Giorni dalla firma tra Italcementi ed i Comuni

NON HANNO FIRMATO I SINDACI DI : Paderno d'Adda e Solza . HANNO FIRMATO : Calusco d'Adda, Cornate d'Adda, Imbersago, Medolago, Parco Adda Nord, Robbiate, Verderio Inferiore, Verderio Superiore, Villa d'Adda, Dopo più di 1.000 giorni dalla firma ,il 4 Maggio 2012 non si hanno notizie sulla ferrovia . Solo ombre su questo accordo fantasma , polvere , puzza, inquinamento . http://calusco.blogspot.it/2012/05/comunicato-stampa-tavolo-italcementi.html

Countdown alla ferrovia

il tempo e' finito del collegamento ferroviario nessuna notizia ,Piu' di 1.000 giorni TRE ANNI e nulla di fatto, meditate .

Sunday, July 10, 2005

DUE O TRE COSE CHE SO DI LORO.

DUE O TRE COSE CHE SO DI LORO.
(I^ Parte)

Federico Valerio


Gli oggetti di questa chiacchierata sono i termovalorizzatori e le diossine, ovvero gli impianti che si vogliono imporre agli Italiani, con la scusa che risolveranno il problema dello smaltimento dei loro rifiuti e i rifiuti tossici prodotti da questi stessi impianti.
Le due o tre cose che so e che, grazie a questa chiacchierata vorrei comunicare ai lettori, sono le informazioni (spesso poco note) che dispongo su entrambi questi oggetti.
Questo privilegio mi deriva da alcune particolari circostanze: una laurea (in Chimica) ed un lavoro (responsabile del Laboratorio di Chimica Ambientale dell¹ Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova) che mi permettono l¹accesso diretto alla libera produzione scientifica internazionale.
E poiché tutto questo è stato possibile anche grazie alle tasse degli Italiani che finanziano l¹istruzione e la ricerca pubblica, mi sembra doveroso ricambiare il favore.


La pubblicita¹ ingannevole sui termovalorizzatori

Nella campagna promozionale a favore della termovalorizzazione dei rifiuti urbani, le amministrazioni pubbliche e i gestori di questi impianti, immancabilmente negano che le diossine possano essere un problema ambientale e sanitario.
E, secondo loro, se mai qualche problema ambientale e sanitario ci fosse, questo è nettamente inferiore a quelli creati da altre ineludibili tecnologie moderne come, ad esempio, l¹automobile.
Questa chiacchierata cercherà di fornire ai lettori la sintesi di documenti ed informazioni di cui sono a conoscenza, utili per comprendere che la campagna pubblicità avviata da alcuni anni è, nei fatti, ingannevole.


I pellegrinaggi del terzo millennio

A partire dagli anni 90, in Italia si è assistito a singolari nuove forme di pellegrinaggio.
Folle di amministratori pubblici, presidenti e funzionari di aziende per la gestione di rifiuti urbani, giornalisti, esperti in pubbliche relazioni, rappresentanti di comitati cittadini si sono recati in visita ai nuovi santuari della tecnologia moderna: i termovalorizzatori.
In effetti, a sentire le guide di questi pellegrinaggi, i termovalorizzatori sono dei veri e propri miracoli della tecnologia.
Questi impianti, non solo farebbero sparire i rifiuti (per un certo tempo, sono stati battezzati con il nome di termodistruttori), ma addirittura li trasformerebbero in pregiata energia elettrica. E tutto questo, con inquinamento praticamente nullo.
Lo scopo di questi pellegrinaggi è quello di vedere dal vero i miracoli che possono fare questi impianti. Ma non tutto è visibile; in particolare, quello che esce dagli alti camini, spesso disegnati da famosi designer, per sottolineare l¹attenzione dei progettisti anche agli aspetti minori dell¹impatto ambientale della loro creatura.
Pertanto, durante queste visite, oltre a vedere con i propri occhi, bisogna necessariamente fare delle domande agli esperti.
E, ogni qual volta un pellegrino chiede all¹esperto di turno (spesso lo stesso gestore del termovalorizzatore) quanta diossina esce dai suoi camini, le risposte tipo (in ordine di accuratezza) sono:

1. Il nostro impianto non emette diossina
2. Una quantità non misurabile
3. Una quantità inferiore ai limite di legge

Di solito, queste risposte tranquillizzano gli autorevoli pellegrini che, ritornati nelle loro città, si sentono autorizzati a tuonare contro gli eco-terroristi che demonizzano questi impianti con la diffusione di notizie false e tendenziose sui loro presunti pericoli per la salute pubblica.
In verità, le notizie false o tendenziose o, quantomeno volutamente reticenti, sono proprio quelle fornite dai gestori ed elencate in precedenza.
In verità, queste bugie o mezze verità sono possibili anche per l¹imprecisa formulazione della domanda, il che non è una colpa (non tutti possono avere in tasca una laurea in Chimica). Basterebbe prima informarsi e chiedere alle persone giuste!


