Giorni dalla firma tra Italcementi ed i Comuni

NON HANNO FIRMATO I SINDACI DI : Paderno d'Adda e Solza . HANNO FIRMATO : Calusco d'Adda, Cornate d'Adda, Imbersago, Medolago, Parco Adda Nord, Robbiate, Verderio Inferiore, Verderio Superiore, Villa d'Adda, Dopo più di 1.000 giorni dalla firma ,il 4 Maggio 2012 non si hanno notizie sulla ferrovia . Solo ombre su questo accordo fantasma , polvere , puzza, inquinamento . http://calusco.blogspot.it/2012/05/comunicato-stampa-tavolo-italcementi.html

Countdown alla ferrovia

il tempo e' finito del collegamento ferroviario nessuna notizia ,Piu' di 1.000 giorni TRE ANNI e nulla di fatto, meditate .

Friday, July 29, 2005

La Lega Nord di Robbiate ringrazia i cittadini per la battaglia ``Italcementi``

La Lega Nord di Robbiate ringrazia i cittadini per la battaglia ``Italcementi``


La Lega Nord Robbiate ringrazia tutti i cittadini e partecipanti per la splendida riuscita del gazebo di domenica 24 Luglio. La battaglia della Lega Nord contro il progetto dell` Italcementi, di utilizzare rifiuti tossico-nocivi come combustibili alternativi , e` cominciata nel migliore dei modi, visto l`altissimo numero di firme raccolte a sostegno dell`iniziativa. L`affetto e la determinazione manifestati dalle persone dimostrano come la Lega Nord sia l`energia vitale della politica. Come preannunciato questo sara` solo l`inizio di una massiccia campagna informativa sui pericoli causati ai cittadini da questo progetto, in settembre gazebo verranno istituiti in ogni paese coinvolto , verra` inoltre attuato un volantinaggio capillare sul territorio affinche` i cittadini possano essere padroni del proprio futuro e delle loro libere scelte contro le lobby economico industriali che antepongono i propri interessi al bene comune. Con l`occasione ringraziamo le numerose persone che oltre a firmare la petizione, si sono tesserate per il nostro movimento,a dimostrazione di come il tema della sicurezza ambientale sia molto sentito dai cittadini e vengano premiate le nostre battaglie di liberta` e di tutela dei diritti dei cittadini. Si ringrazia la Circoscrizione di Merate e la vicina sezione di Olgiate per il prezioso contributo fornito alla splendida realizzazione della manifestazione.

il Segretario Marco Benedetti

Wednesday, July 27, 2005

rogeno L'ok della Regione alla cementeria suscita molte proteste fra le amministrazioni e le associazioni ambientaliste La «Holcim» brucia tonnellate

LA PROVINCIA DI LECCO 26 07 05


rogeno L'ok della Regione alla cementeria suscita molte proteste fra le amministrazioni e le associazioni ambientaliste La «Holcim» brucia tonnellate di fanghi: Comuni in guerra


ROGENO (d. bon.) Nuove polemiche intorno alla cementeria di Merone. Dopo le controversie dei mesi scorsi, legate alla possibilità per la cementeria di bruciare nei propri forni la spazzatura ridotta in Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti), a far discutere è l'approvazione di un nuovo provvedimento del Pirellone. Un provvedimento con il quale la Regione ha concesso alla Holcim il permesso di bruciare 13 mila tonnellate all'anno di fanghi prodotti dal trattamento delle acque, e contro il quale si sono subito scatenate le proteste dell'amministrazione e delle associazioni ambientaliste. A preoccupare gli abitanti e gli amministratori dei comuni intorno a Merone, le possibili conseguenze ambientali che la nuova attività potrebbe avere. «Se da un lato la Holcim sostiene che queste 13 mila tonnellate di fanghi del depuratore, considerati rifiuti non pericolosi, sostituiranno una quantità analoga di rifiuti pericolosi (costituiti da miscele oleose e da residui peciosi), - sottolineano i responsabili dell'associazione «Rete donne Brianza», con sede a Merone - dall'altro sembra ormai chiaro che la cementeria si sta trasformando a tutti gli effetti in un inceneritore per rifiuti». Cambiamento che preoccupa soprattutto «perché - proseguono i responsabili dell'associazione - ciò significa che le sue scelte strategiche future verranno guidate dalla maggiore o minore convenienza economica nello smaltimento di questo o quel rifiuto, indipendentemente dalla sua pericolosità per la salute dei cittadini». Ma non solo. Perché le eventuali conseguenze ambientali dell'attività di incenerimento dei rifiuti, «andrebbero a incidere su un'area come la nostra, che - sottolinea il vicesindaco di Rogeno e consigliere provinciale per i verdi Rocco Pugliese - già nel 1988 veniva considerata ad alto rischio ambientale». Da qui la preoccupazione degli amministratori locali, che storcono il naso di fronte alla possibilità di incenerire «una quantità enorme di fanghi dei quali non è data sapere la provenienza», -sottolinea Pugliese. Ma tra i motivi di insoddisfazione indicati dall'amministrazione rogenese c'è anche «una questione di metodo. - spiega il vicesindaco - Oltre a non coinvolgere nel procedimento amministrativo i Comuni della provincia sui quali ricadranno le conseguenze ambientali della cementeria, infatti, la Regione non risponde nemmeno alle istanze delle amministrazioni locali. Un fatto grave, dimostrato dalla mancanza di risposte a una nostra obiezione datata maggio 2001, con la quale avevamo presentato una petizione al Consiglio regionale contro le attività di incenerimento di farine animali nei forni della cementeria».

Tuesday, July 26, 2005

merone così le minoranze dopo che la loro mozione sul tema non andrà in consiglio fanghi in cementeria: «chiamiamo il prefetto»

LA PROVINCIA DI LECCO 25 07 05


merone così le minoranze dopo che la loro mozione sul tema non andrà in consiglio fanghi in cementeria: «chiamiamo il prefetto»

-Merone promettono di arrivare fino al prefetto di como, se sarà necessario, pur di riuscire a ottenere una discussione pubblica sul tema dei fanghi da depurazione utilizzati in cementeria con il beneplacito - dicono loro - del comune, gli esponenti del gruppo “progetto democratico”, da settimane in attesa di potersi confrontare con la maggioranza su questo delicato tema. «è gravissimo e contro ogni regola democratica che la maggioranza e in particolare il sindaco continuino a sfuggire un confronto pubblico su un tema così delicato, che interessa da vicino tutti gli abitanti di merone – spiega alfredo fusi per la minoranza – l'ultima conferma di questo atteggiamento, in ordine di tempo, l'abbiamo avuta sabato, quando è arrivata la convocazione del consiglio comunale (in programma domani sera alle 21) senza l'inserimento all'ordine del giorno delle mozioni presentate dal nostro gruppo, una delle quali riguardava proprio l'autorizzazione data dal comune all'utilizzo di questi fanghi». «avevamo presentato tutto con ampio anticipo - prosegue fusi -, proprio per poter discutere del tema nel primo consiglio comunale utile; solo che il sindaco pietro brindisi, utilizzando una interpretazione assolutamente restrittiva del regolamento del consiglio, ha deciso di far slittare la nostra richiesta. e così i cittadini di merone, per sapere come mai il comune ha autorizzato questa richiesta della cementeria senza avviare un confronto pubblico, e che fine hanno fatto i progetti di messa in sicurezza del lambro, per realizzare i quali la passata amministrazione aveva ottenuto un finanziamento dal ministero dell'ambiente di 2 milioni e mezzo di euro, dovrà attendere fino al prossimo settembre». il tentativo dunque sarebbe quello di «imbavagliare l'opposizione», secondo “progetto democratico”, che ora si dice pronto a mobilitare anche il prefetto di como. «se il sindaco pensa in questo modo di obbligarci al silenzio si sbaglia di grosso – aggiunge fusi – vogliamo sapere come mai nel dicembre dello scorso anno ha dato l'assenso all'utilizzo di questo nuovo combustibile, quando in campagna elettorale aveva assunto posizioni diverse, senza di fatto informare nessuno, men che meno il consiglio comunale. vogliamo sapere su quali basi tecnico-scientifiche è stata compiuta questa scelta e come mai non ha pensato di coinvolgere o almeno informare la commissione ambiente, che si occupa anche di questi temi». «di certo - conclude fusi per la minoranza del gruppo di “progetto democratico” - non è sfuggendo al confronto che si fa democrazia, e di questo siamo pronti a lamentarci anche di fronte al prefetto di como, per chiedere a lui se è possibile accettare un simile sistema di amministrare la cosa pubblica». dal canto suo l'amministrazione si è giustificata sostenendo che le mozioni presentate non erano accettabili visto che, a norma dello statuto, erano state presentate senza rispettare i venti giorni di anticipo rispetto alla convocazione del consiglio comunale. ro. can.

Friday, July 22, 2005

Robbiate: «No all'inceneritore» La Lega Nord scende in piazza

la provincia di lecco 21 07 05


Robbiate: «No all'inceneritore» La Lega Nord scende in piazza


ROBBIATE (f.a.) La Lega Nord scende in piazza per bloccare l'ipotesi che l'impianto Italcementi di Calusco D'Adda utilizzi rifiuti tossici e nocivi come combustibile per la produzione di cemento. La sezione di Robbiate e la circoscrizione di Merate hanno organizzato per domenica un gazebo in via Sant'Elena a Robbiate dalle 9 alle 12,30. Si tratta del primo di una lunga serie di iniziative che il movimento intende promuovere per bloccare sul nascere l'idea. E domenica sarà avviata anche una raccolta firme. Attraverso la petizione, si spera così di poter contrastare il progetto che ha già sollevato numerose proteste. La Lega Nord, infatti, ritiene che i cittadini non siano disposti ad accettare un inceneritore privato per lo smaltimento dei «peggiori rifiuti industriali provenienti da tutta la Lombardia, con effetti nefasti per la sicurezza e la salute» di tutti. Alla prima delle numerose giornate di protesta prenderanno parte il consigliere regionale Giulio De Capitani, i consiglieri provinciali Antonello Formenti e Rosagnese Casiraghi e il commissario di circoscrizione Marco Fumagalli.

Tuesday, July 19, 2005

Italcementi investe anche a Rezzato


Italcementi investe anche a Rezzato170 milioni per un impianto più ecologico



Il gruppo Italcementi progetta una crescita in Italia. Dopo il completamento l’anno scorso degli interventi a Calusco, il gruppo ha presentato un analogo progetto di riammodernamento della cementeria bresciana di Rezzato che con l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili sul mercato permetterà una crescita della capacità produttiva e allo stesso tempo un miglioramento della situazione ambientale.
L’intervento proposto consiste nella realizzazione, con un investimento di circa 170 milioni di euro, di una nuova linea produttiva del cemento grigio in sostituzione delle attuali due, per arrivare a una capacità produttiva di 1,6 milioni di tonnellate annua. Il nuovo impianto, a conclusione dell’iter autorizzativo e della costruzione vera e propria (due anni di lavoro), potrebbe entrare in funzione nel 2009La nuova linea produttiva ridurrà tra il 20 % e l’80% tutte le emissioni della cementeria, con performances migliori anche rispetto alle nuove direttive comunitarie recepite dal Parlamento Italiano.Le amministrazioni locali di Rezzato e Mazzano hanno ricevuto lo Studio di impatto ambientale (Sia - realizzato dal Politecnico di Milano) il cui iter valutativo è stato formalmente avviato con la pubblicazione dell’avviso di avvenuto deposito della documentazione presso gli enti regionali, provinciali e comunali. L’iter prevede poi una serie di incontri tecnici e di informazione a livello locale e regionale per mettere a punto il progetto finale. In questa fase Italcementi esaminerà e valuterà tutte le eventuali osservazioni alla proposta iniziale presentata. Due le soluzioni di intervento progettate: una all’interno dell’attuale area della cementeria e una all’esterno nell’area Sud adiacente all'impianto, entrambe in aree di proprietà Italcementi. La produzione prevista è di 4.000 tonnellate di clinker (la base per il cemento) al giorno. La riduzione a un unico punto delle emissioni oltre a permetterne un miglior controllo (con un monitoraggio in continuo 24 ore su 24 delle emissioni in atmosfera), porterà a una riduzione delle emissioni di polveri del 21%, di biossido di zolfo dell’ 80 %, di ossidi di azoto del 23%.

