gronda Est in quanto eviterebbe il costosissimo ponte sull'Adda previsto a Bottanuco, lungo ben 1700 metri, mentre quello della Pedegronda più a nord sarebbe lungo soltanto 500 metri e sorgerebbe su un percorso già esistente con vantaggi economici consistenti.
Sonzogni, non limitandosi al discorso della Gronda Est sul cui progetto sono ancora in corso valutazioni, ha sostenuto la realizzazione delle infrastrutture in programma nella zona di Dalmine e dei paesi limitrofi come la quarta corsia dell'autostrada A4 e la Tangenziale Sud di Bergamo, già appaltata. Ma, tra l'altro, anche il nuovo casello di Dalmine e il raddoppio Villa D'Almè-Dalmine. Sonzogni ha detto che la Bergamasca è un'area produttiva di prim'ordine e i piani regolatori dei vari Comuni hanno previsto espansioni residenziali e produttive che andranno ad aumentare del 40% le superfici attualmente urbanizzate. «Non è accettabile pertanto che vengano bocciati tutti questi progetti, qualcuno andrà pur realizzato», ha rimarcato Sonzogni.
La seconda novità è la proposta, avanzata all'assemblea di Levate dai cittadini presenti e dagli amministratorii, di costituire un comitato intercomunale che abbia come obiettivo quello di contrastare i numerosi progetti di queste grandi infrastrutture tutte concentrate a Dalmine e dintorni. Presenti i sindaci di Levate, Angioletta Ferrari, di Dalmine, Francesca Bruschi, di Osio Sopra, Giorgio Gregori, di Verdellino, Giovanni Bacis, di Pontirolo, Angelo Legnani, e gli assessori Sergio Coffetti di Verdello, Pier Angelo Pasquini di Filago e Giovanni Aceti di Zanica.
P. G. L.

Thursday, October 16, 2003

L'ECO DI BERGAMO 16 10 03

Blackout salato: bolletta da un milione di euro

Imprese preoccupate sulla regolare erogazione elettrica: e se succedesse in un giorno feriale?