Le domande giuste

Quelle che seguono, sono le domande giuste che, durante le visite ai termovalorizzatori, un pubblico amministratore, attento agli interessi dei propri amministrati, dovrebbe formulare:

1. Quanti picogrammi di diossine emette giornalmente il vostro impianto?
2. Questo dato è il valore medio o il valore minimo da voi misurato?
3. Quante misure di diossine effettuate annualmente?
4. In base a quale criterio sono stati fissati i limiti di legge per le emissioni di diossine?

Prima di spiegare il senso di queste domande, riteniamo doveroso segnalare la singolarità delle procedure adottate in questi pellegrinaggi che, nelle intenzioni dichiarate, dovrebbero fornire una corretta informazione agli amministratori che devono decidere: l¹unico interlocutore a cui si fanno domande e dal quale si ricevono le informazioni è, quasi sempre, il gestore o il progettista dell¹impianto !
Ovvero, della serie: Se vuoi sapere se il vino è buono, chiedi all¹oste. Ricordiamo che persino nei processi di santificazione c¹è sempre l¹avvocato del diavolo che cerca di smontare i miracoli del candidato santo.
Tant¹è, questo è il nostro attuale stato della partecipazione democratica alle scelte e con questa sconsolante situazione dobbiamo fare i conti.
Adesso spieghiamo per quale motivo le nostre domande sono quelle giuste. Innazitutto, avrete notato che nella prima domanda abbiamo utilizzato una singolare unità di misura per valutare la quantità di diossine emesse dal termovalorizzatore: il picogrammo (pg).
Si tratta di un¹unità di misura del peso estremamente piccola: un picogrammo equivale ad un miliardesimo di milligrammo!
In particolare, le attuali normative europee prescrivono che in ogni metro cubo di fumi emesso da un termovalorizzatore ci possano essere, al massimo, 100 picogrammi di diossine.
Se si pensa che la quantità ammessa degli altri inquinanti si misura in milligrammi (un miliardo di volte più pesante), si spiega l¹alibi mentale di chi afferma che da un moderno inceneritore, in pratica, non escono diossine: -Sono talmente poche!-
La verità è che, per misurare le diossine, dobbiamo usare un¹unità di misura così piccola, perché la tossicità di questi composti è estremamente elevata, miliardi di volte maggiore rispetto ai normali inquinanti che producono automobili, motocicli o calderine!
Anche la risposta -Le diossine non sono misurabili-, apparentemente rassicurante, si fa velo del fatto che spesso, per ridurre i costi, i laboratori di analisi fissano il livello minimo di rilevabilità del loro metodo, poco al di sotto del valore limite.
Quindi, il gestore di un termovalorizzatore può affermare che le diossine nei fumi del suo impianto, in quanto inferiori al valore minimo determinabile stabilito dal laboratorio di controllo, non sono misurabili.
Ma ciò non significa affatto che questi composti siano assenti. Proviamo a fare un esempio.


Il vero impatto ambientale di un termovalorizzatore, le cui emissioni di diossine non sono misurabili.

Ipotizziamo che il laboratorio d¹analisi che effettua i controlli dei fumi dell¹inceneritore che scegliamo per questo esempio utilizzi un metodo analitico la cui concentrazione minima determinabile di diossine sia pari a 50 picogrammi per metro cubo, la metà del valore limite.
Supponiamo anche che l¹impianto da controllare emetta 40 picogrammi di diossine per ogni metro cubo di fumi uscito dal suo camino.
Effettuato il prelievo dei fumi e la loro analisi, il laboratorio, correttamente, certifica che la concentrazione di diossine emesso da questo impianto è inferiore al valore minimo determinabile del proprio metodo d¹analisi (50 picogrammi per metro cubo).
Pertanto, l¹impianto controllato rispetta i limiti (100 pg/m3) e può continuare la propria attività.