Sunday, July 17, 2005

Lega: No all’inceneritore dei rifiuti tossici Italcementi

Lega: No all’inceneritore dei rifiuti tossici Italcementi

Con riferimento all` inquietante vicenda dello smaltimento di rifiuti tossico-nocivi, utilizzati come combustibili alternativi da parte della ditta Italcementi di Calusco d’Adda per la produzione di cemento, la Lega Nord dichiara la propria assoluta contrarieta’ a tale progetto. Un progetto destinato ad arricchire solo ed esclusivamente l’azienda Italcementi S.p.a., ma che andrebbe ad aumentare la già non rosea situazione ecologico-ambientale dei territori dell’isola e del meratese; zone densamente popolate e dove è già stata riscontrata una mortalità per carcinoma superiore alla media nazionale. Non entrando nel merito della funzionalita’ dell’impianto, in condizioni normali di lavorazione, rimane concreta e allarmante l’ipotesi, in caso di guasto, di avere una nuova Icmesa a trent’anni dal dramma di Seveso. Inoltre il trasporto su gomma e lo stoccaggio di materiali altamente infiammabili in una zona così densamente popolata, metterebbe a repentaglio l’incolumita’ dei cittadini in caso di un eventuale e prevedibile incidente. L’Italcementi e’ uno stabilimento di produzione di materiale per l’edilizia e tale deve rimanere. Non ha alcuna senso creare un inceneritore privato che smaltirebbe i peggiori rifiuti industriali provenienti da tutta la Lombardia senza che il territorio che se ne accolla l’onere ne abbia vantaggio alcuno. La Lega Nord e’ da sempre al fianco dei cittadini nelle battaglie a salvaguardia dei loro diritti, in primis quello alla salute. Il nostro movimento si battera’ ad ogni livello istituzionale per impedire che tale iniziativa abbia realizzazione, si ergera’ ad assoluto difensore dell’ambiente ,della salute dei cittadini e dei loro sacrosanti diritti. Partira’ una campagna informativa in tutto il territorio interessato, sui pericoli e sulla natura di questi rifiuti; gazebo saranno istituiti in ogni paese coinvolto, affinche’ i cittadini possano riappropriarsi del loro futuro, contro le lobby economiche industriali che intendono sovrapporre i loro interessi al bene comune. Lega Nord, il coraggio e l’onesta’; da sempre baluardo delle volonta’ e dei diritti democratici dei cittadini.

Friday, July 15, 2005

Verderio Sup.: Italcementi monopolizza l’informatore

Verderio Sup.: Italcementimonopolizza l’informatore


A seguito delle intenzioni dell’impianto Italcementi di utilizzare altro materiale all’interno dell’inceneritore, le amministrazioni comunali dei paesi limitrofi si stanno mobilitando ormai da tempo per informare i cittadini sugli eventuali rischi. A Verderio Superiore l’ultimo numero dell’informatore comunale è stato interamente dedicato alla questione.

LE PROPOSTE DI ITALCEMENTI
Il Gruppo Italcementi è una società multinazionale che produce prevalentemente cemento e calcestruzzo. Recentemente, ha proposto di sostituire, nel suo stabilimento di Calusco D’Adda (Bergamo), parte dei combustibili impiegati nel proprio processo produttivo (carbone e coke di petrolio) con combustibili costituiti da diverse tipologie di rifiuti (materiali non altrimenti recuperabili e caratterizzati da elevato potere calorico), sino ad un totale pari al 55% del fabbisogno termico del forno della cementeria. Le attività proposte, nell’ambito di un programma finalizzato al risparmio energetico, sono diversamente regolamentate dalla normativa ambientale italiana e seguono diversi iter per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie all’esercizio.
AUTORIZZAZIONI E COMPETENZE
Novembre 2004: presentazione istanza a Provincia di BG per utilizzo di CDR (Combustibile Da Rifiuti).Al Comune di Calusco, all’ASL e ARPA, Italcementi trasmette la documentazione per l’espressione di un parere. La Provincia di Bergamo deve verificare che siano rispettate le condizioni in ordine alle quantità massime impiegabili, alla provenienza, tipi e caratteristiche dei rifiuti utilizzabili ed alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e pregiudizio all’ambiente.Dicembre 2004: avvio della procedura VIA (Valutazione Impatto Ambientale) per l’utilizzodei rifiuti.
L’autorizzazione è di competenza della Regione Lombardia ed è subordinata alla V.I.A. di competenza ministeriale. La procedura ha carattere pubblico; si possono presentare osservazioni allo Studio di Impatto Ambientale redatto dal proponente. Gli Enti Locali esprimono il loro parere nell’ambito di una Conferenza di Servizi coordinata dalla Regione che ne riporta le conclusioni al Ministero dell’Ambiente. Se il progetto supera la fase della verifica di compatibilità ambientale ha inizio l’iter autorizzativo regionale; anche in questo caso gli Enti Locali partecipano attraverso la Conferenza di Servizi.
A CHE PUNTO SIAMO ?
Il Comune di Calusco D’Adda ha coinvolto 15 Comuni limitrofi nella fase di analisi del progetto e di elaborazione delle osservazioni. Da gennaio 2005 è in corso l’approfondimento tecnico-politico richiesto dai Comuni, tra cui Verderio Superiore, per le valutazioni preliminari. Ad aprile è iniziata la fase di confronto con Italcementi per la definizione degli impatti ambientali. A seguito delle richieste dei Comuni, Italcementi ha sospeso sino allo scorso 30 aprile le procedure “formali” dei due iter autorizzativi attivati. Un primo esito si è ottenuto con la decisione dell’azienda di riformulare parzialmente le proprie proposte. Nel mese di maggio è stata ripresentata istanza per l’utilizzo di CDR (con dilazione della scadenza ad agosto). Inoltre è in fase di revisione lo Studio di Impatto Ambientale relativo all’utilizzo di rifiuti pericolosi che consentirà di rinegoziare i tempi per le osservazioni.Per la procedura CDR, il Comune di Calusco ha presentato le proprie osservazioni alla fine di giugno per consentire alla Provincia di Bergamo di esprimere una decisione entro il prossimo agosto. Per la procedura rifiuti pericolosi, dopo la revisione del SIA (Studio Impatto Ambientale) seguirà il periodo delle osservazioni e quindi l’iter ministeriale per la compatibilità ambientale. Poi riprenderà l’iter regionale, che costituisce una variante agli strumenti urbanistici comunali. Il Comune di Calusco non ha competenze dirette e poteri autorizzativi.
COSA SONO CDR, ECOFLUID, RASF ?
Il CDR (Combustibile da Rifiuti) deriva dal trattamento di bioessicazione dei rifiuti urbani.Proviene da impianti situati in Lombardia e si presenta in forma solida, a pezzatura variabile (circa 20 mm) .A norma di legge, deve essere trattato con un contenuto massimo di umidità e con contenuto definito di contaminanti (es. cloro, metalli pesanti).Il CDR è costituito prevalentemente da carta, cartone, plastiche, legno e materia organica non degradata nel processo di trasformazione. E’ classificato rifiuto speciale ma recenti normative ne prevedono la derubricazione da rifiuto a combustibile, liberalizzandone quindi l’utilizzo.ECOFLUID è una miscela di solventi residui della produzione di resine, vernici, materie plastiche e soluzioni da produzione di intermedi chimici e farmaci di elevato potere calorifico. Viene prodotto in un centro di trattamento di Filago (BG) che garantisce la composizione entro intervalli prestabiliti. E’ stato impiegato in due dei 4 vecchi forni della cementeria di Calusco nel periodo 1994 – 2002; il suo impiego è stato sospeso in attesa della realizzazione del nuovo impianto.RASF è una miscela di residui altobollenti dalla produzione di stirene e fenolo, ad elevato potere calorico, fornita da uno stabilimento in Mantova; deve essere mantenuto ad idonea temperatura per garantire la necessaria fluidità.ECOFLUID e RASF sono classificati “rifiuti pericolosi” sulla base della loro provenienza e delle caratteristiche chimico-fisiche che possono rendere potenzialmente pericolose alcune fasi del loro impiego e movimentazione. E’ previsto il loro impiego per circa il 40% del fabbisogno termico del forno. Il conferimento dei rifiuti allo stabilimento è previsto via gomma (autoarticolati). Il trasporto di CDR, considerando la sottrazione del corrispondente combustibile da petrolio, comporterà l’incremento medio di 3 autoarticolati/giorno nell’area bergamasca. Il trasporto di ECOFLUID/RASF, comporterà un aumento pari a circa 50 autoarticolati l’anno.Lo stoccaggio dei rifiuti è previsto in strutture dedicate, quali serbatoi inertizzati per i rifiuti liquidi, un apposito capannone per il CDR e strutture presidiate per garantire il contenimento di rischi ed impatti. L’alimentazione avverrebbe sia al bruciatore primario che al calcinatore con sistemi di trasporto chiusi e con meccanismi di dosaggio. Le ceneri della combustione saranno inglobate nel prodotto finito o trattenute dai presidi depurativi.

I BENEFICI PROSPETTATI DA ITALCEMENTI
• Risparmio di risorse non rinnovabili (carbone e coke di petrolio), in linea quindi con gli orientamenti normativi e con l’esigenza di rispetto di protocolli internazionali (es. Kyoto).• Caratteristiche del processo (alte temperature ed elevati tempi di permanenza dei gas) che garantiscono la completa distruzione dei contaminanti.• Assenza di residui di combustione dovuto all’inglobamento degli stessi nel prodotto finito senza modifiche qualitative del cemento.• Non variazione qualitativa e quantitativa delle emissioni che risultano indipendenti dalla tipologia di combustibile o rifiuto alimentato.• Significativo abbattimento delle emissioni di Ossidi di Azoto dovuto alle migliorate condizioni di combustione.• Non variazione delle emissioni di altri contaminanti (polveri, ossidi di zolfo, acido cloridrico,..) rispetto alla situazione attuale.
LE PREOCCUPAZIONI DEGLI ENTI LOCALI
Gli Enti locali e le Associazioni ambientaliste hanno subito manifestato preoccupazione per il nuovo progetto del cementificio. L’avvio degli attuali impianti (2003) è stato accompagnato da un monitoraggio ambientale che ha rilevato, a fronte di un miglioramento delle emissioni al camino, una criticità della qualità dell’aria riscontrata al suolo. Primaria è stata quindi l’esigenza di valutare in modo “sostanzialmente unificato” le proposte che Italcementi ha avanzato (peraltro a norma di legge) in modo disgiunto. Alcune proposte non sono sufficientemente supportate da dati e dimostrazioni necessari per comprendere l’impatto sulla qualità dell’aria e del rumore causato dal traffico. Oltre i benefici generali prospettati da Italcementi non sono individuate forme di mitigazione e compensazione a livello territoriale per i Comuni coinvolti, a fronte dei sicuri ritorni economici per l’azienda. Lo studio condotto da Italcementi poteva essere l’occasione per una “valutazione critica” della propria presenza sul territorio.
LE CRITICITA’ SIA (STUDIO IMPATTO AMBIENTALE)
Ai sensi della legge vigente lo Studio di Impatto Ambientale deve essere articolato in un quadro di riferimento programmatico, progettuale e ambientale. • Quadro di riferimento programmaticoNello Studio nessun cenno viene fatto per inquadrare il progetto nel sistema normativo regionale della gestione dei rifiuti speciali (dati di produzione, attuale sistema impiantistico). Non sono stati considerati tutti gli strumenti di programmazione e gestione del territorio (es. nessun cenno al Piano Territoriale della Provincia di Bergamo). • Quadro di riferimento progettualeMancano informazioni precise sulla qualità dei rifiuti da impiegare, sulle variazioni qualitative nelle composizioni, sulle procedure da adottare per garantire il controllo e per verificare standard elevati di qualità del CDR. Per il conferimento dei rifiuti il percorso ipotizzato dei camion non è ritenuto proponibile e non viene evidenziata la possibilità di conferimento in orari a minor traffico lungo le arterie stradali interessate. Mancano valutazioni sul possibile trasporto a mezzo ferrovia. • Quadro di riferimento ambientale Nello Studio viene riportata la descrizione delle esperienze condotte in altri stabilimenti del Gruppo Italcementi in merito al coincenerimento ma mancano esperienze in cui siano trattati i rifiuti in oggetto: tutte le esperienze trattate si riferiscono ad una alimentazione di rifiuti sino ad un massimo del 25% del fabbisogno del processo (55% del caso in oggetto).Si ritiene necessario un approfondimento della trattazione in relazione alle emissioni di microinquinanti. Gli approfondimenti condotti in merito al SIA hanno evidenziato carenza di dati ed informazioni riferite al complesso delle emissioni dallo stabilimento Italcementi e non hanno descritto il contesto in cui la proposta andrebbe ad inserirsi: non sono individuate nell’ indagine le importanti fonti di emissione già presenti (inceneritori di Dalmine, Trezzo, Filago).Per gli impatti ambientali i Comuni e gli Enti istituzionali chiedono di evidenziare :• un confronto con le migliori tecnologie disponibili; • rigorosi limiti di emissione; • continui miglioramenti delle prestazioni.