L'Unione industriali stima in circa un milione di euro i danni economici, essenzialmente per mancata produzione, subìti dall'industria bergamasca per il blackout di tre ore di fine settembre. Il fatto che sia avvenuto di domenica notte ha circoscritto l'impatto negativo del blocco energetico a una trentina di aziende con produzioni a ciclo continuo.
Anche così è stato comunque un choc per gli industriali perchè ha messo in evidenza un nuovo elemento di incertezza, tanto più dopo le previsioni che nuovi blackout si potrebbero ripetere nei prossimi 2-3 anni, in attesa di nuove centrali che riducano la dipendenza dall'estero, e di investimenti sulle reti per avere una distribuzione regolare.
«Questo è proprio quello che ci preoccupa di più - sottolinea il presidente dell'Unione industriali di Bergamo, Andrea Moltrasio - Non era mai successo niente di simile, ma è capitato e c'è il timore che possa accadere ancora. E se un blackout avvenisse in un giorno feriale i danni sarebbero enormi. Anche questo è un segnale della debolezza del sistema, un freno alla competitività e anche un dato un po' avvilente. Ci sforziamo di pensare alla crescita dell'intelligenza, alla sfida della competitività e poi dobbiamo ancora risolvere questioni basilari di infrastruttura come l'energia».
Radici Group
Nel solo gruppo chimico-tessile Radici i danni economici provocati dal blackout sono stimati in un milione di euro: di questi, un terzo relativi agli stabilimenti bergamaschi (in particolare Casnigo e Villa d'Ogna)
«Se un processo di polimerizzazione si interrompe a metà, non resta che buttare via tutto e mettersi a pulire gli impianti - dice Angelo Radici, presidente del gruppo -. C'è stato il rischio di danni irreparabili e anche se l'attività è ripresa in 24 ore, per far ripartire a regime tutti gli impianti abbiamo impiegato due settimane. In Italia, abbiamo già un problema di costo dell'energia, che incide parecchio sui costi di produzione: adesso abbiamo purtroppo anche l'incertezza della fornitura».
«Non eravamo preparati a un problema del genere, perché non si era mai proposto prima e non era nemmeno prevedibile - aggiunge Maurizio Radici, che segue le attività del gruppo nell'energia -. Diventa difficile anche pensare di fare tutto da soli». Al gruppo fanno capo 7 centrali idroelettriche, ma il progetto principale è la centrale a ciclo combinato da 100 megawatt che sarà inaugurata a Novara, principale stabilimento chimico della Radici. «Ma non può servire - precisa - tutti gli impianti».
Lonza
Alla sola Lonza di Scanzorosciate viene stimato un danno di 300 mila euro, per due terzi legati alla mancata produzione e per un terzo a interventi straordinari di manutenzione.
«L'attività a Scanzorosciate si è fermata all'improvviso e i fluidi ad alta temperatura utilizzati nella produzione, che sono solidi a temperatura ambiente, hanno iniziato a raffreddarsi» - spiega Massimo Puccinelli, direttore dello stabilimento chimico -. Abbiamo rischiato grosso: non è successo il peggio, ma ci sono volute 48 ore per tornare a una produzione normale. Senza energia si è fermata per qualche ora anche l'ossigenazione degli impianti biologici che avrebbe potuto compromettere la depurazione. I rischi di black out possono avere serie ripercussioni sul piano dell'ambiente. A Scanzo per evitare pericoli dovremmo avere una centrale da 17 megawatt, per produrre quanto consumiamo. Ma sarebbe un investimento molto oneroso e che tra l'altro sono sicuro che, se avessimo intenzione di realizzarlo, non ci consentirebbero nemmeno di fare».
La Lonza peraltro ha subìto otto fermate per distacco nel corso dell'anno. «Avevamo fatto un contratto sperimentale per utenze non critiche che prevedeva forniture a prezzi convenienti con la possibilità di distacco senza preavviso - continua Puccinelli -. Ci è sembrata una possibilità conveniente, confidando sul fatto che fino all'anno scorso i distacchi erano un episodio rarissimo. Adesso questa come scommessa è da considerare persa»
Italcementi
Il gruppo Italcementi è stato colpito dal blackout su due fronti, come consumatori per la produzione di cemento e come produttori attraverso l'Italgen che fornisce il 30% dell'energia consumata dal gruppo. Per la sola mancata produzione nello stabilimento di Calusco, fermo per mezza giornata, si stima una perdita di circa 75 mila euro.