Ma è lecito ignorare quei 40 picogrammi di diossine che l¹inceneritore emette, solo perché le analisi non permettono una loro precisa misura e perché sono rispettati i limiti di legge?

Una prima risposta a questa domanda si può fare confrontando la concentrazione di diossine nei fumi (40 pg/m3) di questo ipotetico termovalorizzatore, con quella normalmente presente nell¹aria che respiriamo (da 0.05 a 0.5 pg/m3).
Nel nostro esempio, la quantità di diossine nell¹aria emessa dal camino sarebbe da 800 a 80 volte superiore a quella presente nell¹aria che lo stesso impianto preleva dall¹ ambiente esterno per bruciare-ossidare i rifiuti.
Insomma, il nostro inceneritore, pur rispettando i limiti di legge, inquina pesantemente l¹aria che utilizza e questo inquinamento è trasferito all¹ambiente esterno.
Eventuali obiezioni che la concentrazione di diossine presenti nei fumi diminuirà nel tempo e nello spazio, per la naturale dispersione e diluizione del pennacchio di fumo sono, in questo caso, ininfluenti.

Infatti, la maggiore quantità di diossine a cui ciascuno di noi è esposto si trova nel cibo che mangiamo. La quantità di diossine assorbite per inalazione d¹aria è molte volte minore della quantità assorbite con gli alimenti.

Le diossine sono caratterizzate da una elevata stabilità chimica e da un¹alta affinità con le sostanze grasse. Grazie a queste caratteristiche, le diossine, anche se inizialmente disperse nell¹ambiente, dopo la loro emissione si concentrano lungo la catena alimentare, in particolare nel pesce, nella carne, nei latticini, nel latte, compreso quello materno.
Pertanto, le diossine che escono dall¹inceneritore si accumulano progressivamente nell¹ambiente, e primo o dopo ce le ritroviamo nei nostri cibi.
Quindi, sarebbe più corretto, ai fini della protezione della salute, che i limiti di legge riguardassero la quantità di diossine emesse nell¹ambiente in un determinato tempo (ora, giorno) e non la loro concentrazione nei fumi.
Peraltro, proprio questo è il criterio adottato, nel 1997, dalla normativa giapponese e che stabilisce che, per ogni chilo di rifiuto bruciato, il rilascio totale di diossine nell¹ ambiente non deve superare la quantità di 5.000 picogrammi.
E nel conteggio delle diossine rilasciate, bisogna contare quelle presenti nei fumi, quelle presente nelle ceneri pesanti e quelle che si trovano nelle ceneri volanti trattenute dei filtri anti inquinamento.
Nella Tabella sequente sono riportate le quantità di diossine misurate in questi diversi comparti, in un moderno termovalorizzatore da 400 tonnellate al giorno, di produzione italiana. Tanto per capirci, uno di quei gioielli della tecnica assolutamente sicuri, a detta dei gestori, in quanto dotato del più efficace e complesso sistema di trattamento fumi: filtro a manica, scrubber umido a due stadi e impianto catalittico per il trattamento degli ossidi di azoto e delle diossine.

Flusso di diossine nei residui del termo-valorizzatore


Diossine
(pg/kg MPC)
%
Scorie
7.590
72.6
Ceneri boiler
580
5.6
Ceneri filtro a maniche
1.940
18.6
Fanghi
160
1.5



Fumi


Fase gassosa
150
1.5
Fase particellata
20
0.2



Totale
10.440
100


La Tabella mostra che in questo impianto, per ogni chilogrammo di rifiuti incenerito, si producono 10.400 picogrammi di diossine.
Pertanto, in Giappone, quest¹impianto non sarebbe stato autorizzato, in quanto la quantità complessiva di diossine prodotte è più che doppia, rispetto al limite fissato dal governo nipponico.
La stessa Tabella mostra che la maggior quantità di diossine (72.6%) si trova nelle scorie, o ceneri pesanti, e nelle ceneri trattenute dal filtro a maniche (ceneri volanti).
Si vede, inoltre, che per ogni chilogrammo di rifiuti bruciato, la quantità di diossine che esce con i fumi, sotto forma di gas e di polveri è di 170 picogrammi, corrispondente alla dose tollerabile giornaliera di un adulto di 85 chili di peso.
E poiché il termovalorizzatore che stiamo esaminando, ogni giorno, brucia 400.000 chili di rifiuti, la quantità di diossine che questo impianto produce ed immette nell¹ambiente con i suoi fumi è di 68 milioni di picogrammi!
Un diverso approccio per risolvere la valutazione dell¹impatto ambientale delle diossine è quello Belga.
Per garantire il rispetto della dose tollerabile giornaliera di diossine, stabilita dall¹Organizzazione Mondiale della Sanità a tutela della salute della popolazione (2 picogrammi per ogni chilo di peso corporeo), il Belgio intende proporre una norma in base alla quale