OSSERVAZIONI DEL TAVOLO TECNICO E RISPOSTE ITALCEMENTI
Il Tavolo tecnico ha proposto soluzioni più compatibili con la tutela dell’ambiente e della salute. Pur consapevoli del ruolo marginale degli Enti Locali nel processo decisionale si ritiene opportuno individuare una serie di “punti fermi”. ltalcementi ha espresso un giudizio articolato in merito alle osservazioni presentate:Alcune osservazioni diverranno oggetto di approfondimento in sede di revisione SIA. Tra le più significative: uno studio sui sistemi di trasporto di materie prime e prodotti finiti, una più completa trattazione degli aspetti qualitativi dei rifiuti trattati e delle esperienze di coincenerimento, l’inclusione tra gli scenari di rischio delle ipotesi di ribaltamento dei mezzi conferenti rifiuti pericolosi, la normativa regionale e provinciale in corso di definizione nella gestione dei rifiuti speciali. Altre osservazioni dovranno essere oggetto di specifici approfondimenti “extra SIA”:valutazione del complesso delle emissioni dello stabilimento; approfondimenti delle tematiche ambientali/territoriali, raccordo ferroviario per la ricezione di coke e loppa al fine di diminuire i conferimenti via camion, più economici per l’azienda.Le pubbliche amministrazioni chiedono a Italcementi di presentare il piano industriale relativamente all’entità dei risparmi economici ottenibili attraverso i nuovi combustibili per permettere a livello locale una corretta valutazione delle proposte per le compensazioni rese necessarie dalle esternalità prodotte dall’azienda. Per le osservazioni relative ai processi produttivi Italcementi ribadisce :• la piena idoneità dell’impianto al trattamento dei rifiuti; • non sussistono preoccupazioni per le emissioni di microinquinanti; • gli attuali livelli emissivi non saranno alterati dalla combustione di rifiuti; la fase sperimentale da condurre sulla base di uno specifico protocollo consentirà di confermare tali previsioni.Non sono state recepite dall’azienda le osservazioni avanzate dagli Enti sui seguenti aspetti :• Viabilità – sostiene che la nuova tangenziale sud di Calusco risolverà i problemi. • Mitigazioni e compensazioni – ritiene improprio parlarne, dato che non vi sono impatti aggiuntivi. Vengono però segnalati interventi che sono stati progettati, e in parte realizzati, indipendentemente dall’iniziativa in oggetto (tangenziale sud, tunnel Colle Pedrino). • Salute pubblica – sostiene che per il CDR, l’ASL ha già espresso parere favorevole. La valutazione, per gli Enti Locali , deve essere ricondotta ad una situazione iniziale, anche se non del tutto conosciuta ed in fase di aggiornamento, includente anche l’inquinamento prodotto dai camion.
LA POSIZIONE DEL COMUNE DI VERDERIO SUPERIORE
Vi informiamo, in sintesi, circa le azioni intraprese dal Comune di Verderio Superiore:In data 27 gennaio 2005 il Consiglio Comunale ha deliberato all’unanimità (maggioranza e minoranze) di chiedere:
1. A Italcementi di sospendere l’utilizzo di combustibili non tradizionali e potenzialmente pericolosi, in attesa di ottenere le autorizzazioni già richieste agli Enti preposti; 2. Alle strutture incaricate della verifica della pericolosità e del rischio potenziale di tali pratiche, di intensificare i controlli; 3. Al Comune di Calusco d’Adda di tenere costantemente informati i Comuni interessati circa gli sviluppi della questione e di indire apposite assemblee informative aperte a tutti gli enti coinvolti.”
In data 9 aprile 2005 il Sindaco e tutti i Gruppi consiliari di Verderio Superiore hanno richiesto a Italcementi di prorogare la sospensione della sperimentazione in attesa delle conclusioni del Tavolo tecnico, condiviso dai Comuni coinvolti e gestito da Agenda 21, Isola Bergamasca . In data 23 maggio nella Consulta Urbanistica congiunta dei Comuni di Verderio Superiore e Verderio Inferiore, presenti gli assessori all’ambiente, si è valutata la risposta Italcementi che si è assunta il seguente impegno :
“ITALCEMENTI, DA SUBITO E PER INIZIATIVA VOLONTARIA, HA PRESO L’IMPEGNO DI SUBORDINARE L’INIZIO DELLA FASE SPERIMENTALE ALLA CONDIVISIONE DI UN PROTOCOLLO TRA LE PARTI SULLE MODALITA’ DI CONDIVISIONE E VALUTAZIONE DELLA SPERIMENTAZIONE STESSA”.
Nella discussione della Consulta è emersa la seguente valutazione condivisa all’unanimità, da tutti i componenti presenti:
1. si è sottolineato “l’impegno di subordinare l’inizio della fase sperimentale alla condivisione di un protocollo” 2. la possibilità di integrazione nel protocollo delle richieste tecnico-politiche, prima che avvenga la sperimentazione 3. si intende mantenere aperta la contrattazione con una risposta all’Italcementi che preveda: • assemblee pubbliche con le Amministrazioni comunali, Legambiente e Italcementi, aperte ai cittadini• disponibilità alla continuazione del tavolo tecnico che deve concludere i lavori prima della sperimentazione • miglioramento della situazione ambientale rispetto ad oggi, con eventuali interventi di mitigazione e compensazione ambientale. In data 21 giugno 2005, all’interno del percorso che ha visto 15 amministrazioni pubbliche confrontarsi in un processo decisionale aperto, si è svolto un incontro pubblico a Calusco per fare il punto della situazione e recepire le posizioni dei cittadini e delle Associazioni territoriali.Nel periodo luglio – settembre 2005 saranno approfonditi gli aspetti sanitari e territoriali.A conclusione del processo decisionale, a fine settembre 2005, le Amministrazioni Pubbliche trasmetteranno un documento condiviso con le osservazioni al SIA e le proposte definitive agli Enti preposti al rilascio delle autorizzazioni (Provincia di Bergamo, Regione Lombardia, Ministero dell’Ambiente).
LE CONDIZIONI DEI COMUNI
I Comuni e le Associazioni non sono ancora soddisfatti delle risposte date da Italcementi.Molto lavoro è stato fatto ma altre garanzie devono esserci fornite. Qualora si arrivi da parte degli Enti competenti alla formulazione di un giudizio positivo in merito alle proposte avanzate, riteniamo necessario ribadire i seguenti “punti fermi “ che verranno formulati nelle Conferenze di Servizio:
• Impegno di Italcementi a garantire prestazioni ambientali migliorative dell’ attuale situazione per il complesso dei contaminanti della combustione; • Definizione di protocolli per il controllo delle attività con una rete di centraline a terra ed il monitoraggio affidato ad un organismo tecnico-scientifico indipendente; • Analisi preventiva delle emissioni (punto “zero”); • Indagine sui microinquinanti e rilevazione degli stessi nel cemento; • Progressivo utilizzo di combustibile sino ad arrivare alla quota massima ipotizzata solo dopo la verifica dei risultati conseguiti in un adeguato periodo di sperimentazione.
L`Amministrazione Comunale
Articoli Correlati:
(c)www.merateonline.itIl primo giornale digitaledella provincia di Lecco
Scritto il 14/7/2005 alle 18:00

Wednesday, July 13, 2005

Inceneritore di Trezzo «Vogliamo garanzie»

CORRIERE DELLA SERA 12 07 05

Inceneritore di Trezzo «Vogliamo garanzie»


TREZZO SULL’ADDA - Un tavolo di lavoro per affrontare la «questione inceneritore». L’hanno chiesto al Comune di Trezzo sull’Adda (che ospita un termovalorizzatore in grado di smaltire 400 tonnellate al giorno di frazione secca dei rifiuti del milanese) i sindaci di tre Comuni confinanti, Vaprio d’Adda, Pozzo d’Adda e Grezzago. «Vogliamo ribadire la convinzione - spiega il sindaco di Vaprio, Roberto Orlandi - che un impianto del genere ha impatto su un’area vasta, che non è limitata ai confini di Trezzo». Insomma, i Comuni vicini vogliono dire la loro, soprattutto su una questione su cui si sta discutendo in questi giorni: la richiesta, avanzata dalla società che gestisce l’impianto, di aumentare da 400 a 500 le tonnellate smaltite ogni giorno. «Il Comune di Trezzo - spiega il sindaco di Grezzago, Gabriele Mapelli - ha coinvolto i tre paesi chiedendo un parere di giunta. Non abbiamo dato parere negativo, ma chiediamo garanzie precise». Garanzie che i tre Comuni chiedono già da anni a colpi di denunce. Finora il tribunale ha dato loro ragione: hanno ottenuto dal Tribunale civile di Milano un risarcimento di 350 mila euro (150 a Grezzago, 100 a Pozzo e altrettanti a Vaprio) in seguito a una denuncia avviata nel 2002 per segnalare un peggioramento della qualità dell’aria, legato al funzionamento dell’impianto. Denaro speso per finanziare opere pubbliche e migliorare il verde urbano. Altri due ricorsi al Tar sono invece in attesa di sentenza. Anche in questi casi sono stati chiesti risarcimenti per centinaia di migliaia di euro.

Profezia degli Indiani Cree

Profezia degli Indiani Cree

Solo dopo che l'ultimo albero sarà stato abbattuto.

Solo dopo che l'ultimo fiume sarà stato avvelenato.

Solo dopo che l'ultimo pesce sarà stato catturato.

Soltanto allora scoprirai che il denaro non si mangia.

Monday, July 11, 2005

GLI INCENERITORI PROVOCANO LA NASCITA DI BAMBINI MALFORMATI

GLI INCENERITORI PROVOCANO LA NASCITA DI BAMBINI MALFORMATI

Parigi, 21 gennaio 2003: il CNIID, Centro nazionale indipendente di informazione sui rifiuti, rivela l'esistenza di uno studio epidemiologico ufficiale che dimostra come gli inceneritori di rifiuti urbani provochino la nascita di bambini malformati. Gli autori dello studio, "Risques de malformations congénitales autour des incinérateurs d'ordures ménagères, Inserm, Institut européen des génomutations, Afssaps," realizzato nella regione Rhone Alpes (che ha come centri perincipali Lione, Nimes e Montepellier) e non ancora pubblicato, concludono che "globalmente rischi significativi per le popolazioni sono osservati per due tipi di malformazioni: leanomalie cromosomiche e le altre malformazioni maggiori". Inoltre essi hanno constatato "un rischio significativo per le fessure orali, le displasie renali, i megacolon e le anomalie urinarie". Nel periodo considerato dallo studio gli inceneritori hanno quindi provocato la nascita di un gran numero di bambini malformati.Questa una sintesi dei risultati dello studio rispetto alle malformazioni rilevate nei bambini della regione Rhone Alpe:- anomalie cromosomiche + 20% rispetto alla media nazionale- malformazioni della bocca + 29%- malformazione dell'intestino + 44%- malformazioni dei reni + 51%Secondo il direttore del CNIID gli inceneritori saranno "l'amianto del XXI secolo" anche perchè lo studio conferma altre prove scientifiche che hanno posto sotto accusa gli inceneritori di rifiuti come quelle riportate dall'"American Journal of Epidemiology" del 26 giugno 2000 sull'aumento dei tumori rilevati nei tre cantoni di Doubs, vicini all'inceneritore di Besancon (Franca Contea, regione ai confini con la Svizzera). Tratto da un comunicato stampa del CNIID, 21-23 gennaio 2003

Sunday, July 10, 2005

Le diossine sono cancerogene

DIOSSINE, AMBIENTE E SALUTE
Federico Valerio

Le diossine sono cancerogene
Nel 1976, un incidente nell’ industria chimica "ICMESA" di Seveso, rese famigliare il nome di una classe di composti chimici, fino allora sconosciuta ai non addetti ai lavori: le diossine.
Il volto deturpato dall’ acne di una bambina di Seveso fece il giro del mondo e mise tutti davanti agli effetti devastanti prodotti dall’ esposizione acuta a questi composti.
Invece, ci sono voluti venti anni per porre fine all’ accesa polemica, scoppiata subito dopo Seveso, sui danni prodotti dalle diossine, a seguito di un’ esposizione cronica, a basse dosi, quale quella prodotta dagli inceneritori di rifiuti urbani.
Nel 1997, l’ Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro pubblicava i risultati sulla valutazione della tossicità della Tetra Cloro Dibenzo para Diossina (TCDD), ovvero la più pericolosa tra le circa trenta molecole appartenenti alla classe chimica denominata diossine.
Il verdetto formulato dagli esperti indipendenti dell’ Agenzia non lasciava dubbi: la TCDD è cancerogena per l’ uomo, e l’ esposizione a questo composto aumenta il rischio di particolari tumori quali i sarcomi dei tessuti molli e le leucemie.