«Abbiamo anche noi il vincolo della rete e quindi il blackout si è trasferito a domino anche alle nostre centrali - precisa peraltro Franco Brambilla, consigliere delegato di Italgen - Con le idroelettriche (13, la più grande a Vaprio, in grado di generare 50 megawatt di potenza NdR) siamo rientrati in servizio dopo un quarto d'ora e l'energia di queste centrali ha poi permesso di riavviare le termoelettriche. Alle 7 di mattina eravamo completamente in funzione con le centrali lombarde». Tra queste anche la centrale di Villa di Serio, da 90 megawatt nominale, per la quale è in programma un ampliamento a 190 che segue la procedura del decreto «sbloccacentrali». Dopo il parere favorevole del Via (Valutazione impatto ambientale) del ministero dell'Ambiente la pratica è al Ministero delle attività produttive, che attende il parere dalla Regione, prima della ratifica. «Ci auguriamo che il mese prossimo arrivi il parere - continua Brambilla - mentre per la realizzazione serviranno 24-30 mesi».
Italcementi consuma in Italia oltre un miliardo e mezzo di kilowattora (Calusco e Rezzato consumano circa 200 milioni di chilowatotra ciascuna) e lo scorso anno l'energia elettrica ha rappresentato il 25% dei costi. Il potenziamento di Villa di Serio permetterebbe ad Italcementi di avvicinare l'autosufficienza energetica.
«Ci preoccupano i tempi necessari, si parla di tre anni, perché la rete italiana possa assicurare una distribuzione con l'efficienza e la certezza che ci aspettiamo - sottolinea Brambilla - Ma già il fatto che non sia chiaro se l'investimento sia di competenza dell'Enel, del gestore o di chi altro, non lascia ben sperare».
Dalmine
«Eravamo in piena produzione, con l'accaio fuso nella colata ed abbiamo rischiato grossi danni. Non ci sono stati problemi di sicurezza, perché ci sono sistemi di raffreddamento a protezione di impianti e persone. Non c'è però un sistema che assicuri la produzione e se l'interruzione d'energia fosse durata qualche ora in più l'acciaio si sarebbe solidificato nel forno e per toglierlo avremmo dovuto chiudere l'impianto per diversi giorni»
Tra materiale perso e riavvio il blackout è comunque costato alla Dalmine circa 100mila euro, che si sommano alle varie interruzioni di energia, per un totale di circa 40 ore di distacchi, che avevano interessato lo stabilimento da giugno in poi, a volte con brevissimo preavviso, a volte anche senza.
«Il nostro contratto ci inserisce tra gli interrompibili e quindi l'ordine di chiusura dell'energia può arrivare direttamente dal gestore di rete. Abbiamo avuto anche tre turni fermi, perchè ci hanno avvisato di non produrre: complessivamente, quindi più di 60 ore di fermata, con una mancata produzione per oltre un milione e mezzo, dato che il blocco ha ripercussioni su tutto lo stabilimento - continua Valsecchi - Con il preavviso il personale ha sospeso il lavoro, ha messo l'impianto in sicurezza ed ha atteso il ritorno dell'elettricità. Quando abbiamo fermato direttamente il turno è stato concordato un giorno di ferie con il sindacato, molto disponibile di fronte ai problemi oggettivi del momento. Con le interruzioni con preavviso è stato anche mantenuto un quantitativo di energia concordato per evitare danni, anche se la produzione va persa, ma con il blackout di fine settembre si è fermato tutto all'improvviso»
Nel caso della Dalmine la centrale interna in progetto avrebbe potuto impedire il blocco, «staccandosi» dalla rete. «Una nostra centrale - dice Valsecchi - non ci darebbe grandi vantaggi economici dal punto di vista dei prezzi, ma ci permetterebbe soprattutto di avere un maggior controllo su un costo importante di produzione, che per noi incide per circa il 30% sul totale». L'iter della pratica è alla Commissione per l'impatto ambientale. «Siamo ottimisti sul fatto che il via libera arrivi a breve, per passare poi all'approvazione della Provincia, ci auguriamo entro l'anno - continua Valsecchi - Poi ci vorranno tre anni per la costruzione»
Cartiere Pigna
Anche chi ha la sua centrale ha avuto problemi. Alla Cartiere Paolo Pigna di Alzano il blackout ha interrotto l'erogazione di vapore dalla centrale di cogenerazione: le due linee si sono fermate e sono ripartite, dopo il ritorno in temperatura del vapore, dopo circa cinque ore. La mancata produzione è stimata in 65 tonnellate, dal valore di 55mila euro, ai quali si aggiungono danni alle pompe per 5-10mila euro.
«Ci si dimentica che le centrali hanno bisogno di energia per produrre - sottolinea l'amministratore delegato della Pigna, Giorgio Paglia -. Se la rete non è in grado di fornirci 2 megawatt, la centrale che ne produce 50, non può funzionare. Mi sembra grave che, di qualunque colorazione sia, il governo di un Paese che si considera avanzato, non ritenga prioritaria l'adozione di una politica energetica volta all'autonomia e all'indipendenza da altri Paesi. L'Italia con la politica dell'acquisto dell'energia dall'estero e le dismissioni di certe forme di energia, non solo ha le bollette più care in Europa, ma non è in grado di fornire, senza dipendere da altri, il crescente quantitativo di energia richiesto dai suoi cittadini».
Stefano Ravaschio
MERATEONLINE 15 10 03