la quantità di diossine che giornalmente si deposita su di un metro quadrato di terreno dovrebbe essere compresa tra 3,4 e 10 picogrammi.

Se la deposizione al suolo di diossine rientra in questi valori, il loro accumulo lungo la catena alimentare (ad esempio: erba, latte, formaggio) dovrebbe garantire una contaminazione del nostro cibo a livelli tollerabili, in quanto inferiori ai citati valori stabiliti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità.


Quante diossine emette un inceneritore?

Ma quanti picogrammi di diossine emette giornalmente un inceneritore? Ovviamente, questa quantità dipende da quanti metri cubi di fumi emette giornalmente l¹impianto e questo volume dipende dalla quantità di rifiuti bruciati.

Più rifiuti sono bruciati, più aria è necessaria per la loro combustione completa, più fumi sono emessi dal camino.

Se la taglia del nostro inceneritore è quella tipica di un moderno termovalorizzatore (800 tonnellate di rifiuti termovalorizzati al giorno), il volume di fumi che questo impianto giornalmente immette in atmosfera è di 5.040.000 (cinque milioni quarantamila) metri cubi!
Abbiamo ipotizzato che ogni metro cubo di fumi di quest¹impianto contiene 40 picogrammi di diossine, quindi la quantità giornaliera di diossine immessa nell¹ambiente dal nostro termovalorizzatore equivale a 201.600.000 (duecento un milioni seicentomila) picogrammi.
Questo valore non è molto diverso da quello misurato realmente nel termovalorizzatore che ha fornito i dati di produzione di diossine utilizzati nella precedente Tabella. A parità di rifiuti bruciati giornalmente, la produzione di diossine di questo impianto reale sarebbe di 136.000.000 (cento trentasei milioni) di picogrammi.
Abbiamo visto che, attualmente, la dose tollerabile di diossine per un adulto di 70 chilogrammi è pari a 140 picogrammi al giorno.
Pertanto, la quantità di diossina emessa giornalmente dal nostro inceneritore virtuale (che, ricordiamo, rispetta a pieno i limiti di legge) equivale alla dose tollerabile di 1.440.000 (un milione quattrocento quarantamila) persone adulte.
E per rispettare il valore minimo di deposizione al suolo proposto dal Belgio (3.4 pg/m2) questa quantità di diossine, in assenza di altre fonti, dovrebbe essere uniformemente distribuita su circa 60.000.000 (sessanta milioni) di metri quadrati (pari a 6.000 ettari, ovvero 60 chilometri quadrati).
Come termine di paragone, ricordiamo che la quantità media di diossine che giornalmente cade su di un metro quadrato di area rurale è di 6 picogrammi e che la superfice della circoscrizione di Sestri è di 2.066 ettari.
Anche a fronte del pieno rispetto degli attuali limiti per le emissioni di diossine, questi numeri a noi suggeriscono grande prudenza nelle scelte per risolvere i problemi creati dal nostro attuale modo di produrre e smaltire rifiuti.
Al contrario, il nostro governo e quasi tutte le amministrazioni locali minimizzano il problema, invitano a continuare a consumare e a produrre rifiuti come prima e più di prima, e prevedono almeno un grande inceneritore per ognuna delle 103 province italiane.
Se queste previsioni si attueranno, la quantità di diossine che giornalmente emetterebbero i termovalorizzatori italiani potrebbe essere qualcosa come 20 miliardi di picogrammi (la dose massima tollerabile per oltre cento quaranta milioni di italiani adulti!).


Il rispetto dei limiti alle emissioni ci deve tranquillizzare?

