Giorni dalla firma tra Italcementi ed i Comuni

NON HANNO FIRMATO I SINDACI DI : Paderno d'Adda e Solza . HANNO FIRMATO : Calusco d'Adda, Cornate d'Adda, Imbersago, Medolago, Parco Adda Nord, Robbiate, Verderio Inferiore, Verderio Superiore, Villa d'Adda, Dopo più di 1.000 giorni dalla firma ,il 4 Maggio 2012 non si hanno notizie sulla ferrovia . Solo ombre su questo accordo fantasma , polvere , puzza, inquinamento . http://calusco.blogspot.it/2012/05/comunicato-stampa-tavolo-italcementi.html

Countdown alla ferrovia

il tempo e' finito del collegamento ferroviario nessuna notizia ,Piu' di 1.000 giorni TRE ANNI e nulla di fatto, meditate .

Friday, May 07, 2004

Adnkronos 3 Maggio 2004


Messo a punto dal ministero dell'Ambiente, riguarda l'assegnazione delle quote

Cemento, e' battaglia fra produttori su piano gas serra

L'Aitec, che fa capo a Confindustria, rischia la frattura dopo il fallito tentativo di arrivare a un fronte comune


Roma, 3 mag. (Adnkronos) - E' battaglia senza esclusione di colpi fra i big del cemento con il rischio di arrivare a una clamorosa frattura dell'Aitec, l'Associazione italiana tecnico economica del cemento che fa capo a Confindustria, e alle dimissioni del suo presidente. A scatenare lo scontro e' il Piano Nazionale sull'assegnazione delle quote di gas serra messo a punto dal ministero dell'Ambiente. Fallito il tentativo di arrivare a un fronte comune, la polemica divampa, con prese di posizione anche molto forti tra gli associati che vedono, fra gli altri, Italcementi, Buzzi, Colacem, Cementir, Holcim e Cementirossi.
La posta in gioco infatti e' molto alta. Si tratta di stabilire regole decisive per un settore al secondo posto per importanza in Europa, che contribuisce per quasi il 9% al Pil italiano e che nel 2003 ha registrato investimenti per quasi 92 mila milioni di euro. In questi anni, in Italia, il business del cemento e' cresciuto a ritmi del 4-5% e con la legge Obiettivo la prospettiva e' di nuovi balzi in avanti.
Questo scenario deve pero' fare i conti con il Piano nazionale di allocazione delle emissioni, previsto da una direttiva Europea in attuazione del protocollo di Kyoto. L'obiettivo e' di spingere le industrie a ridurre le loro emissioni di Co2, il principale dei gas serra, assegnando ai diversi settori industriali -dall'energia, al cemento, all'acciaio- quote di emissioni da ripartire poi fra gli impianti delle singole aziende. Chi ha piu' quote puo' emettere una maggiore quantita' di inquinanti ed e' avvantaggiato rispetto a chi ne ha meno e deve investire in nuove tecnologie o addirittura ridurre o delocalizzare la produzione per rispettare i vincoli previsti. Ed e' per questo che sui criteri di ripartizione all'interno di Aitec si sta combattendo una battaglia senza esclusione di colpi.
Secondo fonti del settore, lo scontro vedrebbe protagonisti da un lato chi ha scommesso su un forte aumento della produzione, all'insegna della conquista di nuove quote di mercato e dall'altro, chi ha cercato di anticipare la nuova legislazione ambientale. Di questo gruppo fa parte una nutrita schiera di aziende, da Buzzi a Unicem a Italcementi che hanno portato all'estero alcune lavorazioni o hanno puntato su ricerca e investimenti per nuove tecnologie in grado di tagliare le emissioni di gas serra.
Il ministero dell'Ambiente resta fuori dalle polemiche. ''Il trattamento e' stato uguale per tutti. Si e' applicata la stessa metodologia, premiando chi ha gia' investito in nuove tecnologie che aumentano l'efficienza'' spiega il direttore generale dell'Ambiente, Corrado Clini. Il Piano assegna le quote sulla base della produzione storica e non in base al livello di emissioni che avrebbe in sostanza avvantaggiato chi produce piu' gas serra. Un criterio questo, che secondo alcune fonti del settore sarebbe sostenuto da una minoranza di aziende, fra cui Colacem e anche da Barbetti, un outsider di Aitec.
''I limiti non penalizzano le attuali posizioni di mercato. Alcuni avrebbero voluto un riconoscimento di quote superiore a quello effettivo ma la Ue ci avrebbe subito contestato'' aggiunge Clini. I criteri del Piano, infatti, vengono decisi dai singoli stati ma l'ultima parola sotto il profilo ambientale ma anche dei vincoli Antitrust spetta a Bruxelles. A seconda dell'assegnazione delle quote, infatti, alcuni paesi potrebbero essere avvantaggiati, configurando una violazione della concorrenza. Il meccanismo delle quote, infatti, si traduce in un 'tetto' alla produzione di cemento, soprattutto se si utilizzano tecnologie tradizionali ad alta produzione di gas serra.
In realta', il piano messo a punto dai ministeri dell'Ambiente e delle Attivita' Produttive non prevede tagli drastici per il settore cemento e tiene conto di una crescita delle emissioni dell'1,1% ''in linea con le previsioni dell'Aitec''. Gli stessi produttori riconoscono che il Piano e' sostanzialmente compatibile con lo sviluppo del settore ma resta la preoccupazione di abbattere le emissioni. La produzione di cemento e' infatti una delle attivita' a maggiore emissione di Co2 - circa 650 chilogrammi per tonnellata di prodotto e con le nuove tecnologie la si puo' abbattere solo in parte.
Per questo, anche se la coperta non e' poi tanto stretta -al punto che secondo alcuni potrebbe non passare sotto le forche caudine della Ue- la competizione per conquistare il maggior numero di quote provoca divisioni e polemiche, con trattative 'in ordine sparso' con il ministero dell'Ambiente. Tutto questo pero' rischia di non tener conto che la battaglia vera si combatte a Bruxelles e che e' da li' che nei prossimi mesi arrivera' il verdetto sui criteri decisi a livello nazionale che potrebbe essere ben piu' amaro di oggi per il settore.

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