A proposito di Fs Carnate-Bergamo






Per la notizia sulla tratta FFSS Carnate - BG. I piani futuri così come sono stati espressi nel PTCP (piano territoriale di coordinamento
provinciale) sono di un servizio metropolitano quindi un aumento delle corse. In pratica, se non ho capito male, vi conviene vedere sul sito della pr.BG, le tratte ferroviarie andranno potenziate come servizio e frequenza. Pensa che la tratta BG_MI via carnate è al 47% della sua potenzialità (fonte RSA - Rapporto sullo stato dell`Ambiente sempre della pr.BG), ma l`RSA non è disponibile sul sito della provincia. Non penso che chiudino la tratta Carnate -BG, forse fermeranno a Calusco per non passare sul ponte che sarà bello, ma è un gran limite (tipo che non può sopportare le carrozze a due piani come mi ha detto un macchinista della tratta). Comunque resta Merate. Ma ciò che manca a questi paesini che messi assieme fanno una città grande almeno quanto Monza è un sistema di trasporti pubblici intelligente, vie alternative alle auto e meno egoismo della gente che pretende di muoversi sempre con la macchina sotto il sedere, guai fare due passi a piedi e 2 Km in bici sembrano un`impresa titanica (per poi spendere centinaia di euro a pedalare in una palestra guardando un muro, se non c`è di meglio). Che pazienza per una povera ciclista pendolare FFSS. Cri.

PS: Lecco Comune come Agenda 21, ASL e ECO 86 stanno attivando un progetto "Piedibius" per la mobilità casa-scuola dei bambini siccome marginalmente lo seguo anch`io vi farò sapere quando parte, intanto guardate sul sito ASL di Lecco, c`è la presentazione da parte della ASL.

Monday, October 13, 2003

MERATEONLINE 11 10 03

Fs Carnate-Bergamo: a rischio le stazioni di Calusco
e di Paderno con la linea parallela alla Pedemontana



Al momento è solo un’ipotesi, anche se di sicuro spessore. Ma già fa discutere. Le Ferrovie dello Stato avrebbero predisposto un progetto di massima che prevede l’affiancamento della linea sulla tratta Seregno-Treviglio-Bergamo, al tracciato della Pedemontana. Questa ipotesi, per evidenti ragioni di “percorso”, esclude il mantenimento in servizio delle stazioni di Paderno, Calusco e Terno. Anche il ponte San Michele perderebbe la sua funzione, almeno dal punto di vista ferroviario.


Come dicevamo, progetti definiti ancora non ce ne sono ma nei giorni scorsi in Regione lombarda è stata depositata una richiesta di “Valutazione di Impatto Ambientale” (Via) per la realizzazione di una tratta ferroviaria tra Bergamo-Carnate-Seregno scavalcando il fiume Adda a Trezzo. Secondo indiscrezioni l’idea dei vertici delle FS è quella di mantenere a nord la tratta Bergamo-Ponte-Calolzio-Lecco e di spostare più a sud verso il milanese, l’attuale tracciato. In altre parole da Carnate la linea piegherebbe subito verso est puntando su Colnago, frazione di Cornate D’Adda, dove potrebbe essere individuata la prima “fermata” e da lì proseguire sino a Trezzo, sede della seconda “fermata”.


A Trezzo la linea si dividerebbe in due tronconi. L’uno che, dopo aver scavalcato l’Adda su un ponte a valle di quello stradale va a riagganciarsi al vecchio tracciato in zona Ponte San Pietro, dove, come dicevamo, intercetta anche il traffico proveniente dal lecchese, e l’altro che punta diritto su Treviglio, inserendosi così in quel vasto quadrante ferroviario. Il nuovo percorso, come si nota, ricalca il tracciato della Pedemontana, nell’ultima versione approvata. E secondo fonti vicine alle Fs sarebbe proprio il coordinamento dei lavori della Pedemontana a guidare e a scandire i tempi dell’esecuzione del progetto. Eventuali rallentamenti, dunque, sarebbero imputabili alle difficoltà nel reperire i finanziamenti per il nuovo grande asse stradale est-ovest.


A Paderno l’indiscrezione circola come tante altre in passato. “Non so nulla di preciso – spiega Angelo Rotta – anche se devo dire che i tecnici delle Fs più volte, pure recentemente hanno accennato alla possibilità, in caso di dismissione della linea, di utilizzare l’asse inferiore del San Michele come pista ciclo-pedonale.