A questo punto diventa importante rispondere correttamente alla quarta domanda:
<>
La risposta è desumibile da quanto riportato, nella Direttiva 2000/76/CE sull¹ incenerimento dei rifiuti approvata dall¹ Unione europea:

Œ¹I valori limite stabiliti dovrebbero prevenire o limitare, per quanto praticabile, gli effetti dannosi per l¹ambiente e i relativi rischi per la salute umana.¹¹

Questa frase è chiara e senza ombra di dubbio. A parte i cautelativi condizionali (dovrebbero), quel per quanto praticabile significa che i limiti alle emissioni hanno solo un significato tecnico: corrispondono alle concentrazioni più basse raggiungibili dalla termovalorizzazione con la migliore tecnologia al momento disponibile e, ovviamente, a costi accettabili per l¹azienda.
Siamo certi che la maggior parte dei nostri lettori hanno sentito i loro amministratori assicurare che l¹inceneritore che costoro volevano realizzare non avrebbe creato nessun problema alla salute, in quanto impianto rispettoso dei limiti di legge.
Ora dovrebbe essere chiaro a voi, come al sottoscritto, che questa affermazione è assolutamente falsa!
L¹infondatezza di questa affermazione, è testimoniata proprio dalla lunga storia degli inceneritori di rifiuti, iniziata alla fine dell¹800.
E¹ovvio che ogni tipo d¹inceneritore realizzato, d¹allora ad oggi, fosse rispettoso delle norme in vigore al momento della sua progettazione.
Ma tutte le norme ambientale, di solito, sono arretrate d¹almeno una decina d¹anni rispetto alle conoscenze scientifiche sull¹argomento. E queste conoscenze sono tutt¹altro che definitive.
E così, dopo decenni d¹uso, solo intorno agli anni 60 ci si è accorti che gli inceneritori emettono gas acidi pericolosi per la salute umana e dei vegetali. Normato e ridotto questo problema si è scoperto che gli inceneritori emettono anche metalli tossici e cancerogeni che si accumulano nell¹ambiente; poi si è scoperto che gli inceneritori erano anche la maggiore fonte di emissioni di diossine.
E mentre si cercava, con varia fortuna e costi crescenti, di ridurre l¹emissioni di metalli e diossine, l¹Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, confermava, definitivamente, l¹effetto cancerogeno di questi composti per l¹uomo.

Conseguentemente, l¹Organizzazione Mondiale della Sanità e l¹Unione Europea, riducevano la quantità di diossine fino ad allora tollerata nella dieta umana.
Invece, il limite alle emissioni di diossine negli inceneritori rimaneva, stranamente, identico a quello fissato prima del riconoscimento dell¹ effetto cancerogeno. La Tabella che segue sintetizza la sequenza temporale di questi eventi.

Cronistoria degli studi che hanno valutato gli effetti delle diossine
e norme per il contenimento di questi effetti.

1976
Incidente di SEVESO


1989
Direttiva UE per ridurre le emissioni degli inceneritori.
Diossine nei fumi: 100 pg/m3
1991
L¹ OMS fissa la dose giornaliera tollerabile di diossine a 10 pg/kg peso
1993
Il V piano d¹ azione della UE prevede di ridurre l¹emissioni di diossine del 90% entro il 2005, in tutti i paesi membri
1997
La IARC conferma che le diossine sono cancerogene per l¹uomo
1997
Il Governo Giapponese fissa i limiti di rilascio totale di diossine da inceneritori (5.000 pg/kg di materiale post consumo trattato)
1998
L¹OMS riduce la dose tollerabile giornaliera per l¹ uomo a
1 ­ 4 pg/kg peso
2000
Nuova direttiva UE su incenerimento.
Si conferma il limite alle emissioni di 100 pg/m3
2001
Strategia comunitaria sulle diossine:
la dose tollerabile giornaliera è stabilita a: 2 pg/kg peso