Dosi tollerabili giornaliere
Anche a seguito di questo autorevole giudizio, l’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 1998, riuniva i suoi consulenti per riesaminare il valore della Dose Giornaliera Tollerabile di diossina che la stessa Organizzazione, nel 1991, aveva fissato a 10 pico grammi (pg).
I nuovi dati sulla cancerogenicità delle diossine suggerirono l’ opportunità di un ulteriore abbassamento di questo limite: tra uno e quattro pico grammi per chilogrammo di peso (pg/kg).
Questa norma significa che, giornalmente, una persona di 70 chili, può assorbire al massimo 280 picogrammi di diossine (70 kg x 4 pg/kg), mentre per un bambino di 5 chili la dose giornaliera di diossine non dovrebbe superare 20 picogrammi.
E’ utile precisare che la Dose Giornaliera Tollerabile proposta dall’ OMS, non corrisponde ad una dose sicura (rischio zero) ma è il giusto compromesso tra un rischio aggiuntivo, estremamente basso e la concentrazione "naturale" nel cibo, nell’ acqua, e nell’ aria di questi composti che si formano anche a seguito di eventi naturali quali, ad esempio gli incendi di boschi.
L’ inconsueta unità di misura , il picogrammo, richiede una spiegazione, con riferimento ad una unità di peso più famigliare, il milligrammo: un picogrammo equivale ad un miliardesimo di milligrammo.
Quantità così piccole sono giustificate dalla elevata tossicità di questi composti e dal loro comportamento, una volta immessi nell’ ambiente.

Le diossine e la catena alimentare
Le diossine sono molto stabili e si sciolgono bene nei grassi. A causa di queste caratteristiche le diossine hanno la pericolosa e subdola caratteristica di concentrarsi, anche di migliaia di volte, lungo la catena alimentare, in particolare nei cibi ad alta concentrazione di grassi ( burro, oli alimentari, latte, formaggi, carne,...)
Ad esempio, la "storia" di un po' di diossine immesse nell’ aria da un inceneritore potrebbe essere questa: le diossine, dopo essere uscite dal camino si disperdono nell’ aria e la loro concentrazione diminuisce man mano che il vento le allontana dalla sorgente. E’ comunque inevitabile che queste molecole , prima o dopo, cadano al suolo e quindi è altrettanto inevitabile che, con il tempo, la concentrazione di diossine nel terreno, sottovento all’ impianto, aumenti progressivamente, a causa della continua deposizione al suolo, giorno dopo giorno.

Diossine nel terreno e nei sedimenti
E’ stato possibile studiare l’ accumulo progressivo di diossine nel terreno analizzando un archivio di campioni di suolo raccolti, a partire dal 1856, nel Sud dell’ Inghilterra e provenienti da un campo mai adibito ad uso agricolo. Nel 1856 , in un chilo di terreno raccolto in questo campo si potevano trovare 31 nanogrammi di diossine (un nanogrammo equivale ad un milionesimo di milligrammo, mille volte più grande di un pico grammo). Nei campioni raccolti negli anni successivi le diossine aumentavano progressivamente (1.2 % all’ anno), fino a raggiungere la concentrazione massima nell’ 1986 (92 ng/kg). Pertanto, in 130 anni, la contaminazione da diossine di questo campo è aumentata del 300%, un risultato che conferma come un terreno contaminato da diossine resta tale molto a lungo, in quanto sono trascurabili fenomeni di decontaminazione naturale.
Un risultato analogo si è ottenuto analizzando i sedimenti di un lago scozzese, ( Loch Corie nan Arr) posto in zona remota. La concentrazione di diossine nei sedimenti formatisi intorno ai primi anni del 1800 era di circa 1 ng/kg. Questo valore aumentava progressivamente nel tempo, per raggiungere il valore massimo (4.3 ng/kg) tra il 1930 e il 1949. Successivamente si registrava un leggero calo e la concentrazione nei sedimenti più recenti (1970-1993) era di 3.4 ng/kg.
Questi dati, relativi alla contaminazione di terreno e di sedimenti sono stati interpretati come l’ effetto del trasporto, a lunga distanza, di diossine prodotte da attività industriali o di incenerimento.
Ovviamente, nelle zone industriali la situazione è peggiore. Ad esempio, in Germania, nel terreno raccolto nel raggio di 500 metri da un’ azienda per il recupero di metalli, la concentrazione di diossine diminuiva esponenzialmente con la distanza da questa fonte, con un valore minimo pari a 12 ng/kg e un valore massimo di 14.000 ng/kg (sic).

Diossine nell’ erba
Anche l’ erba può essere contaminata dalla diossina. Campioni d’ erba raccolti sistematicamente in Inghilterra, nello stesso campo in cui si sono analizzate le diossine nel terreno, hanno permesso di verificare che per un intero secolo, dal 1860 al 1960, la concentrazione di diossine è rimasta stabile e pari a circa 12 ng/kg. Successivamente, nei campioni d’ erba raccolti nello stesso campo, tra il 1961 ed il 1965 e in quelli tra il 1976 e il 1980, si registravano due netti aumenti della concentrazione di diossine, pari a 96 e 85 ng/kg . Questo aumento della concentrazione di diossine pari a circa sette volte rispetto al valore iniziale, era attribuito, rispettivamente, al maggior uso di pesticidi clorurati e all’ aumento della quantità di rifiuti inceneriti, fatti avvenuti in quello stesso periodo.
Anche in questo caso sottolineamo il fatto che la contaminazione misurata non è attribuibile a fatti locali, ma al trasporto degli inquinanti su lunga distanza.

Diossine nel latte
Se l’ erba contaminata è mangiata da erbivori, le diossine si trasferiscono dall’ erba ai tessuti grassi di questi animali. In questo caso lo strato adiposo funziona come "serbatoio" di diossine, da cui tali sostanze sono "prelevate" durante l’allattamento, per passare nel latte. Ovviamente questo fenomeno riguarda tutti i mammiferi.
La Tabella I sintetizza i risultati di studi condotti, all’ inizio degli anni novanta, sia sul latte di mucche tedesche che di mamme svedesi. La scelta della nazionalità di questi soggetti messi a confronto dipende solo dal fatto che in questi due paesi esistono numerosi studi sistematici di questo tipo, mentre poco o nulla ancora si sa sul latte italiano , sia quello delle nostre mucche, sia quello delle nostre mamme.


TABELLA I. DIOSSINE NEL LATTE
( picogrammi per grammo di grasso)


anno
picogrammi/gr
mucche tedesche
1993
0.7
mamme svedesi
1992
18

Come si può vedere dalla tabella, la quantità di diossine che si trova nel latte delle mamme svedesi è circa 25 volte più elevato di quello che si trova nel latte delle mucche tedesche.
Questa differenza è generalizzata: la quantità di diossine nel latte materno è sempre maggiore di quello del latte di mucca. Il motivo è che, nella catena alimentare, le mamme (e i papà) si trovano sempre ad un livello superiore alle mucche, quindi gli umani concentrano le diossine nei propri grassi a livelli maggiori di quelli che si trovano nel cibo con cui si alimentano, in particolare latticini, carne, pesce.
Peraltro, le mamme svedesi hanno valori di diossine relativamente bassi, leggermente maggiore di quelli delle mamme spagnole ed ucraine (6-11 pg/gr). Situazioni peggiori si sono trovate nelle mamme tedesche abitanti in zone industriali (41 pg/gr) e, ancor peggio, nelle mamme di New York (189 pg/gr).
Ma anche nel popolo delle mucche si registrano importanti differenze. Ad esempio, nel latte di mucche belghe allevate in pascoli lontani da fonti inquinanti si trovarono, nel 1997, concentrazioni di diossine pari a 0.6 pg/g , mentre negli allevamenti vicini a zone industriali e ad inceneritori le concentrazioni di diossine erano nettamente maggiori (1.2 - 4.5 pg/gr).

Bambini e diossine
Tuttavia, le mamme non sono l’ ultimo anello della catena alimentare a base di diossine, questo primato spetta ai loro figli. Per questo motivo si ritiene che la quantità maggiore di diossine che si assimila nel corso della vita sia proprio quella ricevuta attraverso l’ allattamento al seno materno.
Se si confrontano i dati della Tabella I con i valori massimi tollerabili fissati dall’ OMS (4 pg/kg di peso) emerge una situazione inquietante.
Un neonato di 5 chili, giornalmente dovrebbe essere esposto a non più di 20 picogrammi di diossine, ovvero la quantità contenuta in 37 millilitri di latte di mamma svedese. Naturalmente un bambino di quel peso "ciuccia" , ogni giorno , molto più latte ( 200-300 millilitri) , quindi ingerisce, in proporzione, una quantità di diossine superiore al valore massimo tollerabile.
Ovviamente l’ esposizione neonatale a diossine è da evitare. Comunque, è opinione dei ricercatori che l’ allattamento al seno, in situazioni "normali", quali quelle riscontrate in Svezia, sia sempre da preferire, per i suoi indubbi vantaggi sull’ equilibrato e sano sviluppo del neonato.
E’ evidente , comunque, che bisognerebbe fare tutto il possibile per diminuire al massimo la quantità di diossine presenti nel latte materno.

Da dove vengono le diossine
In base al più recente (1995) inventario delle emissioni di diossine, le maggiori fonti industriali di diossine in Europa , in grado di coprire il 62% delle diossine immesse in atmosfera, sono:

Inceneritori per rifiuti urbani (26%)
Fonderie (18%)
Inceneritori rifiuti ospedalieri (14%)
Attività metallurgiche diverse dal ferro (4%)

Il restante 38% è attribuito a:

Impianti riscaldamento domestico a legna (legna trattata)
incendi
traffico

La quantità di diossine emesse annualmente in Europa da queste fonti è riportata nella Tabella II. Le quantità sono espresse in grammi di diossine di tossicità equivalente.
Questo sistema di misura, tiene conto della intrinseca tossicità di ciascuna diossina, quindi permette di confrontare, in termini di tossicità equivalente, miscele di diossine di diversa composizione.

TABELLA II Quantità di diossine prodotte annualmente in Europa da diverse fonti.
(1995)

Fonte
g TEQ/anno
Inceneritori rifiuti urbani
1641
Fonderie
1125
Riscaldamento domestico a legna
945
Inceneritori rifiuti ospedalieri
816
Conservazione legno
381
Incendi
380
Produzione metalli non ferrosi
136
Trasporto veicolare non catalizzato
111


totale
5.535

Come cambia nel tempo l’ esposizione a diossine
Da quanto fin qui esposto, risulta ovvia la necessità di tenere sotto stretto controllo la presenza di diossine nell’ ambiente in generale e negli alimenti in particolare.
Solo a partire dagli anni settanta si sono rese disponibili tecniche analitiche in grado di misurare le diossine alle concentrazioni richieste dalla loro elevata tossicità e la complessità di queste tecniche ha fatto si che solo in pochi paesi siano disponibili dati accurati e sufficientemente sistematici.
Ad esempio, i dati sulla concentrazione di diossine nel latte, presentati nella Tabella I fanno parte di misure ripetute regolarmente nel tempo. Questi risultati, riportati nelle Figure 1 e 2 permettono di fare utili osservazioni.

FIGURA 1

La Figura 1 mostra come, in Svezia, le diossine nel latte materno si siano drasticamente ridotte tra il 1970 e il 1980.
Questo calo è sicuramente da attribuire a tutte le misure adottate per ridurre l’ emissione di diossine, anche a seguito del drammatico incidente di Seveso, in particolare il blocco della costruzione di inceneritori.
Rispetto al 1972 la quantità di diossine nel latte materno si è più che dimezzata, ma è rimasta sostanzialmente costante tra il 1984 ed il 1992.

