Giorni dalla firma tra Italcementi ed i Comuni

NON HANNO FIRMATO I SINDACI DI : Paderno d'Adda e Solza . HANNO FIRMATO : Calusco d'Adda, Cornate d'Adda, Imbersago, Medolago, Parco Adda Nord, Robbiate, Verderio Inferiore, Verderio Superiore, Villa d'Adda, Dopo più di 1.000 giorni dalla firma ,il 4 Maggio 2012 non si hanno notizie sulla ferrovia . Solo ombre su questo accordo fantasma , polvere , puzza, inquinamento . http://calusco.blogspot.it/2012/05/comunicato-stampa-tavolo-italcementi.html

Countdown alla ferrovia

il tempo e' finito del collegamento ferroviario nessuna notizia ,Piu' di 1.000 giorni TRE ANNI e nulla di fatto, meditate .

Wednesday, May 26, 2010

Italcementi, non è un camino


 Italcementi, non è un camino


di Davide Ruzzon *

Ristrutturazione dell’impianto di produzione di cemento della Italcementi: qui non stiamo parlando di camino sì camino no. Mi inserisco nell’intelligente dibattito avviato ieri su questo giornale dal professor Muraro per introdurre un altro elemento. Lui parlava di conti. Io parlerò di progetti.



Stiamo discutendo intorno all’idea di realizzare ai piedi di Arquà Petrarca un cementificio verticale. Sì, la torre non è infatti un vano tecnico come qualcuno sostiene, cioè un camino, un elemento accessorio del cementificio. Questa torre contiene il cuore e l’i nnovazione più significativa del ciclo di produzione del nuovo impianto. Nel merito la sentenza del Consiglio di Stato (V Sez. 13 maggio 1997, n. 483) del 1997 ha dettato una linea che è poi stata continuamente ribadita: un vano tecnico non può possedere una qualche autonomia dalla struttura di cui è appendice. Un elemento tecnico è tale se assume il ruolo di strumento accessorio, che per qualche motivo non possa essere collocato all’interno del volume principale, al quale si riferisce e la cui funzione coadiuva. Nel nostro caso, invece, la torre ospita in quattro stadi verticali, il processo di preriscaldamento del materiale di cottura che diventa poi a fine cottura il cemento.



E’ di fatto, perciò, una parte fondamentale della linea di produzione del cemento, non un accessorio alla produzione: secondo la linea tracciata dalla sentenza del 1997 non mi pare possa essere quindi considerato un vano tecnico. Dov’è il problema? Nonostante il Piano Ambientale del Parco Colli Euganei non consenta la realizzazione di nuovi impianti (li vincola anzi alla dismissione dentro il suo perimetro con l’articolo 19 delle sue Norme Tecniche) si riesce a concepire l’idea di proporre un’ulteriore aumento dell’a ltezza dell’impianto di produzione esistente, sino a 120 metri. Questo fatto già in sé sarebbe un precedente molto pericoloso per la gestione delle altezze nelle costruzioni, non solo in ambiti sensibili, ma ovunque.





Non serve fare esempi per immaginare cosa potrebbe accadere alle città, se si facesse strada l’idea che una parte importante di un’a ttività economica, ma anche di residenze, perché no?, potessero in ragione di una rivendicata (ma ipotetica) strumentalità andare oltre le altezze massime consentite al corpo edilizio principale: ne nascerebbe una totale de-regolazione, una giungla insomma. Lavoro a progetti d’architettura tutto il giorno e la mia idea di bellezza si basa anche sulla congruenza e il dialogo tra nuovo oggetto e il luogo che lo accoglie: non mi verrebbe mai in mente di realizzare una enorme cabina dell’Enel in Piazza San Pietro. Anche se dovessi parlare tutte le lingue del creato architettonico, per rendere bella una cabina elettrica nel porticato del Bernini, a nulla servirebbero.



Se gli uomini hanno spesso deciso di tagliare una montagna ed incidere un paesaggio splendido, spesso nel modo sbagliato, lo hanno fatto per realizzare un bene collettivo: hanno insieme rinunciato a qualcosa per un oggetto di pubblica utilità, perché non era forse possibile fare diversamente. Ma siamo in questo caso? Mi chiedo e chiedo a tutti, nel 2010 possiamo fare una torre a quattro cicloni per il clinker, di un’azienda privata, alta 122 metri davanti ad Arquà Petrarca? Pensiamo davvero che esista un genio che riuscirebbe a rendere proprio quell’oggetto a quel luogo? Io non credo.



Infine mi chiedo, perché mai una così importante società, che desidera investire 160 ml di euro per una nuova tecnologia di produzione, non ne spende altri 50 per realizzare anche dei nuovi fabbricati, insieme agli impianti tecnologici? Con una somma di quest’entità infatti (non i 500-600 ml di euro paventati dal direttore dello stabilimento durante l’incontro pubblico del progetto) si potrebbero realizzare, magari fuori dal Parco Colli, in un luogo più adatto, la torre e il nuovo impianto industriale. Il progetto aldilà degli inglesismi è già un progetto di nuova costruzione. Perché non si ragiona anche di questa opzione? Se così fosse da domani potremo parlare del futuro del Parco dei Colli Euganei e dei lavoratori, della convivenza di manifattura e di turismo sostenibile: diversamente potremo condurre la politica sempre dentro alla solita logica ideologica di contrapposizione tra diavolo ed acqua santa.



* Architetto

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