A pensar male, la scelta fatta dalla UE nel 2000 di confermare i limiti delle emissioni di diossine fissate nel 1989, quando ancora non era certo l¹effetto cancerogeno delle diossine, come pure il loro effetto di distruzione del sistema endocrino, nulla ha a che fare con la scienza e la tutela della salute umana.
Forse ci avviciamo di più alla verità, pensando che questa scelta sia dovuta al fatto che la maggior parte degli inceneritori realizzati tra gli anni 80 e 90 in Francia, Danimarca, Germania, Belgio (e che non hanno ancora ammortizzato i costi di investimento), non sarebbero in grado di rispettare con continuità, limiti più restrittivi.
Quanto le norme privilegino gli interessi delle imprese, piuttosto che quelli della comunità, è deducibile anche dalla singolare disposizione della normativa europea che fissa la frequenza di controlli di diossine ad un solo (sic) prelievo all¹anno!
La scusa è l¹alto costo di queste analisi. Tuttavia, è ovvio che, a fronte di un combustibile (i nostri materiali post consumo) caratterizzato da un¹estrema variabilità (umidità, potere calorifico, composizione chimica), un¹unica misura annuale non possa essere rappresentativa della quantità di diossine mediamente emessa da un termovalorizzatore.
E questo spiega i motivi per i quali sarebbe stato opportuno che, durante le visite ai termovalorizzatori, qualcuno faccia anche le domande numero 2 e numero 3.


Danni alla salute provocati dalle diossine

Per quanto riguarda i meccanismi d¹accumulo delle diossine lungo la catena alimentare, fino al latte materno, e sui rischi di cancro connessi con l¹esposizione a questi composti, rinviamo ad un nostro documento già presente in rete (http://www.village.it/italianostra/diossine.html).

Come già accennato, numerosi dati sperimentali pubblicati recentemente stanno dimostrando come l¹esposizione a diossine, oltre a diversi tumori, possa produrre altri effetti sulla salute umana, anche a dosi inferiori a quelle fino ad oggi stimate tollerabili.
La maggior parte dei nuovi effetti studiati ed attribuili all¹esposizione a diossine, riguardano la delicata sfera sessuale.

L¹aspetto più preoccupante di questi studi è che gli effetti indesiderati, prodotti dalle diossine, si verificano spesso a seguito d¹esposizione croniche di tipo non professionale e a dosi molto basse.


Effetti dell¹esposizione perinatale a diossine.

Nell¹arco della vita, la dose più elevata di diossine si assume subito dopo la nascita, con il latte materno. Si tratta d¹una informazione sconcertante che, se non deve far rinunciare ai vantaggi dell¹allattamento materno, non può essere ignorata.
Uno studio olandese, effettuato tra il 1990 e il 1992, ha voluto valutare se l¹esposizione a diossine durante la gestazione e l¹allattamento potesse avere effetti sul comportamento dei bambini.
Motivo di questo studio è che le diossine hanno anche un effetto neurotossico e possono interferire con gli effetti degli ormoni che regolano lo sviluppo sessuale.
In base alle misure di diossine effettuate su campioni di sangue delle mamme e del cordone ombelicale e nel latte materno, si sono individuati i soggetti maggiormente esposti a diossina tra 160 bambini e bambine che hanno partecipato allo studio.
L¹oggetto di studio è stato il comportamento di questi bambini durante il gioco e il risultato è stato che una maggiore esposizione a diossine durante l¹ allattamento, produce una maggiore frequenza dei giochi ³femminili², sia nei maschi che nelle femmine.


Esposizione a diossine e sviluppo puberale

Duecento adolescenti residenti in Belgio, in due zone periferiche inquinate ed in una zona rurale di controllo, hanno partecipato a questa indagine che ha controllato l¹ andamento del loro sviluppo puberale. Analisi del sangue hanno permesso di valutare l¹ entità della loro esposizione a diossine.
Nel quartiere vicino a due inceneritori, lo sviluppo puberale dei maschi è risultato statisticamente più lento. Analogo fenomeno nelle ragazze (ritardato sviluppo del seno) che abitavano questo stesso quartiere.
Il maggior rallentamento nello sviluppo puberale di maschi e femmine si è registrato nei soggetti con più alta concentrazione di diossina nel sangue.


Esposizione a diossine e sesso dei figli.

L¹esposizione a diossine di 200 lavoratori russi impiegati nella produzione di erbicidi è stata valutata, misurando la concentrazione di questi composti nel loro sangue.
La loro esposizione a diossine risultava maggiore di 30 volte rispetto al resto della popolazione non esposta professionalmente.
Nella prole dei lavoratori esposti si è constatata una prevalenza di figlie femmine rispetto ai figli maschi, significativamente diversa dal rapporto maschi/femmine nella prole di un gruppo di controllo non esposto a diossine.