FIGURA2

La Figura 2 riporta i risultati dei controlli annuali effettuati tra il 1993 e il 1998 sul latte di un allevamento di mucche tedesche che segnalano un evento inaspettato, degno di essere commentato. Nell’allevamento tenuto sotto controllo, la concentrazione di diossine nel latte, dal 1993 al 1997, rimase sostanzialmente costante ma , improvvisamente, nel corso del 1998, si registrò un brusco aumento, con un raddoppio delle concentrazioni.
La concentrazione di diossine raggiunta (1.4 pg/grammi di grasso) risultava superiore al valore guida per il controllo del latte, fissato in Germania nel 1993 e pari a 0.9 pg/gr. Per questo motivo si attivava uno studio per verificare le cause di questo fenomeno che rischiava di mettere fuori commercio il latte prodotto che, in base alla normativa tedesca non può essere utilizzato per l’ alimentazione umana se le diossine superano la concentrazione di 3 pg/gr.
L’ indagine evidenziò subito il motivo della contaminazione: l’ uso, a partire dalla fine del 1997, di bucce di limone come mangime per gli animali, provenienti dal Brasile !
Ovviamente, l’ uso di bucce di agrumi per l’ alimentazione delle mucche risultava più che lecito , (specialmente in periodi di "mucche pazze") ed era anche encomiabile l’ iniziativa di riciclare un sottoprodotto della lavorazione degli agrumi.
Purtroppo si era trascurato il piccolo particolare che gli oli della buccia del limone sono un efficiente sistema di assorbimento e concentrazione di diossine presenti, presumibilmente, o negli antiparassitari usati per il trattamento dei limoni o nelle emissioni di impianti industriali sopravvento alle coltivazioni di questi agrumi.
Insomma, gli allevatori tedeschi si sono trovati di fronte ad un inaspettato, sgradito regalo della globalizzazione del mercato e dell’ inquinamento ambientale che avrebbe inevitabilmente aumentato la dose giornaliera di consumatori e consumatrici se non fosse esistito un regolare e qualificato controllo dei prodotti.
Riteniamo che di questa esperienza si faccia tesoro per valutare l’opportunità di realizzare inceneritori o industrie inquinanti in presenza non solo di agrumeti ma anche di ulivi e di basilico, ovvero vegetali ricchi di sostanze oleose.

La situazione diossine in Europa
La tutela della salute della popolazione ha motivato, nel 1993, la scelta dell’ Unione Europea di inserire nel quinto Piano d’ Azione l’ obiettivo, entro il 2005, di ridurre del 90 % le emissioni di diossine, rispetto ai valori del 1985.
La Tabella III riporta la stima della quantità di diossine emessa pro capite in alcuni paesi europei, in base alle valutazioni effettuate per il 1985 e il 1995

TABELLA III
RIFIUTI INCENERITI (tonnellate/abitante) ED EMISSIONE PRO CAPITE DI DIOSSINE
IN EUROPA (microgrammi pro capite)


Ton incenerite/ab
1985
1995
obiett. 2005





Comunità Europea
0.11
29
13.2
2.9





Austria
0.04
35.1
15.1
3.5
Belgio
0.22
52.4
45.2
5.6
Danimarca
0.44
26.9
8.3
2.7
Francia
0.19
35.8
18.2
3.6
Germania
0.14
24.4
7.0
2.4
Inghilterra
0.06
32.8
14.8
3.3
Irlanda
0
17.5
8.5
1.8
Italia
0.03
26.9
16.8
2.7
Lussemburgo
0.40
188
75.2
18.8
Olanda
0.20
31.3
6.5
3.1
Portogallo
0
21.2
12.2
2.1
Spagna
0.02
18.2
7.4
1.8
Svezia
0.21
48.1
8.4
4.8

Fonte: OEKO- Institut

In Europa la quantità di rifiuti avviata all’ incenerimento è mediamente di 110 chili all’ anno.
Danimarca e Lussemburgo hanno indici di incenerimento nettamente superiori alla media europea (oltre a 400 chili per abitante).
Portogallo ed Irlanda non hanno inceneritori e l’ Italia si trova in coda a questa classifica (30 chili per abitante) con valori confrontabili a Spagna ed Austria.
Per quanto riguarda gli indici nazionali di emissione di diossine occorre premettere che l’ inventario delle emissioni di diossine è molto lacunoso con poche stime supportate da misure e statistiche accurate. Nonostante ciò, il quadro che emerge , in base ai dati al momento più aggiornati, è la sostanziale riduzione delle emissioni di diossine in tutti i paesi della comunità, nel decennio tra il 1985 e il 1995.
La situazione peggiore si registra nel Lussemburgo dove la quasi totalità dei rifiuti è incenerito e la posizione del Belgio , al secondo posto tra i paesi "produttori" di diossine, potrebbe non essere estranea alla crisi, scoppiata nel 1999, con i suoi polli "alla diossina".
L’ Italia , che nel 1985 si trovava in una situazione leggermente migliore rispetto alla media europea, si è vista sorpassare, dopo dieci anni, da Germania ed Olanda, paesi che da tempo hanno puntato sulla raccolta differenziata e il riciclaggio dei propri rifiuti.
Peraltro, la Tabella III mostra come siano ancora importanti gli sforzi che i diversi paesi della Comunità devono fare se vogliono veramente raggiungere gli obiettivi del quinto Piano d’ Azione.
In particolare, l’ Italia dovrebbe ridurre di sei volte le emissioni di diossine, rispetto al 1995 e la scelta di privilegiare l’ incenerimento al riciclaggio non va nella giusta direzione.
Se in Italia si passerà, dall’ attuale 16 %, ad incenerire il 65 % dei rifiuti prodotti , è inevitabile che la quantità di diossine immesso nel nostro ambiente da questa specifica fonte aumenti, nonostante il minor impatto ambientale dei nuovi inceneritori.
Inoltre, le esperienze in atto dimostrano che la politica degli inceneritori incrementa la produzione di rifiuti e ne disincentiva il riciclaggio. Il motivo è banale: i grandi investimenti necessari per la costruzione e la gestione degli inceneritori richiedono, per realizzare profitti, la costruzione di grandi impianti (più di 800 tonnellate al giorno) e l’ afflusso costante di materiale ad alto potere calorifico.

Quante diossine produce un moderno inceneritore
La Comunità Europea, al fine di contenere l’ emissione di diossina negli Stati Membri, ha fissato per le diossine un limite all’ emissioni degli inceneritori di 0.1 nanogrammo per metro cubo ( un nanogrammo è pari ad un milionesimo di milligrammo).
Questa concentrazione è nettamente inferiore a quelle riscontrabili nelle emissioni di "vecchi" inceneritori (da 10 a 100 volte), ma questi nuovi valori non sono sinonimi di sicurezza, rispecchiano solo le prestazioni possibili con questi nuovi impianti.
Come si è già visto, il pericolo delle diossine non deriva da quanto se ne respira, ma letteralmente da quanto se ne mangia.
Pertanto, una corretta valutazione dell’impatto ambientale e sanitario deve calcolare la quantità complessiva di diossine emessa nel tempo e valutarne l’ accumulo nei diversi ecosistemi ed in particolare negli alimenti. Occorre, quindi, calcolarne le concentrazioni all’equilibrio, ossia nelle condizioni in cui la quantità di diossina immessa nell’ambiente in un determinato tempo, corrisponde a quella che, nello stesso tempo, " scompare " per degradazione.
Si è già detto che le diossine sono molto stabili, in particolare nei tessuti umani le diossine hanno un’ emivita di ben sette anni. Questo significa che anche interrompendo del tutto l’assunzione di cibi contaminati , occorrono sette anni perché la concentrazione di diossine acculata nei grassi si riduca della metà.
Fatte queste considerazioni generali, calcoleremo insieme la quantità di diossine emessa giornalmente da un moderno inceneritore e cercheremo di capire se tale quantità è trascurabile o meno.
Come abbiamo detto, in ogni metro cubo di fumi emessi da un moderno inceneritore ci devono essere, al massimo 0.1 nanogrammi di diossine. Ma quanti metri di cubi di fumi emette un inceneritore? La risposta può venire dalle specifiche del progetto dell’ inceneritore di Genova che dovrebbe trattare 800 tonnellate di rifiuti al giorno che, come si è già visto, corrisponde alla capacità minima di trattamento per rendere economica l’ intera operazione. Ebbene, un inceneritore che tratta 800 tonnellate al giorno di rifiuti emette, ogni ora, dal proprio camino, 210.000 metri cubi di fumi.
Questo grande volume di fumi è inevitabile, in quanto corrisponde alla quantità d’aria che occorre immettere nelle caldaie per avere l’ossigeno sufficiente per bruciare completamente i rifiuti.
Di conseguenza, la quantità di diossine emessa, in 24 ore, da un moderno inceneritore si può così calcolare:

0.1 nanogrammi x 210.000 metri cubi x 24 ore = 504.000 nanogrammi / giorno

Sappiamo già che è meglio pesare le diossine in picogrammi, per cui, essendo un nanogrammo pari a 1000 picogrammi
504.000 nanogrammi = 504.000.000 picogrammi.
Pertanto, un moderno inceneritore da 800 tonnellate al giorno emette in atmosfera, nel pieno rispetto delle norme, 504 milioni di picogrammi di diossine, ogni 24 ore.
La Tabella che segue ci può aiutare a dare un significato a questa quantità.
Infatti, nella Tabella IV sono riportati quanti picogrammi di diossine sono stati mediamente trovati in Belgio nel pollame contaminato, la quantità massima di picogrammi a cui giornalmente un adulto di 70 chili può essere esposto in base ai parametri proposti dall’ OMS, la quantità massima di diossine ammessa in un litro di latte in base alla normativa francese ed , infine, quanti picogrammi di diossine sono immessi nell’ ambiente dai gas di scarico di un’ auto catalizzata, per ogni litro di benzina consumato.

TABELLA IV
PICOGRAMMI DI DIOSSINE IN DIVERSE SITUAZIONI

picogrammi
In un pollo "belga"
70.000
Dose massima giornaliera di un adulto
280
Dose massima in un litro di latte
175
Emissione auto catalizzata ( 1 l. benzina)
7.2
In base a questi dati, si può facilmente calcolare che la quantità di diossine prodotta giornalmente da un moderno inceneritore che rispetta i più restrittivi limiti alle emissioni, fissati dalla Comunità Europea (504 milioni di picogrammi ) equivalgono a :

7. 200 polli "belgi"
Dose massima giornaliera di 1.800.000 adulti
2.400.000 litri di latte contaminato a livelli che lo rendono non commerciabile
Emissione giornaliera di 70.000.000 di auto catalizzate dopo aver percorso ciascuna, circa 10 chilometri .
.
Quindi, le quantità di diossine emesse da un grande e moderno impianto di incenerimento possono avere effetti indesiderati se incautamente immessi nella catena alimentare.
Al contrario, le equivalenze riportate suggeriscono che la quantità di diossine emesse da un moderno parco autoveicolare (anche di dimensioni nazionali) sia trascurabile, rispetto a quella prodotta da un parco inceneritori fatto di centinaia di impianti.
Ovviamente, non tutte le diossine prodotte da un impianto di incenerimento finiscono nel latte o nei polli ma un impianto di incenerimento funziona in modo pressoché continuo per almeno venti anni, e le prospettive in Italia sono che la quantità di rifiuti inceneriti aumenti di quattro volte, rispetto alla situazione attuale (da due a otto milioni di tonnellate all’ anno) e nei cassetti degli Enti locali si trovano già i progetti per la costruzione di 173 nuovi inceneritori, anche grazie ai generosi incentivi statali per la produzione di elettricità dei rifiuti (una forma occulta di Tassa sui Rifiuti a carico della collettività ) e alle procedure semplificate per le autorizzazioni alla costruzione di questi impianti.

Gli inceneritori francesi hanno contaminato il latte
Peraltro, la possibilità che le diossine prodotte da un inceneritore possano contaminare in modo grave il latte, non è solo un evento virtuale. E’ già successo, in tempi recenti, che le ricadute di inceneritori per rifiuti urbani, accumulandosi lungo la catena alimentare abbiamo contaminato il latte prodotto nelle vicinanze.
Il fatto è accaduto in Francia, nel 1998 . Uno studio su campioni di latte raccolti in 26 diversi allevamenti evidenziava una chiara anomalia nei campioni provenienti da allevamenti, le cui mucche si alimentavano su prati posti sottovento ad un inceneritore, a circa un chilometro di distanza.
In questo latte, le concentrazioni di diossine erano maggiori di 5 picogrammi per grammo di grasso, nettamente superiori al valore massimo ammesso in Francia (1 pg/gr). A seguito di quest’ indagine l’ inceneritore incriminato (localizzato a Maubeuge, nel nord della Francia) fu, senza grande clamore, chiuso ed il latte dell’ azienda a rischio distrutto.