Anche a Calusco sono con le orecchie tese. Il sindaco Rinaldo Colleoni ha annunciato che avanzerà formale richiesta di realizzare una linea veloce, di tipo metropolitano, limitatamente alla tratta Calusco-Bergamo.
Della questione, infine, hanno parlato alcune sere fa anche a Cornate D’Adda, nell’ambito di un incontro tra i membri del locale circolo di Forza Italia. Notizie non confermate dicono che il sindaco Mario Parma, dopo aver visionato bozze di tracciato sarebbe sbottato manifestando tutto il proprio disappunto; soprattutto per le ricadute negative sul territorio interessato al passaggio di questa infrastruttura.




Thursday, October 02, 2003

L'ECO DI BERGAMO 02 10 03

Calusco, via libera alla strada «mangia-traffico»

L'area interessata dal nuovo tracciato della circonvallazione, a sud di Calusco: da via Marconi fino alla Rivierasca


CALUSCO Via libera alla nuovo percorso della circonvallazione sud di Calusco. Il Consiglio comunale ha infatti approvato la quarta variante al piano regolatore generale relativa alla modifica del tracciato della circonvallazione sud che dovrà alleggerire dal traffico pesante via Marconi, in particolar modo dagli automezzi diretti al cementificio Italcementi.
Il voto, a conclusione di una seduta durata fino alla due di notte, ha visto l'approvazione a maggioranza da parte della lista civica Lineacomune e voto contrario di tre consiglieri del gruppo di minoranza della lista Casa Delle Libertà con esclusione dei consiglieri Massimo Cocchi e Rubens Bergonzi che si sono astenuti.
Questo punto all'ordine del giorno ha fatto registrare in aula consigliare un pubblico insolitamente numeroso, per la maggior parte membri del Comitato per la difesa delle aree verdi di Calusco e di Solza, sorto a maggio per promuovere una discussione sul problema della viabilità locale. Il Consiglio ha preso in esame le osservazioni del Comitato e del Comune di Solza.
«Questa variante modifica l'esistente tracciato della circonvallazione sud di Calusco nella parte finale, che prima interessava il territorio di Solza all'imbocco con la Rivierasca, mentre ora corre tutto sul territorio caluschese – ha spiegato il sindaco Rinaldo Colleoni – È un'opera fondamentale per Calusco, che non può più tollerare un traffico continuo e sempre in aumento sulle vie Marconi, Bergamo e Trieste».
Con le sue osservazioni il Comitato ha chiesto di annullare la delibera di variante in quanto la viabilità deve essere affrontata con un piano generale che tenga conto di tutte le previsioni di sviluppo. Inoltre la circonvallazione attraverserà una zona agricola al confine con il Parco Adda Nord. Le osservazioni del Comune di Solza toccavano diversi punti: l'impatto ambientale e acustico; il vincolo di rispetto stradale; l'iter amministrativo della legge regionale 23 del 1997; la presenza del Parco Adda Nord. Il sindaco ha ribattuto a tutte le osservazioni, con interventi da parte dei consiglieri di maggioranza e di minoranza: i primi sostenuto la validità della strada e i secondi piuttosto allineati alle richieste del Comitato e del Comune di Solza. Messe ai voti, le osservazioni sono state bocciate a maggioranza.
La circonvallazione sud di Calusco rimane immutata per il tratto iniziale, e cioè parte dalla zona tra via Vittorio Emanuele e via Marconi, dopo il ponte San Michele sull'Adda; scende a sud passando accanto al nuovo cementificio e, quindi, attraversando le aree agricole circostanti alla cascina del Rivalotto, segue il nuovo tracciato lontano dalle abitazioni della località Torre, correndo sul confine con Solza e innestandosi sulla strada Rivierasca con uno svincolo a due livelli, dopo aver superato via Dante Alighieri in galleria. Una soluzione questa dovuta al no di Solza alla strada sul suo territorio. La galleria e lo svincolo sulla Rivierasca, previsto su due livelli, avranno un costo superiore al milione e 600.000 euro previsto per il tracciato su Solza, con la rotatoria sulla Rivierasca.
La spesa totale prevista per il tracciato della circonvallazione sud di Calusco è di circa sei milioni e 115 mila euro. «Ora, occorre trovare il finanziamento, e per questo nei prossimi giorni dovrò incontrare la provincia e l'Italcementi» ha concluso il sindaco Rinaldo Colleoni.
Angelo Monzani

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