I pareri della Commissione Europea sull¹incenerimento dei rifiuti.

Con riferimento a questi ed altri studi, l¹Unione Europea ha già prodotto diversi documenti sull¹ incenerimento dei rifiuti che, tuttavia i nostri governi sembrano ignorare. Riportiamo alcuni passi significativi:

Comunicazione della Commissione al Consiglio
Strategia comunitaria sulle diossine 2001/C322/02

· Sembra che le caratteristiche tossiche delle sostanze (Diossine n.d.r.) siano state sottovalutate: recenti dati epidemiologici, tossicologici e sui meccanismi biochimici, riferiti agli effetti sullo sviluppo cerebrale, sulla riproduzione e sul sistema endocrino hanno dimostrato che gli effetti delle diossine e di alcuni Policloro Bifenili (PCB) sulla salute umana sono molto più gravi di quanto precedentemente supposto, anche a dosi estremamente ridotte.

La dose giornaliera tollerabile è fissata a 2 pg/kg peso corporeo

I valori medi di diossine assunti giornalmente con la dieta, nell¹ Unione Europea, sono compresi tra 1,2 e 3 pg/kg di peso corporeo.

In una parte considerevole della popolazione europea l¹esposizione a diossine e a PCB diossino-simili supera la dose tollerabile settimanale.


Direttiva 2000/76/CE sull¹ incenerimento dei rifiuti.

Misure più restrittive dovrebbero ora essere adottate per la prevenzione e la riduzione dell¹ inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e le direttive attuali (89/369/CEE) dovrebbero pertanto essere abrogate.



Conclusioni

Se l¹esposizione a diossine presenta i problemi segnalati e può essere un reale fonte di rischio per la nostra salute anche a dosi molto basse, quale senso ha, per l¹Italia, imbarcarsi in quest¹avventura?
Non hanno insegnato nulla i disastri economici ed ambientali di Francia, Belgio e Giappone (peraltro abilmente ignorati dalla stampa nostrana) che hanno dovuto spegnere decine d¹impianti d¹incenerimento, responsabili di grave inquinamento di terreni e di alimenti e che hanno dovuto affrontare costi enormi per ammodernare centinaia di altri impianti, incapaci di rispettare limiti di emissione più restrittivi di quelli esistenti al momento della loro costruzione (anni 70- 80)?
Siamo sicuri che a fronte dei nuovi risultati sperimentali sugli effetti sanitari delle diossine non si dovranno fissare limiti ancora più restrittivi ?
Non è una fortuna per il nostro paese non avere privilegiato, fino ad oggi, l¹incenerimento per gestire i nostri rifiuti e non aver quindi vincoli occupazionali ed economici per intraprendere nuove ed innovative vie per risolvere alla radice il problema rifiuti, senza ricorrere all¹ incenerimento?

La realizzazione in Italia di un centinaio di nuovi inceneritori, anche se meno inquinanti di quelli che erano ³gioielli della tecnica² solo pochi anni or sono, inevitabilmente, aumenterebbe la quantità di diossine prodotte dal nostro paese come pure la dose giornaliera di diossine assunta dalla nostra gente attraverso gli alimenti ed il latte materno.
Questa scelta vanificherebbe i risultati ottenuti anche nel nostro paese, nella lotta contro le diossine. Infatti, in tutta Europa la chiusura di produzioni inquinanti, i miglioramenti tecnici introdotti nella produzione d¹acciaio, l¹uso esteso di marmitte catalittiche, hanno ridotto significativamente le emissioni di diossine e contemporaneamente la contaminazione dei nostri cibi.

Che senso ha aggiungere questo ulteriore rischio, quando non siamo assolutamente obbligati ad incenerire i nostri cosidetti rifiuti? (http://www.village.it/italianostra/pianorif/index.html)


Un modo per evitare di fare quest¹errore è anche quello di diffondere queste informazioni al maggior numero possibile di persone che conoscete.

Fatelo prima che, con la costruzione dei termovalorizzatori e la sottoscrizione dei contratti ventennali che fisseranno le quantità di rifiuti che i Comuni dovranno obbligatoriamente fare incenerire, non sarà più possibile tornare indietro.

E se pensate di aver bisogno di qualche spiegazione, se avete specifiche domande, non esitate, sono a vostra disposizione all¹indirizzo:
mailto:federico@village.it

Federico Valerio

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