Il principio di precauzionalità applicato anche all’ incenerimento dei rifiuti
La direttiva CEE sugli inceneritori stima che, applicando i nuovi limiti alle emissioni, il contributo alla produzione di diossine dagli inceneritori si ridurrà’, in Europa dal 40 % allo 0.3%, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi del 5° Programma quadro. Tuttavia , come si è visto la produzione residua di diossine, quanto meno nei dintorni di ogni impianto, non potrà considerarsi trascurabile ed i fenomeni di accumulo a livello locale o per trasporto trans-frontaliero, grazie al mercato globale, come evidenziato dall’ episodio tedesco delle bucce di limone contaminate, suggeriscono di non abbassare la guardia.
A tal riguardo, è utile ricordare le raccomandazioni del Comitato per la Tossicità delle Sostanze Chimiche negli Alimenti (UK) che, nel 1995, a conclusione di una valutazione dei rischi sanitari connessi con l’ esposizione a diossine afferma:

"l’ azione più utile che può essere presa per ridurre l’ esposizione a queste sostanze indesiderabili è, per quanto possibile, identificare le maggiori fonti di diossine e prendere le appropriate misure per ridurre le emissioni a lungo termine nell’ ambiente, con lo scopo di ridurre i livelli negli alimenti e nei tessuti umani."

Questo giudizio rientra nella nuova politica di attivare misure precauzionali a tutela della salute pubblica, ovvero quella di prevenire il danno, invece di mitigarlo.
Poiché non è assolutamente obbligatorio incenerire i rifiuti urbani e questa pratica non è neanche giustificata dal punto di vista energetico ed economico, l’ applicazione del principio della precauzionalità alla gestione dei rifiuti obbligherebbe a rinunciare all’incenerimento e a puntare, in modo prioritario, sulla riduzione, il riuso e il riciclaggio dei materiali post consumo, in quanto queste pratiche inducono un impatto ambientale nettamente inferiore a quello degli inceneritori.

DUE O TRE COSE CHE SO DI LORO.

DUE O TRE COSE CHE SO DI LORO.
(I^ Parte)

Federico Valerio


Gli oggetti di questa chiacchierata sono i termovalorizzatori e le diossine, ovvero gli impianti che si vogliono imporre agli Italiani, con la scusa che risolveranno il problema dello smaltimento dei loro rifiuti e i rifiuti tossici prodotti da questi stessi impianti.
Le due o tre cose che so e che, grazie a questa chiacchierata vorrei comunicare ai lettori, sono le informazioni (spesso poco note) che dispongo su entrambi questi oggetti.
Questo privilegio mi deriva da alcune particolari circostanze: una laurea (in Chimica) ed un lavoro (responsabile del Laboratorio di Chimica Ambientale dell¹ Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova) che mi permettono l¹accesso diretto alla libera produzione scientifica internazionale.
E poiché tutto questo è stato possibile anche grazie alle tasse degli Italiani che finanziano l¹istruzione e la ricerca pubblica, mi sembra doveroso ricambiare il favore.


La pubblicita¹ ingannevole sui termovalorizzatori

Nella campagna promozionale a favore della termovalorizzazione dei rifiuti urbani, le amministrazioni pubbliche e i gestori di questi impianti, immancabilmente negano che le diossine possano essere un problema ambientale e sanitario.
E, secondo loro, se mai qualche problema ambientale e sanitario ci fosse, questo è nettamente inferiore a quelli creati da altre ineludibili tecnologie moderne come, ad esempio, l¹automobile.
Questa chiacchierata cercherà di fornire ai lettori la sintesi di documenti ed informazioni di cui sono a conoscenza, utili per comprendere che la campagna pubblicità avviata da alcuni anni è, nei fatti, ingannevole.


I pellegrinaggi del terzo millennio

A partire dagli anni 90, in Italia si è assistito a singolari nuove forme di pellegrinaggio.
Folle di amministratori pubblici, presidenti e funzionari di aziende per la gestione di rifiuti urbani, giornalisti, esperti in pubbliche relazioni, rappresentanti di comitati cittadini si sono recati in visita ai nuovi santuari della tecnologia moderna: i termovalorizzatori.
In effetti, a sentire le guide di questi pellegrinaggi, i termovalorizzatori sono dei veri e propri miracoli della tecnologia.
Questi impianti, non solo farebbero sparire i rifiuti (per un certo tempo, sono stati battezzati con il nome di termodistruttori), ma addirittura li trasformerebbero in pregiata energia elettrica. E tutto questo, con inquinamento praticamente nullo.
Lo scopo di questi pellegrinaggi è quello di vedere dal vero i miracoli che possono fare questi impianti. Ma non tutto è visibile; in particolare, quello che esce dagli alti camini, spesso disegnati da famosi designer, per sottolineare l¹attenzione dei progettisti anche agli aspetti minori dell¹impatto ambientale della loro creatura.
Pertanto, durante queste visite, oltre a vedere con i propri occhi, bisogna necessariamente fare delle domande agli esperti.
E, ogni qual volta un pellegrino chiede all¹esperto di turno (spesso lo stesso gestore del termovalorizzatore) quanta diossina esce dai suoi camini, le risposte tipo (in ordine di accuratezza) sono:

1. Il nostro impianto non emette diossina
2. Una quantità non misurabile
3. Una quantità inferiore ai limite di legge

Di solito, queste risposte tranquillizzano gli autorevoli pellegrini che, ritornati nelle loro città, si sentono autorizzati a tuonare contro gli eco-terroristi che demonizzano questi impianti con la diffusione di notizie false e tendenziose sui loro presunti pericoli per la salute pubblica.
In verità, le notizie false o tendenziose o, quantomeno volutamente reticenti, sono proprio quelle fornite dai gestori ed elencate in precedenza.
In verità, queste bugie o mezze verità sono possibili anche per l¹imprecisa formulazione della domanda, il che non è una colpa (non tutti possono avere in tasca una laurea in Chimica). Basterebbe prima informarsi e chiedere alle persone giuste!


Le domande giuste

Quelle che seguono, sono le domande giuste che, durante le visite ai termovalorizzatori, un pubblico amministratore, attento agli interessi dei propri amministrati, dovrebbe formulare:

1. Quanti picogrammi di diossine emette giornalmente il vostro impianto?
2. Questo dato è il valore medio o il valore minimo da voi misurato?
3. Quante misure di diossine effettuate annualmente?
4. In base a quale criterio sono stati fissati i limiti di legge per le emissioni di diossine?

Prima di spiegare il senso di queste domande, riteniamo doveroso segnalare la singolarità delle procedure adottate in questi pellegrinaggi che, nelle intenzioni dichiarate, dovrebbero fornire una corretta informazione agli amministratori che devono decidere: l¹unico interlocutore a cui si fanno domande e dal quale si ricevono le informazioni è, quasi sempre, il gestore o il progettista dell¹impianto !
Ovvero, della serie: Se vuoi sapere se il vino è buono, chiedi all¹oste. Ricordiamo che persino nei processi di santificazione c¹è sempre l¹avvocato del diavolo che cerca di smontare i miracoli del candidato santo.
Tant¹è, questo è il nostro attuale stato della partecipazione democratica alle scelte e con questa sconsolante situazione dobbiamo fare i conti.
Adesso spieghiamo per quale motivo le nostre domande sono quelle giuste. Innazitutto, avrete notato che nella prima domanda abbiamo utilizzato una singolare unità di misura per valutare la quantità di diossine emesse dal termovalorizzatore: il picogrammo (pg).
Si tratta di un¹unità di misura del peso estremamente piccola: un picogrammo equivale ad un miliardesimo di milligrammo!
In particolare, le attuali normative europee prescrivono che in ogni metro cubo di fumi emesso da un termovalorizzatore ci possano essere, al massimo, 100 picogrammi di diossine.
Se si pensa che la quantità ammessa degli altri inquinanti si misura in milligrammi (un miliardo di volte più pesante), si spiega l¹alibi mentale di chi afferma che da un moderno inceneritore, in pratica, non escono diossine: -Sono talmente poche!-
La verità è che, per misurare le diossine, dobbiamo usare un¹unità di misura così piccola, perché la tossicità di questi composti è estremamente elevata, miliardi di volte maggiore rispetto ai normali inquinanti che producono automobili, motocicli o calderine!
Anche la risposta -Le diossine non sono misurabili-, apparentemente rassicurante, si fa velo del fatto che spesso, per ridurre i costi, i laboratori di analisi fissano il livello minimo di rilevabilità del loro metodo, poco al di sotto del valore limite.
Quindi, il gestore di un termovalorizzatore può affermare che le diossine nei fumi del suo impianto, in quanto inferiori al valore minimo determinabile stabilito dal laboratorio di controllo, non sono misurabili.
Ma ciò non significa affatto che questi composti siano assenti. Proviamo a fare un esempio.


Il vero impatto ambientale di un termovalorizzatore, le cui emissioni di diossine non sono misurabili.

Ipotizziamo che il laboratorio d¹analisi che effettua i controlli dei fumi dell¹inceneritore che scegliamo per questo esempio utilizzi un metodo analitico la cui concentrazione minima determinabile di diossine sia pari a 50 picogrammi per metro cubo, la metà del valore limite.
Supponiamo anche che l¹impianto da controllare emetta 40 picogrammi di diossine per ogni metro cubo di fumi uscito dal suo camino.
Effettuato il prelievo dei fumi e la loro analisi, il laboratorio, correttamente, certifica che la concentrazione di diossine emesso da questo impianto è inferiore al valore minimo determinabile del proprio metodo d¹analisi (50 picogrammi per metro cubo).
Pertanto, l¹impianto controllato rispetta i limiti (100 pg/m3) e può continuare la propria attività.

Ma è lecito ignorare quei 40 picogrammi di diossine che l¹inceneritore emette, solo perché le analisi non permettono una loro precisa misura e perché sono rispettati i limiti di legge?

Una prima risposta a questa domanda si può fare confrontando la concentrazione di diossine nei fumi (40 pg/m3) di questo ipotetico termovalorizzatore, con quella normalmente presente nell¹aria che respiriamo (da 0.05 a 0.5 pg/m3).
Nel nostro esempio, la quantità di diossine nell¹aria emessa dal camino sarebbe da 800 a 80 volte superiore a quella presente nell¹aria che lo stesso impianto preleva dall¹ ambiente esterno per bruciare-ossidare i rifiuti.
Insomma, il nostro inceneritore, pur rispettando i limiti di legge, inquina pesantemente l¹aria che utilizza e questo inquinamento è trasferito all¹ambiente esterno.
Eventuali obiezioni che la concentrazione di diossine presenti nei fumi diminuirà nel tempo e nello spazio, per la naturale dispersione e diluizione del pennacchio di fumo sono, in questo caso, ininfluenti.

Infatti, la maggiore quantità di diossine a cui ciascuno di noi è esposto si trova nel cibo che mangiamo. La quantità di diossine assorbite per inalazione d¹aria è molte volte minore della quantità assorbite con gli alimenti.

Le diossine sono caratterizzate da una elevata stabilità chimica e da un¹alta affinità con le sostanze grasse. Grazie a queste caratteristiche, le diossine, anche se inizialmente disperse nell¹ambiente, dopo la loro emissione si concentrano lungo la catena alimentare, in particolare nel pesce, nella carne, nei latticini, nel latte, compreso quello materno.
Pertanto, le diossine che escono dall¹inceneritore si accumulano progressivamente nell¹ambiente, e primo o dopo ce le ritroviamo nei nostri cibi.
Quindi, sarebbe più corretto, ai fini della protezione della salute, che i limiti di legge riguardassero la quantità di diossine emesse nell¹ambiente in un determinato tempo (ora, giorno) e non la loro concentrazione nei fumi.
Peraltro, proprio questo è il criterio adottato, nel 1997, dalla normativa giapponese e che stabilisce che, per ogni chilo di rifiuto bruciato, il rilascio totale di diossine nell¹ ambiente non deve superare la quantità di 5.000 picogrammi.
E nel conteggio delle diossine rilasciate, bisogna contare quelle presenti nei fumi, quelle presente nelle ceneri pesanti e quelle che si trovano nelle ceneri volanti trattenute dei filtri anti inquinamento.
Nella Tabella sequente sono riportate le quantità di diossine misurate in questi diversi comparti, in un moderno termovalorizzatore da 400 tonnellate al giorno, di produzione italiana. Tanto per capirci, uno di quei gioielli della tecnica assolutamente sicuri, a detta dei gestori, in quanto dotato del più efficace e complesso sistema di trattamento fumi: filtro a manica, scrubber umido a due stadi e impianto catalittico per il trattamento degli ossidi di azoto e delle diossine.

Flusso di diossine nei residui del termo-valorizzatore


Diossine
(pg/kg MPC)
%
Scorie
7.590
72.6
Ceneri boiler
580
5.6
Ceneri filtro a maniche
1.940
18.6
Fanghi
160
1.5



Fumi


Fase gassosa
150
1.5
Fase particellata
20
0.2



Totale
10.440
100


La Tabella mostra che in questo impianto, per ogni chilogrammo di rifiuti incenerito, si producono 10.400 picogrammi di diossine.
Pertanto, in Giappone, quest¹impianto non sarebbe stato autorizzato, in quanto la quantità complessiva di diossine prodotte è più che doppia, rispetto al limite fissato dal governo nipponico.
La stessa Tabella mostra che la maggior quantità di diossine (72.6%) si trova nelle scorie, o ceneri pesanti, e nelle ceneri trattenute dal filtro a maniche (ceneri volanti).
Si vede, inoltre, che per ogni chilogrammo di rifiuti bruciato, la quantità di diossine che esce con i fumi, sotto forma di gas e di polveri è di 170 picogrammi, corrispondente alla dose tollerabile giornaliera di un adulto di 85 chili di peso.
E poiché il termovalorizzatore che stiamo esaminando, ogni giorno, brucia 400.000 chili di rifiuti, la quantità di diossine che questo impianto produce ed immette nell¹ambiente con i suoi fumi è di 68 milioni di picogrammi!
Un diverso approccio per risolvere la valutazione dell¹impatto ambientale delle diossine è quello Belga.
Per garantire il rispetto della dose tollerabile giornaliera di diossine, stabilita dall¹Organizzazione Mondiale della Sanità a tutela della salute della popolazione (2 picogrammi per ogni chilo di peso corporeo), il Belgio intende proporre una norma in base alla quale

la quantità di diossine che giornalmente si deposita su di un metro quadrato di terreno dovrebbe essere compresa tra 3,4 e 10 picogrammi.

Se la deposizione al suolo di diossine rientra in questi valori, il loro accumulo lungo la catena alimentare (ad esempio: erba, latte, formaggio) dovrebbe garantire una contaminazione del nostro cibo a livelli tollerabili, in quanto inferiori ai citati valori stabiliti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità.


Quante diossine emette un inceneritore?

Ma quanti picogrammi di diossine emette giornalmente un inceneritore? Ovviamente, questa quantità dipende da quanti metri cubi di fumi emette giornalmente l¹impianto e questo volume dipende dalla quantità di rifiuti bruciati.

Più rifiuti sono bruciati, più aria è necessaria per la loro combustione completa, più fumi sono emessi dal camino.

Se la taglia del nostro inceneritore è quella tipica di un moderno termovalorizzatore (800 tonnellate di rifiuti termovalorizzati al giorno), il volume di fumi che questo impianto giornalmente immette in atmosfera è di 5.040.000 (cinque milioni quarantamila) metri cubi!
Abbiamo ipotizzato che ogni metro cubo di fumi di quest¹impianto contiene 40 picogrammi di diossine, quindi la quantità giornaliera di diossine immessa nell¹ambiente dal nostro termovalorizzatore equivale a 201.600.000 (duecento un milioni seicentomila) picogrammi.
Questo valore non è molto diverso da quello misurato realmente nel termovalorizzatore che ha fornito i dati di produzione di diossine utilizzati nella precedente Tabella. A parità di rifiuti bruciati giornalmente, la produzione di diossine di questo impianto reale sarebbe di 136.000.000 (cento trentasei milioni) di picogrammi.
Abbiamo visto che, attualmente, la dose tollerabile di diossine per un adulto di 70 chilogrammi è pari a 140 picogrammi al giorno.
Pertanto, la quantità di diossina emessa giornalmente dal nostro inceneritore virtuale (che, ricordiamo, rispetta a pieno i limiti di legge) equivale alla dose tollerabile di 1.440.000 (un milione quattrocento quarantamila) persone adulte.
E per rispettare il valore minimo di deposizione al suolo proposto dal Belgio (3.4 pg/m2) questa quantità di diossine, in assenza di altre fonti, dovrebbe essere uniformemente distribuita su circa 60.000.000 (sessanta milioni) di metri quadrati (pari a 6.000 ettari, ovvero 60 chilometri quadrati).
Come termine di paragone, ricordiamo che la quantità media di diossine che giornalmente cade su di un metro quadrato di area rurale è di 6 picogrammi e che la superfice della circoscrizione di Sestri è di 2.066 ettari.
Anche a fronte del pieno rispetto degli attuali limiti per le emissioni di diossine, questi numeri a noi suggeriscono grande prudenza nelle scelte per risolvere i problemi creati dal nostro attuale modo di produrre e smaltire rifiuti.
Al contrario, il nostro governo e quasi tutte le amministrazioni locali minimizzano il problema, invitano a continuare a consumare e a produrre rifiuti come prima e più di prima, e prevedono almeno un grande inceneritore per ognuna delle 103 province italiane.
Se queste previsioni si attueranno, la quantità di diossine che giornalmente emetterebbero i termovalorizzatori italiani potrebbe essere qualcosa come 20 miliardi di picogrammi (la dose massima tollerabile per oltre cento quaranta milioni di italiani adulti!).


Il rispetto dei limiti alle emissioni ci deve tranquillizzare?

A questo punto diventa importante rispondere correttamente alla quarta domanda:
<>
La risposta è desumibile da quanto riportato, nella Direttiva 2000/76/CE sull¹ incenerimento dei rifiuti approvata dall¹ Unione europea:

Œ¹I valori limite stabiliti dovrebbero prevenire o limitare, per quanto praticabile, gli effetti dannosi per l¹ambiente e i relativi rischi per la salute umana.¹¹

Questa frase è chiara e senza ombra di dubbio. A parte i cautelativi condizionali (dovrebbero), quel per quanto praticabile significa che i limiti alle emissioni hanno solo un significato tecnico: corrispondono alle concentrazioni più basse raggiungibili dalla termovalorizzazione con la migliore tecnologia al momento disponibile e, ovviamente, a costi accettabili per l¹azienda.
Siamo certi che la maggior parte dei nostri lettori hanno sentito i loro amministratori assicurare che l¹inceneritore che costoro volevano realizzare non avrebbe creato nessun problema alla salute, in quanto impianto rispettoso dei limiti di legge.
Ora dovrebbe essere chiaro a voi, come al sottoscritto, che questa affermazione è assolutamente falsa!
L¹infondatezza di questa affermazione, è testimoniata proprio dalla lunga storia degli inceneritori di rifiuti, iniziata alla fine dell¹800.
E¹ovvio che ogni tipo d¹inceneritore realizzato, d¹allora ad oggi, fosse rispettoso delle norme in vigore al momento della sua progettazione.
Ma tutte le norme ambientale, di solito, sono arretrate d¹almeno una decina d¹anni rispetto alle conoscenze scientifiche sull¹argomento. E queste conoscenze sono tutt¹altro che definitive.
E così, dopo decenni d¹uso, solo intorno agli anni 60 ci si è accorti che gli inceneritori emettono gas acidi pericolosi per la salute umana e dei vegetali. Normato e ridotto questo problema si è scoperto che gli inceneritori emettono anche metalli tossici e cancerogeni che si accumulano nell¹ambiente; poi si è scoperto che gli inceneritori erano anche la maggiore fonte di emissioni di diossine.
E mentre si cercava, con varia fortuna e costi crescenti, di ridurre l¹emissioni di metalli e diossine, l¹Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, confermava, definitivamente, l¹effetto cancerogeno di questi composti per l¹uomo.

Conseguentemente, l¹Organizzazione Mondiale della Sanità e l¹Unione Europea, riducevano la quantità di diossine fino ad allora tollerata nella dieta umana.
Invece, il limite alle emissioni di diossine negli inceneritori rimaneva, stranamente, identico a quello fissato prima del riconoscimento dell¹ effetto cancerogeno. La Tabella che segue sintetizza la sequenza temporale di questi eventi.

Cronistoria degli studi che hanno valutato gli effetti delle diossine
e norme per il contenimento di questi effetti.

1976
Incidente di SEVESO


1989
Direttiva UE per ridurre le emissioni degli inceneritori.
Diossine nei fumi: 100 pg/m3
1991
L¹ OMS fissa la dose giornaliera tollerabile di diossine a 10 pg/kg peso
1993
Il V piano d¹ azione della UE prevede di ridurre l¹emissioni di diossine del 90% entro il 2005, in tutti i paesi membri
1997
La IARC conferma che le diossine sono cancerogene per l¹uomo
1997
Il Governo Giapponese fissa i limiti di rilascio totale di diossine da inceneritori (5.000 pg/kg di materiale post consumo trattato)
1998
L¹OMS riduce la dose tollerabile giornaliera per l¹ uomo a
1 ­ 4 pg/kg peso
2000
Nuova direttiva UE su incenerimento.
Si conferma il limite alle emissioni di 100 pg/m3
2001
Strategia comunitaria sulle diossine:
la dose tollerabile giornaliera è stabilita a: 2 pg/kg peso


A pensar male, la scelta fatta dalla UE nel 2000 di confermare i limiti delle emissioni di diossine fissate nel 1989, quando ancora non era certo l¹effetto cancerogeno delle diossine, come pure il loro effetto di distruzione del sistema endocrino, nulla ha a che fare con la scienza e la tutela della salute umana.
Forse ci avviciamo di più alla verità, pensando che questa scelta sia dovuta al fatto che la maggior parte degli inceneritori realizzati tra gli anni 80 e 90 in Francia, Danimarca, Germania, Belgio (e che non hanno ancora ammortizzato i costi di investimento), non sarebbero in grado di rispettare con continuità, limiti più restrittivi.
Quanto le norme privilegino gli interessi delle imprese, piuttosto che quelli della comunità, è deducibile anche dalla singolare disposizione della normativa europea che fissa la frequenza di controlli di diossine ad un solo (sic) prelievo all¹anno!
La scusa è l¹alto costo di queste analisi. Tuttavia, è ovvio che, a fronte di un combustibile (i nostri materiali post consumo) caratterizzato da un¹estrema variabilità (umidità, potere calorifico, composizione chimica), un¹unica misura annuale non possa essere rappresentativa della quantità di diossine mediamente emessa da un termovalorizzatore.
E questo spiega i motivi per i quali sarebbe stato opportuno che, durante le visite ai termovalorizzatori, qualcuno faccia anche le domande numero 2 e numero 3.


Danni alla salute provocati dalle diossine

Per quanto riguarda i meccanismi d¹accumulo delle diossine lungo la catena alimentare, fino al latte materno, e sui rischi di cancro connessi con l¹esposizione a questi composti, rinviamo ad un nostro documento già presente in rete (http://www.village.it/italianostra/diossine.html).

Come già accennato, numerosi dati sperimentali pubblicati recentemente stanno dimostrando come l¹esposizione a diossine, oltre a diversi tumori, possa produrre altri effetti sulla salute umana, anche a dosi inferiori a quelle fino ad oggi stimate tollerabili.
La maggior parte dei nuovi effetti studiati ed attribuili all¹esposizione a diossine, riguardano la delicata sfera sessuale.

L¹aspetto più preoccupante di questi studi è che gli effetti indesiderati, prodotti dalle diossine, si verificano spesso a seguito d¹esposizione croniche di tipo non professionale e a dosi molto basse.


Effetti dell¹esposizione perinatale a diossine.

Nell¹arco della vita, la dose più elevata di diossine si assume subito dopo la nascita, con il latte materno. Si tratta d¹una informazione sconcertante che, se non deve far rinunciare ai vantaggi dell¹allattamento materno, non può essere ignorata.
Uno studio olandese, effettuato tra il 1990 e il 1992, ha voluto valutare se l¹esposizione a diossine durante la gestazione e l¹allattamento potesse avere effetti sul comportamento dei bambini.
Motivo di questo studio è che le diossine hanno anche un effetto neurotossico e possono interferire con gli effetti degli ormoni che regolano lo sviluppo sessuale.
In base alle misure di diossine effettuate su campioni di sangue delle mamme e del cordone ombelicale e nel latte materno, si sono individuati i soggetti maggiormente esposti a diossina tra 160 bambini e bambine che hanno partecipato allo studio.
L¹oggetto di studio è stato il comportamento di questi bambini durante il gioco e il risultato è stato che una maggiore esposizione a diossine durante l¹ allattamento, produce una maggiore frequenza dei giochi ³femminili², sia nei maschi che nelle femmine.


Esposizione a diossine e sviluppo puberale

Duecento adolescenti residenti in Belgio, in due zone periferiche inquinate ed in una zona rurale di controllo, hanno partecipato a questa indagine che ha controllato l¹ andamento del loro sviluppo puberale. Analisi del sangue hanno permesso di valutare l¹ entità della loro esposizione a diossine.
Nel quartiere vicino a due inceneritori, lo sviluppo puberale dei maschi è risultato statisticamente più lento. Analogo fenomeno nelle ragazze (ritardato sviluppo del seno) che abitavano questo stesso quartiere.
Il maggior rallentamento nello sviluppo puberale di maschi e femmine si è registrato nei soggetti con più alta concentrazione di diossina nel sangue.


Esposizione a diossine e sesso dei figli.

L¹esposizione a diossine di 200 lavoratori russi impiegati nella produzione di erbicidi è stata valutata, misurando la concentrazione di questi composti nel loro sangue.
La loro esposizione a diossine risultava maggiore di 30 volte rispetto al resto della popolazione non esposta professionalmente.
Nella prole dei lavoratori esposti si è constatata una prevalenza di figlie femmine rispetto ai figli maschi, significativamente diversa dal rapporto maschi/femmine nella prole di un gruppo di controllo non esposto a diossine.


I pareri della Commissione Europea sull¹incenerimento dei rifiuti.

Con riferimento a questi ed altri studi, l¹Unione Europea ha già prodotto diversi documenti sull¹ incenerimento dei rifiuti che, tuttavia i nostri governi sembrano ignorare. Riportiamo alcuni passi significativi:

Comunicazione della Commissione al Consiglio
Strategia comunitaria sulle diossine 2001/C322/02

· Sembra che le caratteristiche tossiche delle sostanze (Diossine n.d.r.) siano state sottovalutate: recenti dati epidemiologici, tossicologici e sui meccanismi biochimici, riferiti agli effetti sullo sviluppo cerebrale, sulla riproduzione e sul sistema endocrino hanno dimostrato che gli effetti delle diossine e di alcuni Policloro Bifenili (PCB) sulla salute umana sono molto più gravi di quanto precedentemente supposto, anche a dosi estremamente ridotte.

La dose giornaliera tollerabile è fissata a 2 pg/kg peso corporeo

I valori medi di diossine assunti giornalmente con la dieta, nell¹ Unione Europea, sono compresi tra 1,2 e 3 pg/kg di peso corporeo.

In una parte considerevole della popolazione europea l¹esposizione a diossine e a PCB diossino-simili supera la dose tollerabile settimanale.


Direttiva 2000/76/CE sull¹ incenerimento dei rifiuti.

Misure più restrittive dovrebbero ora essere adottate per la prevenzione e la riduzione dell¹ inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e le direttive attuali (89/369/CEE) dovrebbero pertanto essere abrogate.



Conclusioni

Se l¹esposizione a diossine presenta i problemi segnalati e può essere un reale fonte di rischio per la nostra salute anche a dosi molto basse, quale senso ha, per l¹Italia, imbarcarsi in quest¹avventura?
Non hanno insegnato nulla i disastri economici ed ambientali di Francia, Belgio e Giappone (peraltro abilmente ignorati dalla stampa nostrana) che hanno dovuto spegnere decine d¹impianti d¹incenerimento, responsabili di grave inquinamento di terreni e di alimenti e che hanno dovuto affrontare costi enormi per ammodernare centinaia di altri impianti, incapaci di rispettare limiti di emissione più restrittivi di quelli esistenti al momento della loro costruzione (anni 70- 80)?
Siamo sicuri che a fronte dei nuovi risultati sperimentali sugli effetti sanitari delle diossine non si dovranno fissare limiti ancora più restrittivi ?
Non è una fortuna per il nostro paese non avere privilegiato, fino ad oggi, l¹incenerimento per gestire i nostri rifiuti e non aver quindi vincoli occupazionali ed economici per intraprendere nuove ed innovative vie per risolvere alla radice il problema rifiuti, senza ricorrere all¹ incenerimento?

La realizzazione in Italia di un centinaio di nuovi inceneritori, anche se meno inquinanti di quelli che erano ³gioielli della tecnica² solo pochi anni or sono, inevitabilmente, aumenterebbe la quantità di diossine prodotte dal nostro paese come pure la dose giornaliera di diossine assunta dalla nostra gente attraverso gli alimenti ed il latte materno.
Questa scelta vanificherebbe i risultati ottenuti anche nel nostro paese, nella lotta contro le diossine. Infatti, in tutta Europa la chiusura di produzioni inquinanti, i miglioramenti tecnici introdotti nella produzione d¹acciaio, l¹uso esteso di marmitte catalittiche, hanno ridotto significativamente le emissioni di diossine e contemporaneamente la contaminazione dei nostri cibi.

Che senso ha aggiungere questo ulteriore rischio, quando non siamo assolutamente obbligati ad incenerire i nostri cosidetti rifiuti? (http://www.village.it/italianostra/pianorif/index.html)


Un modo per evitare di fare quest¹errore è anche quello di diffondere queste informazioni al maggior numero possibile di persone che conoscete.

Fatelo prima che, con la costruzione dei termovalorizzatori e la sottoscrizione dei contratti ventennali che fisseranno le quantità di rifiuti che i Comuni dovranno obbligatoriamente fare incenerire, non sarà più possibile tornare indietro.

E se pensate di aver bisogno di qualche spiegazione, se avete specifiche domande, non esitate, sono a vostra disposizione all¹indirizzo:
mailto:federico@village.it

Federico Valerio

Saturday, July 09, 2005

UN'EMERGENZA SOTTOVALUTATA

UN'EMERGENZA SOTTOVALUTATA
Roberto Fumagalli, ambientalista ed esponente di Rifondazione Comunista, in occasione di un convegno organizzato per sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo al problema delle immissioni nell'atmosfera di fumi nocivi e pericolosi per la salute pubblica, ha affrontato il "caso Italcementi" di Calusco d'Adda, diffondendo dati allarmanti e oltremodo inquietanti: nell'"isola bergamasca" si è registrata la più alta percentuale di casi di tumore in Italia. Una drammatica notizia che, se confermata, dovrebbe preoccupare oltre alla popolazione della zona interessata e di quelle limitrofe, tutti coloro che vogliono tutelare la pubblica incolumità, e soprattutto le forze politiche, dimostratesi negligenti o addirittura indifferenti di fronte ad una problematica di tale portata.
Il contendere riguarda, secondo l'ecologista, il cementificio di Calusco, ma anche altre realtà territoriali, e in particolare l'analogo stabilimento dove si produce cemento sito a Merone, che provoca secondo dati forniti dall'Arpa l'immissione del 36% del biossido di zolfo presente nell'aria della provincia di Como, il 25% di ossidi di azoto, e addirittura 56 tonnellate l'anno di PM10, le temibili polveri sottili. Le cifre si commentano da sole e dimostrano la pericolosità dell'"ecomostro" costruito in pochi mesi dall'Italcementi, in sfregio, secondo gli ambientalisti, ad ogni norma legislativa e di buon senso civico, provocando un impatto ambientale devastante e dall'inaudita pericolosità.Il circolo Legambiente del Meratese ha inviato una serie di osservazioni alla Regione e al ministero competente, contrarie all'utilizzo nei forni della Italcementi di tre combustibili alternativi (Ecofluid, Rasf, Cdr), denunciando l'alta densità abitativa della zona dove è installato l'impianto e il pericolo derivante da possibili malfunzionamenti o da analisi sulla qualità delle sostanze immesse nell'atmosfera poco attente o poco considerate. I responsabili del Circolo evidenziano la presenza in questa parte di regione di troppi impianti considerati a rischio, anche se il problema non va affrontato nel tentativo di spostare le produzioni da una zona all'altra del Paese, ma imponendo regole precise di garanzia sui processi produttivi e sui sistemi di antinquinamento applicati.Purtroppo, l'interesse economico nel settore dell'incenerimento dei rifiuti in genere, e di quelli provenienti dalle cementerie e da tante altre industrie con lavorazioni pericolose per l'utilizzo di sostanze nocive (il territorio ne conta moltissime) rappresenta un eccezionale business: secondo alcuni dati forniti da Alessandro Pozzi, assessore all'ambiente nel comune di Osnago, la Holcim, proprietaria dell'impianto di Merone, incasserebbe dall'utilizzo dei forni ben 53 milioni di euro l'anno, ed è chiaro quindi come si scateni la corsa nel settore per progettare nuovi impianti e aprire cantieri. Il desiderio di profitto indiscriminato, e la negligenza della politica, causano un costo sociale enorme, che lascia la popolazione indifesa e spesso inconsapevole del rischio subito quotidianamente, respirando aria pregna di residui tossici, e, proprio in conseguenza di questa situazione, diventa legittimo domandarsi come si possano autorizzare certe realizzazioni e con quali effettive garanzie.L'Italia ha vinto la battaglia contro il fumo con l'applicazione di norme severe, ma necessarie ed utili, ed ora dovrebbe essere chiamata, grazie anche al coinvolgimento plebiscitario dei cittadini, ad una battaglia ancora più importante, che non può essere delegata ad un movimento ecologista, o ad una sola parte politica.L'impegno di pochi potrebbe dimostrarsi inutile in un confronto dove gli interessi sono tanto alti, e, pertanto, diverrà indispensabile e improrogabile il coinvolgimento delle forze politiche e sociali, dei mass media, e di quanti, interessati alla tutela dell'ambiente e della salute pubblica, vorranno impegnarsi: occorrerebbe una mobilitazione simile a quella meritoria condotta dal Comitato di Salvaguardia dell'ospedale di Merate.
Dario Meschi

28/06/2005 11:28 Combustibili alternativi all'Italcementi. I residenti: più garanzie

Eco di Bergamo 28 giugno 2005

Combustibili alternativi all'Italcementi. I residenti: più garanzie



Sala civica gremita per il primo incontro tenuto dall'Amministrazione comunale di Calusco d'Adda per raccogliere pareri e confrontarsi con la popolazione prima di presentare le osservazioni agli enti preposti - ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e Regione Lombardia - per il rilascio delle autorizzazioni all'Italcementi all'uso di combustibili alternativi per l'alimentazione del nuovo forno di cottura.L'assemblea è stata anche l'occasione per illustrare i combustibili alternativi che l'Italcementi ha in progetto di utilizzare e per i quali ha già messo in atto la procedura autorizzativa. A presentare al pubblico quanto svolto dal Gruppo di lavoro regionale - promosso dal Comune di Calusco per il monitoraggio della nuova cementeria e composto da Regione, Arpa, Italcementi, Rsu del cementificio, consulenti della pubblica amministrazione e Agenda 21 Isola Bergamasca e Zingonia - sono stati Fausto Brevi e Davide Fortini di Agenda 21 e Paolo Longaretti di Legambiente. Ha aperto l'incontro Fortini, che ha parlato delle fasi del programma di lavoro del gruppo informando che tutta la documentazione si può trovare sul nuovo sito del Comune di Calusco, www.comune.calusco.bg.it.Fausto Brevi ha invece illustrato i combustibili alternativi: il Cdr, l'Ecofluid e il Rasf. Il Cdr è un combustibile derivato da rifiuti di plastica, gomma, carta, cartone e pneumatici fuori uso; l'Ecofluid è una miscela di solventi non clorurati e di residui della produzione di vernici, resine, materie plastiche; il Rasf è costituito da residui della produzione dello stirene e del fenolo. E Longaretti di Legambiente ha precisato che è fondamentale che l'Italcementi dia le informazioni più approfondite degli agenti immessi in atmosfera. Inoltre, ha evidenziato che la cementeria deve fare di più per mitigare l'impatto ambientale sul territorio, come per esempio far arrivare i nuovi combustibili per via ferroviaria così come le 50.000 tonnellate di coke usate per alimentare il forno.Il sindaco di Calusco, Rinaldo Colleoni, ha illustrato la sua linea di confronto costruttivo con l'azienda, scegliendo di coinvolgere anche i comuni limitrofi: Carvico, Medolago, Sotto il Monte, Solza, Villa d'Adda, Terno d'Isola, Suisio, Paderno, Robbiate, Merate, Cornate d'Adda, Imbersago, Verderio Inferiore e Verderio Superiore. Inoltre, ha informato che all'Italcementi è stata richiesta una centralina fissa per il controllo dell'aria.Sono intervenuti al dibattito diversi cittadini, che hanno manifestato perplessità sull'uso di questi rifiuti, chiedendo maggiori garanzie. Il sindaco ha poi informato che il lavoro degli esperti verrà inviato alle autorità che devono pronunciarsi sulle autorizzazioni all'uso dei combustibili alternativi. E dall'Italcementi fanno sapere: «Dopo aver ripetutamente dimostrato la massima considerazione per il territorio, prolungando i termini del dibattito preliminare, confermiamo la massima disponibilità a qualunque forma di ulteriore confronto e dialogo. Riteniamo che sia giunto il momento di passare l'aspetto decisionale alla Commissione ministeriale, al Gruppo di lavoro regionale, alla Regione Lombardia, alle Amministrazioni provinciali, all'Arpa e all'Asl, che sono chiamate a esprimersi autorevolmente sulla questione».

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